Dopo essere stato ospite lo scorso anno al Lucca Comics & Games, Robert Kirkman, papà del famoso fumetto e serie tv The Walking Dead, ritorna nuovamente protagonista dell’evento italiano più importante del mondo della pop culture. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto della sua percezione sul mondo del fumetto, della chiusura di Outcast e della reazione all’abbandono da parte di “Rick Grimes”.
Robert Kirkman è a un passo dal diventare un abitué del Lucca Comics & Games. Il fumettista e sceneggiatore è stato ospite per la prima volta dell’importante fiera italiana del fumetto, cinema e gioco lo scorso anno. Kirkman non era mai stato prima di quel momento in Italia e, a quanto pare, gli deve essere rimasta parecchio nel cuore perché l’autore statunitense è tornato anche quest’anno per partecipare a tutti i giorni di fiera.
Ospite all’interno dello stand di Saldapress, etichetta che distribuisce alcuni dei titoli dell’autore come The Walking Dead, Outcast e Invincible, Robert Kirkman si è dedicato alla stampa i primi giorni e, proprio in questa occasione, siamo riusciti ad incontrarlo e a chiacchierare non solo del destino di alcuni dei suoi lavori più importanti, ma anche del cambiamento nel ruolo del fumetto nel mondo. A questo proposito, Kirkman ci dice:
Credo che una delle cose che i fumetti fanno bene sia nutrire nuove idee nella coscienza delle persone. Nei fumetti i team sono molto piccoli e non ci sono budget esorbitanti come per i film e le serie tv, ma allo stesso tempo contengono anche una parte visuale che i libri non hanno, ecco perché credo siano a capo della cultura pop.
Tutta la roba fuori di testa che non verrebbe mai presa in considerazione negli altri medium, nei fumetti è la normalità, e penso che il loro ruolo sia di essere “l’avanguardia”, sperimentare cose nuove che poi saranno fonte d’ispirazione per film e tv.
Sempre mantenendo questo filone nel discorso, e considerando che il Lucca Comics & Games è una realtà italiana, pur avendo un’importantissima risonanza in tutto il mondo, Kirkman ha poi aggiunto:
Non conosco molto del fumetto italiano… conosco Dylan Dog e Tex, è italiano no? Però ho conosciuto tanti disegnatori italiani che lavorano negli Stati Uniti, come Simone Bianchi e Lorenzo De Felice
I disegnatori italiani sono gli unici in Europa che riescono a tenere il passo con i ritmi di uscita dei fumetti americani. E questa non è una cosa da poco!
Ma la chiacchierata non poteva ovviamente non spostarsi su quello che è il pezzo forte della carriera di Kirkman, ovvero The Walking Dead. Il fumetto, nato da una collaborazione tra Robert Kirkman (storia) e Charlie Adlard (disegno), è stato pubblicato per la prima volta nel 2003 dalla Image Comics, per poi diventare una serie tv di successo nel 2010.
C’è da dire, purtroppo, che l’iniziale fenomeno mondiale di The Walking Dead, serie da record seconda unicamente a Game of Thrones, nel corso degli anni e soprattutto con le ultime stagioni è andato sempre più scemando. Eppure alla varie critiche, ammettendo il calo dell’audience, Kirkman ha risposto che i numeri dello show continuano ad essere ottimi e che, sebbene tutti continuino a gridare al flop, ogni prima visione di ogni nuova puntata registrata sempre numeri che si posizionano al primo posto nella serata americana.
La situazione potrebbe non essere così tragica – forse – eppure ormai la percezione da parte del pubblico per The Walking Dead è molto cambiata; e non solo dal pubblico. Una delle ultime notizie che più ha segnato la serie è stata infatti l’abbandono di Andrew Lincoln, interprete del personaggio principale della serie, ovvero Rick Grimes. Proprio questo lunedì dovremmo assistere – ancora non si sa come – all’uscita di scena di Rick, per sempre, dalla serie. Eppure Kirkman sembra essere piuttosto tranquillo sull’argomento.
Rick prima o poi morirà anche nei fumetti, è stato nei piani fin dall’inizio. Sarà differente da come accade nello show, e non vi darò di certo nessun indizio su come e quando accadrà. Anche se la storia di Rick è stata il centro della storia fin dall’inizio, è sempre stato nelle mie intenzioni continuare The Walking Dead oltre il personaggio e la storia di Rick. Semplicemente succederà prima nello show. È un po’ frustrante ma va bene così!
Parlando di abbandoni, addii e frustrazioni, secondo argomento spinoso che abbiamo trattato con l’autore è stato Outcast. Anche qui si parla di una serie tv tratta da uno dei fumetti più controversi di Robert Kirkman, questa volta però illustrato da Paul Azaceta. La serie, che questa volta vede protagoniste le possessioni demoniache e non più gli zombie, è composta da due stagioni, di cui la prima andata in onda nel 2016.
Purtroppo, però, non sarà possibile – almeno per quanto riguarda lo show – andare avanti con la visione perché l’emittente statunitense Cinemax, ha cancellato ufficialmente lo show lo scorso 2 Ottobre 2018. Non solo lo show non avrà un seguito, ma la stessa serie a fumetti è in via di conclusione.
Non ho ancora detto addio ad Outcast, abbiamo annunciato la fine ma dobbiamo ancora scrivere 9 volumi. Da un certo punto di vista è eccitante perché Outcast è stata la prima storia di cui conoscevo la fine prima ancora di iniziare a scriverla, e quindi sto finalmente arrivando al momento in cui si mettono in moto tutte le parti che porteranno alla conclusione.
Non vedo l’ora che il pubblico veda come finirà la storia e non vedo l’ora di vedere realizzate queste idee che ho in testa da molto tempo. Ho già detto addio allo show, in fondo, qualche anno fa, adesso è il momento di farlo per il fumetto.
La “rivelazione” di Kirkman un po’ sorprende. In un momento storico in cui sia serie tv che serie a fumetti tendono a portare avanti le loro storie per molto tempo, dando subito la percezione allo spettatore o lettore che un finale non è ancora chiaro, la voce di Kirkman arriva quasi fuori dal coro. Lo stesso maestro Leiji Matsumoto, quando lo abbiamo incontrato e intervistato, ci ha detto che non ha mai pensato ad un finale per le sue opere. Concepire un finale vorrebbe dire chiudere per sempre qualcosa e, quindi, morire.
A quanto pare, però, il destino di Outcast è quello di una pecora nera perché chiedendo a Kirkman se gli è capitato altre volte di concepire storie con un finale già stabilito, ci ha risposto:
No, prima di Outcast le mie storie o non finivano affatto o sono state cancellate. Quando Invincible e the Walking Dead sono iniziati ho pensato “sarebbe fico raccontare queste storie per 10, 20 anni” ma non pensavo ci sarei mai arrivato.
Con Outcast ho pensato subito invece che avrei scritto circa 15 volumi, e sarei arrivato a farli uscire tutti che al pubblico piacesse o meno!
Che si tratti di zombie o di demoni, il male su Kirkman esercita un fascino incredibile, spesso e volentieri usato – proprio come mostrano questi due titoli – come una metafora sul mondo di oggi: marcio e contaminato. Una critica sociale neanche troppo sottile che, come molti, utilizza il mezzo del fantastico per portar a riflettere.
Il male è ciò che rende le storie interessanti! Il bene contro il male è il tema principale di chiunque scriva delle storie.
Di solito si segue il personaggio buono che combatte quello cattivo, o l’antagonista in genere che non deve per forza essere cattivo in se per se. Il male può avere tante facce diverse, è questa la parte divertente dello scrivere storie.
Storie che Robert Kirkman ama scrivere, diversificandole quanto più possibile e, soprattutto, non arrestando ma il suo estro creativo. Tra fumetti e serie tv, Kirkman è sempre un autore incredibilmente attivo e instancabile e, giusto per farci salire un po’ di hype, ha già in caldo del nuove e interessantissime sorprese (ma che per ora non possiamo ancora svelare).