Crackdown 3

Dopo una lunghissima gestazione, Crackdown 3 è infine giunto sui lidi di casa Microsoft. Scoprite come ci è sembrata l’esclusiva di Xbox Game Studios nella nostra recensione.

Cinque anni. Tanto è servito affinché Crackdown 3 arrivasse sulle piattaforme della casa di Redmond, PC Windows e Xbox One,  il 15 febbraio. Cinque anni in cui chi ha lavorato a questo videogioco avrebbe potuto fare tranquillamente altro, perché siamo di fronte al peggior titolo della scuderia Microsoft (che in questa generazione non era propriamente al massimo della forma, per usare un eufemismo).

Ma tutto torna. Insomma, le aspettative già non erano altissime, ma qui si rasenta il disastro. Sono onestamente intimorito anche solo all’idea di fare paragoni con le ultime uscite esclusive di casa PlayStation, per cui ve le risparmierò. Dal canto mio vorrei sperare che sia solo la chiusura di un ciclo generazionale sfortunato, che al prossimo giro andrà meglio.

Voglio crederci e dare fiducia al futuro di Xbox, ma intanto inizio a raccontarvi un po’ più nel dettaglio perché Crackdown 3 risulta un gioco così fallimentare. Vi ricordiamo che il titolo è disponibile dal 15 febbraio 2019 per PC Windows e Xbox One (supporta inoltre Xbox Play Anywhere). La versione da noi testata è stata quella per Xbox One X.

 

 

 

 

Il primo Crackdown, uscito nel 2007 su Xbox 360, era un action shooter in terza persona un po’ caciarone e senza troppe pretese. Il giocatore assumeva il controllo dell’agente di un’agenzia governativa geneticamente modificato e in grado di compiere enormi balzi, di sollevare automobili e un sacco di altre azioni straordinarie.

In un contesto sci-fi piuttosto stravagante il suo compito era ripulire Pacific City dalle tre bande di criminali che stavano disseminando il caos. Il sequel, ambientato dieci anni più tardi (ma uscito, sempre per Xbox 360, nel 2010), fondamentalmente riproponeva questa formula usando come escamotage narrativo la diffusione di un virus nella città.

Ecco, il principale problema di Crackdown 3 è che anche lui ripropone su per giù quelle dinamiche, ma nel 2019. Narrativamente sono passati altri dieci anni, e l’agenzia si trova nel caos in seguito a un attacco terroristico massiccio che si scoprirà essere orchestrato dall’organizzazione Terra Nova, con sede nella città di New Providence.

 

 

Dopo un primo fallimentare attacco contro l’organizzazione, il giocatore è chiamato, nei panni del comandante Jaxon (cui presta le fattezze l’attore culturista Terry Crews) o di un altro agente – la decisione non è vincolante visto che potremo cambiare personaggio in qualsiasi momento per accedere a bonus specifici – come ultima risorsa per smantellare Terra Nova.

In sostanza la caratterizzazione dei personaggi è inesistente, uno vale l’altro se non per leggere variazioni meramente di gameplay, come si diceva. Nella cinematic d’apertura (primo e unico punto in cui si prova a raccontare qualcosa), il velivolo dell’agenzia viene disintegrato da un missile di Terra Nova, e tutto l’equipaggio soccombe.

Tutti tranne noi, chiaro. I resti del nostro personaggio vengono recuperati da Echo, che con un processo di clonazione ci riporta tra i vivi.

Noi abbiamo fatto l’errore di lasciarci ingannare dalla cinematic, credendo che ci fosse un barlume di speranza per la trama del titolo, che gli intrecci potessero sciogliersi in un bel racconto di vendetta. Non fate anche voi il nostro errore, l’esplosione è soltanto uno dei classici espedienti tramite cui nei sequel si annullano le abilità di un protagonista già forte per far sì che le si riacquisisca attraverso determinate meccaniche di gameplay.

Come prosegue la storia? In un modo talmente banale che potevano anche evitare di inserirla nel gioco. Tolta qualche breve sequenza che introduce i boss avversari siamo di fronte al nulla cosmico narrativo, l’assenza di scrittura e caratterizzazione, di emozioni e in generale di storie, difetto che contraddistingue un po’ tutto il ciclo vitale di Xbox One. Ci si muove semplicemente da una base nemica all’altra nella mappa open world del titolo, con lo scopo di distruggerle.

 

 

Ok, dell’inesistente e inconsistente trama di Crackdown 3 abbiamo parlato anche troppo, ora spendiamo qualche parola per il gameplay che, se non si fosse capito, dovrebbe essere il fiore all’occhiello di questa produzione. Ci sono un sacco di armi, ma la sfida lato shooter è pressoché inesistente visto che la mira è automatica e il gioco ci vuole far concentrare maggiormente sulle dinamiche di movimento: per evitare i colpi dei nemici non si dovrà mai restare fermi troppo a lungo. La vena action risulta quella più marcata, dunque, e si declina anche in alcune fasi platform.

Il problema è che non ci si diverte. Anzi, ci si annoia subito vista la ripetitività dell’offerta ludica, che la varietà di armi non riesce a rivitalizzare. I nemici sono legati ad attività che ne rappresentano il campo di specializzazione, ma gli unici scontri un minimo vari e più divertenti sono ovviamente le boss fight.

L’open world, piaga che andrebbe debellata da un buon numero di videogiochi, si presenta in una delle sue peggiori vesti in Cracdown 3.

Tutte le attività sono fin da subito a nostra disposizione, non c’è neanche un accenno di ritmo o senso di progressione, e l’intero pacchetto single player può essere completato al 100% in una dozzina di ore di gioco. Ma oltre a questa modalità c’è ovviamente una componente multiplayer, la Wrecking Zone.

 

 

Questa si declina in due modalità: Cacciatore di Agenti (vale a dire il deathmatch a squadre, di massimo 5 giocatori) e Territori (in cui dovrete conquistare e difendere i punti d’interesse che arriveranno a gruppi di due). Niente di rivoluzionario, dunque, e anche qui il titolo riesce ad essere catastrofico visto che nelle nostre prove abbiamo riscontrato tempi infiniti di matchmaking e costanti problemi di lag.

Dal punto di vista tecnico, se non altro, Crackdown 3 mantiene un frame rate costante anche nelle situazioni più concitate ed effetti particellari di buon livello. Non siamo però di fronte a una delle migliori performance grafiche, sembra proprio di giocare alla versione pompata di un gioco pensato per Xbox 360 (e qui non c’è cell shading che regga, purtroppo).

Si salva senza nulla da eccepire il comparto audio: la selezione musicale è azzeccata e funziona bene, ma da sola non basta. Insomma, questo gioco è il maldestro epilogo di una generazione piuttosto triste per Xbox. Paga anche l’aspettativa troppo alta che si è inevitabilmente generata dopo i tanti rimandi, ed è un gran peccato perché le risorse impiegate qui le si poteva indirizzare ad altri progetti invece cancellati, come ad esempio Scalebound.

55
ME GUSTA
  • Boss fight tutto sommato godibili
  • Ottimo lavoro sul sonoro
FAIL
  • Single player tremendo
  • Open world privo di stimoli
  • Gameplay ripetitivo
  • Multiplayer con molti problemi
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