C’erano una volta Carpenter e Craven, così come prima di loro esistevano Hooper, Hitchock e il nostro Dario Argento.
Tutti questi registi, così come una lunga sequela di maestri del nostro paese, hanno in qualche modo lasciato il loro segno nel genere horror per eccellezza, quello dello slasher.
Caratterizzato dal grande focus puntato sulla figura del killer, e forte di alcuni stilemi teen sempre ben delineati, come la presenza di belle e sensuali ragazze, di tanto sesso che porta facilmente alla morte, e della giovane donzella timida ma in grado di sopravvivere a qualsiasi cosa, ciò che è certa è la sua importanza nella storia del cinema.
La nascita del genere si fa risalire al primissimo Halloween del maestro John Carpenter, datato 1978, film che ha dato i natali alla figura iconica di Michael Myers, che abbiamo ritrovato al cinema proprio questa settimana con un ottimo remake di David Gordon Green.
Nonostante ciò, non si può non riconoscere la grande importanza per le origini data da film come Non aprite quella porta, o lo stesso imperituro Psycho. Dal canto nostro, Dario Argento, con capolavori come l’Uccello dalle Piume di Cristallo, aveva intuito l’importanza della figura del carnefice e quella punta di sadismo insista in ogni di noi, che si sprigiona alla visione di certe pellicole.
Genere fortissimo nei primi anni ’80, ha visto realizzati una quantità tale di film da restare storditi, portando anche alla categoria dei nasty film, banditi da paesi come il regno unito con un emendamento stilato in qualche modo anche a causa loro. Il grande successo è stato veloce tanto quanto l’inesorabile caduta, con un pubblico stanco e alla ricerca di qualcosa di nuovo, soprattutto a seguito delle derive troppo fantasy del genere e le sperimentazioni che lo hanno portato lontano dalle basi di partenza.
Ciò non toglie che le figure fondamentali dello slasher, quei killer diventati tanto iconici da accaparrarsi alcuni tra i primi posti tra i personaggi della storia del cinema: parliamo di Michal Myers, di Freddy Krueger, di Ghostface e di Jason Vhoorees su tutti gli altri, hanno continuato a calcare i palcoscenici del mondo intero, non sempre con grande qualità, ma certamente con quantità.
Vista l’uscita di Hell Fest il prossimo 31 ottobre e la volontà di provare a creare un nuovo grande killer iconico, ci siamo messi a ripercorrere la storia del genere e abbiamo scelto quelli che, per motivi sufficientemente diversi l’uno dall’altro, sono i film che hanno fatto grande lo slasher e i loro straordinari autori.
Le basi sono quelle che già conosciamo, condite da un’ambientazione che attira gli appassionati già solo al pronunciare il nome Hell Fest. Nella giornata di Halloween, giornata ben nota per la sua attrattiva legata al terrore, sebbene poi ricalcata in tema bambinesca con il classico “dolcetto o scherzetto”, arriva in una cittadina americana il festival itinerante del terrore. Riconosciuto per essere l’evento caratterizzato dai più spaventosi labirinti dell’orrore in circolazione, un gruppo di amici capitanati da Natalie, Brooke ed Edwards si lasciano trasportare dalle atmosfere della serata. Ignori del pericolo, non si faranno spaventare da una figura oscura che sembra tenerli d’occhio, convinti che possa essere tutta una messa in scena. Presto o tardi, però, le cose precipiteranno ed una spirale di violenza li costringerà a giocare per la vita e la morte, in un turbine di omicidi perpetrati da quello che vuole essere il nuovo grande killer degli slasher.
L’augurio è quello di sedersi al cinema questo mercoledì ed essere trasportati nello stesso identico labirinto degli orrori dei protagonisti.
Perché ciò che ha sempre funzionato di questo genere, è la capacità di empatizzare con le vittime, ma restare vicini se non addirittura fedeli a quel killer che, in qualche modo, speriamo sempre che ne uccida uno in più, così da sfogare la perversa voglia di violenza che fa dell’animo umano, un posto strano ed oscuro.
Halloween
Come non partire dal padre di tutti gli slasher, quell’Halloween che nel 1978 arrivò nei cinema sconvolgendo il mercato, lanciando per la prima volta la figura del killer come reale protagonista della storia.
A dirla tutta, ancora si potevano leggere le influenze di un certo tipo di horror precedente, dove i protagonisti rubavano per larga parte la scena al carnefice. Ciò non toglie che l’iconica sequenza iniziale, caratterizzata dalla soggettiva di un piccolo Michael Myers intento a compiere il suo primo omicidio, ha certamente cambiato per sempre il cinema di genere.
Recentemente anche Rob Zombie, con il suo remake del 2007, è stato in grado di rendere onore ad una storia e ad un personaggio tanto iconico. Capendo nel migliore dei modi quale fosse la strada da intraprendere per modernizzare la messa in scena, trasforma quella prima sequenza in un vero e proprio racconto delle origini, che ci accompagna nella vita di un giovane ragazzo umiliato e disturbato, costretto a crescere all’interno di una famiglia che nessuno dovrebbe mai avere la sfortuna di trovare sulla propria strada.
Halloween, e soprattutto Michael Myers, sono ancora oggi un esempio di stile e caratterizzazione, come pochi se ne sono visti nella storia del cinema. Nota di colore: Nick Castle, interprete del primissimo Michael, è stato fortemente voluto da David Gordon Green per tornare nei panni del famoso serial killer nel nuovo capitolo uscito proprio in questi giorni, all’età di 71 anni e dopo ben 40 dalla prima apparizione.
Venerdì 13
Sulla scia del successo di Halloween, e lì dove Carpenter non voleva tornare, sempre poco avvezzo ai sequel, nella primavera del 1980, si affacciava all’orizzonte la più remunerativa saga della storia dello slasher, nonché anche quella costellata dal maggior numero di capitoli orrendi, e non nel senso positivo del termine legato all’horror.
L’elemento più curioso di Venerdì 13, è che proprio colui che passerà alla storia come il killer della saga, Jason Vhoorees, nasce in realtà come pretesto dall’idea dello stesso regista Sean S. Cunningham, per trasformare la madre nella sua personale visione della killer seriale del cinema.
Distrutta dalla morte del figlio avvenuta svariati anni prima all’interno del campeggio del Crystal Lake dove lei stessa lavorava, si è convinta che la colpa fosse sempre stata degli animatori del posto.
Dopo essere impazzita e aver cominciato a sentire la voce del figlioletto che le intima di vendicarlo, Pamela Voorhees si tramuta nell’incubo di un gruppo di ragazzi in vacanza nella località. Solo dal secondo capitolo Jason diverrà il vero carnefice, contro la volontà dello stesso creatore della saga, evidentemente poco lungimirante sotto questo punto di vista.
A Venerdì 13 dobbiamo l’arrivo dello stereotipo del gruppo di adolescenti, del sesso portatore di morte (concetto ancor più chiaro che in Halloween) e delle località di villeggiatura come classiche zone dalle quali tenersi piuttosto lontano.
Nightmare
Nel corso degli anni ’80, quando la grande fama degli slasher sfumava ad una velocità quantomeno pari alla sua crescita, un altro maestro del brivido, Wes Craven, trovo il modo di unire il surreale, al terrore per i killer umani.
Da questa malsana idea, nacque Freddy Krueger, ancora oggi forse il più riconoscibile tra le grandi icone dello slasher, complici il suo viso bruciato e le lame posizionate sulle mani.
Con lui, anche il suo principale interprete, Robert Englund, hanno reso grande un modo di intendere lo slasher in maniera diametralmente opposta al suo recente passato. L’idea di una figura malefica, con un passato oscuro quasi quanto la sua morte violenta, che si presenta nel sonno, all’interno degli incubi delle persone, per trucidarle e ucciderle così anche nel mondo reale, è stata in grado di spazzare via anche la sua stessa natura irreale.
Complici grandi trovate inquietanti come la filastrocca recitata dai bambini, e la sua figura spettrale, la saga di Nightmare resta ancora oggi la più importante icona dello slasher sovrannaturale.
Scream
Impossibile non menzionare l’ultimo grande killer del genere in ordine di apparizione sul grande schermo. Con questo modo di fare cinema ormai morto e un Wes Craven costretto a cestinare decine e decine di script tutti uguali a loro stessi, nel 1996, a dodici anni dalla nascita di Nightmare, abbiamo tutti fatto la conoscenza di Ghostface.
Il killer quasi ridicolo della saga di Scream, primo grande esempio di gioco di scrittura, in grado di colpire con un colpo di scena geniale legato alla doppia natura del carnefice, è entrato di diritto nella storia del cinema durante quel freddo natale dell’ultimo decennio del secolo scorso.
La grande prova di Scream, fu quella di prendere tutti gli stereotipi dell’horror e dello slasher nello specifico, e costruirci sopra un horror esso stesso. Sempre sul filo sottile tra il terrore e la risata, a partire dal design del costume del killer (fortemente ispirato all’urlo di Munch) e dalla sua goffaggine, Scream ha avuto il grande ardore di prendere in giro la sua stessa storia e tutto quel passato che mai sarebbe tornato in auge, regalando a noi una perla del cinema horror.
Special guest: Psycho, Non aprite quella porta e Shining
Concludiamo la carrellata con una brevissima nota su tre film, che non possiamo non citare come primi grandi capostipiti del genere slasher. Il primo è Psycho, il più famoso film di Hitchcock, nonché una delle più famose pellicole di sempre, seppur non mantenendo il focus sul killer, e non potendo quindi essere annoverato nel genere, ha in qualche modo nel suo stesso spirito, quel primo approccio cinematografico allo sviluppo della psicologia dell’assassino, alla nascita della sua follia e all’incedere sulle sue azioni, che sarà ripreso dai futuri maestri dell’horror per tratteggiare alcune caratteristiche delle icone dello slasher.
Lo stesso Tobe Hooper, autore di quel primo Non Aprite Quella Porta, che nel 1974 ha sconvolto il pubblico di tutto il mondo, inseriva al suo interno già tanti dei presupposti del genere. Seppur non mettendo mai davvero la figura di Leatherface al centro del racconto, ma più la pressione psicologica sul pubblico dell’idea della storia realmente accaduta, Non Aprite Quella Porta è spesso considerato il primo vero slasher movie, e si fatica a controbattere con fermezza.
Chiudiamo con il maestro dei maestri, sua maestà Stanley Kubrick. Il suo Shining, per tanti miglior film della sua carriera, nonché unico horror realizzato dal regista di 2001: Odissea nello Spazio, seppur non annoverato nella schiera degli slasher movie, è arrivato sugli schermi durante la grande esplosione del genere. Inserisce al proprio interno alcuni tratti che possono essere ritrovati in Jack Nicholson.
La follia omicida, la quasi totale incapacità di scegliere che persona essere, l’utilizzo di un’arma ben specifica e caratterizzante (alla quale viene dedicata una delle scene più famose della storia del cinema) e la mano di una qualche presenza superiore che lo spinge all’azione, sono tutti elementi spesso riconducibili ad alcune delle psicosi degli iconici killer.
Hell Fest, dal 31 ottobre al cinema
Speriamo che questa carrellata nel cinema slasher possa esservi piaciuta, tanto quanto a noi è piaciuto parlarvene. Nonostante qualche licenza poetica e arrovellamento intorno a teorie bislacche di chi scrive, questo è un genere che va rispettato e onorato, ed è ciò che intendevamo al meglio fare con queste righe.
L’appuntamento è quindi il 31 ottobre, tra i labirinti dell’orrore e le morti atroci di Hell Fest, nella speranza che anche questo nuovo killer, posso portare una ventata di aria fresca, in un genere che trova sempre più difficilmente nuovi protagonisti.