The Laundromat di Steven Soderbergh arriva al Festival di Venezia, primo dei tre film presentati all’interno del concorso di questa 76esima Mostra. Tre grandi attori d’eccezione che si confrontano in una pellicola che si concentra sulla frode assicurativa ad opera dello studio legale di Panama, gestito dai soci in affari Jürgen Mossack e Ramón Fonsecaè.
Il caso “Panama Papers” non ha mai ricevuto abbastanza attenzione dalla stampa. L’evasione fiscale è un problema che riguarda tutto il mondo, ed è talmente tanto all’ordine del giorno da… risultare poco affascinante; o comunque non abbastanza per farci un film. Certo, a meno che non siate Steven Soderbergh e Scott Z. Burns. La consolidata coppia di The Informat, Contagion e Effetti Collaterali, torna nuovamente insieme per raccontare un’altra storia di malfunzionamenti aziendali con un cast di prima categoria: Meryl Streep, Gary Oldman e Antonio Banderas.
Un meraviglioso ensemble, un geniale regista e un geniale sceneggiatore si riuniscono per The Laundromat.
Un film geniale che tratta un problema serio, serissimo, partendo da un accadimento reale, usando però l’ironia per permettere allo spettatore di comprendere meglio alcune meccaniche che, spesso e volentieri, non sono un po’ estranee al nostro raggio di comprensione. Si, insomma, il “metodo” Adam McKay utilizzato in La Grande Scommessa per spiegare la crisi finanziaria.
Ma ci riescono? Il film nel complesso è un colpo di genio. Divertente. Dinamico. Banderas e Oldman coppia dell’anno a tal punto che chiediamo a gran voce un buddy movie con loro protagonisti. Rottura della quarta parete. Gag. Ma tutto questo basta?
Per quanto ci provano e per quanto, in gran parte, The Laundromat è un film che sa coinvolgere, alla fine della giostra la pellicola si allontana da quello che può essere considerato il piacere del grande pubblico, confondendolo e annoiandolo.
La coppia Steven Soderbergh e Scott Z. Burns non riesce ad essere altrettanto brillante
Se McKay aveva trovato piccoli escamotage per rendere di facile comprensioni gli argomenti più complessi, la coppia Steven Soderbergh e Scott Z. Burns non riesce ad essere altrettanto brillante, spesso e volentieri appesantendo ancora di più gli argomenti, che hanno chiaramente preso molto sul serio, ma per i quali non hanno trovato la giusta chiave per intrattenere il pubblico.
Inoltre, per i più fan di Meryl Streep potreste rimanere delusi del fatto che, per quanto vi possa sembrare lei la protagonista, no, non lo è affatto, ma è solo uno dei molti personaggi che compaiono nel film in una struttura episodica progettata per illustrare la portata delle società e la corruzione che cresce dalla ricchezza.
La Streep è solo la prima che incontriamo: una donna il cui marito (James Cromwell) muore in un incidente in traghetto. I proprietari dei traghetti (Robert Patrick e David Schwimmer) scoprono che la polizza assicurativa che avevano era una truffa. Faceva parte di un sistema di società che praticamente non esiste, gestito da un truffatore alle Bahamas, interpretato da Jeffrey Wright. E così l’assegno di insediamento di Martin finisce per una frazione di quello che avrebbe dovuto essere se le persone avide non fossero state, beh, avide.
Quelle che seguono sono fondamentalmente una serie di vignette sulla portata internazionale delle società di questo tipo. Nella migliore sequenza del film, incontriamo Charles (Nono Anonzie), un uomo molto ricco che fa sesso con l’amica di sua figlia. Quando il suo castello di carte minaccia di crollare, usa le azioni al portatore come capitale, illustrando come le persone così ricche possono usare società e conti immaginari come armi.
Un altro segmento è interpretato da Matthias Schoenaerts e spiega in che modo gli sforzi per far funzionare questo sistema e combattere la corruzione possono effettivamente portare alla morte. E in tutto questo, due avvocati che sono i re delle compagnie assicurative di questo tipo – Jürgen Mossack (Gary Oldman) e Ramon Fonseca (Antonio Banderas) – rompono la quarta parete per cercare di spiegarci tutto.
C’è un’arroganza compiaciuta nella maggior parte delle loro scene che è scoraggiante, quasi nichilista, per quanto indubbiamente voluta. Loro sono la controparte di un mondo, rappresentato dalla Streep, che spinge per essere più pulito e sincero. Ma è davvero possibile?
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Forse uno dei più gravi problemi di questo film è che sono troppe le idee.
Troppe per argomenti così complessi. Troppe per un film di una manciata di ore che, alla fine, gratta la superficie. Diverte, senza ombra di dubbio, ma viene dimenticato in fretta.
Ciò che più stona è il tono condiscendente, decisamente atipico per un film di Soderbergh. Cinico ma non troppo. Buonista ma neanche fino in fondo. Ironico ma prendendosi sul serio. Serio ma grottesco. Una pellicola che punta all’empatia dello spettatore sul personaggio della Streep, ma che poi viene consumato in fretta durante il film, lasciandole ben poco spazio. Ma alla fine il film è di personaggi come Mossack e Fonseca, messi su di un piedistallo. Ed anche quando ci provano a fare pensa allo spettatore, alla fine risultano poco credibili, poco realistici. In fondo, alla fine della giostra, di chi è davvero il mondo: dei giusti o dei furbi?