No, non è stato il dottor Frankenstein l’autore del bizzarro esperimento, bensì un team di scienziati di Yale.

Rassicuriamo subito gli impressionabili: nessuna normale funzione cerebrale tipica di un cervello vivo è stata rilevata.

Il cervello dell’animale, reperito in un mattatoio e trattato con una speciale soluzione chimica progettata dai ricercatori, ha permesso di osservare la riattivazione di alcune funzioni cellulari di base ritenute ormai interrotte con la morte.

Ma rassicuriamo subito gli impressionabili: nessuna normale funzione cerebrale tipica di un cervello vivo è stata rilevata, men che meno attività riconducibile ad una percezione di coscienza o consapevolezza.

Ma allora che utilità ha avuto l’esperimento?

Ce lo spiega il ricercatore Stefano G. Daniele, co-autore dello studio:

Prima potevamo studiare le cellule nei cervelli dei mammiferi solo in condizioni statiche e in due dimensioni, utilizzando piccoli esempi di tessuti estrapolati dal loro ambiente nativo; per la prima volta siamo stati capaci di investigare l’intero cervello in tre dimensioni, incrementando le nostre abilità per studiarne le complesse interazioni e connessioni.

 

Osservando campioni di tessuti con i quali erano soliti lavorare, i ricercatori avevano notato che i campioni mostravano segni di vitalità cellulare anche diverse ore dopo il prelievo dal cadavere.

Per capire se quanto osservato interessasse anche porzioni più vaste di tessuti e per comprendere quanto fosse diffusa la vitalità dell’organo, hanno vascolarizzato nuovamente il cervello di un maiale con una sostanza dal loro creata, utilizzando un sistema chiamato BrainEX: questo ha permesso di notare la preservazione e il ripristino di una integrità neuronale.

Anche se parliamo di futuro non prossimo, questo studio apre nuove prospettive e speranze sopratutto per la cura dei pazienti colpiti da ictus o per la rigenerazione dei tessuti cerebrali colpiti da malattie degenerative.

Anche se parliamo di futuro non prossimo, questo studio apre nuove prospettive e speranze, sopratutto per la cura dei pazienti colpiti da ictus o per la rigenerazione dei tessuti cerebrali colpiti da malattie degenerative.

Una parziale delusione però per i fan di Frankenstein: il ricercatore Stephen Latham ha spiegato che il ripristino della coscienza non era nei piani della ricerca: il team era preparato ad intervenire con anestetici e riduzioni di temperatura per evitare la riorganizzazione di una attività cerebrale completa, che non sarebbe potuta andare avanti senza un chiaro standard etico e meccanismi istituzionali a guidare l’esperimento”.

Il ripristino della coscienza non era nei piani della ricerca: il team era preparato ad intervenire con anestetici e riduzioni di temperatura per evitare la riorganizzazione di una attività cerebrale completa.

A sinistra, la porzione di tessuto non trattata, dopo 10 ore dalla morte del soggetto; a destra, invece trattata con la tecnica BrainEx: in blu le cellule ed in verde i neuroni.