Nel secondo giorno della Festa del Cinema di Roma la protagonista è Cate Blanchett, interprete del nuovo film di Eli Roth, Il Mistero della Casa del Pendolo, tratto dal romanzo de La pendola magica di John Bellairs. La Blanchett sarà anche protagonista di uno degli Incontri Ravvicinati con il pubblico.
Sappiamo che uno dei nomi per i quali è conosciuto il celebre Michael Myers di John Carpenter è proprio l’Ombra della Strega e, questo, è un altro collegamento con il film di Roth di oggi perché è proprio di streghe che si parla.
Tra pendole magiche, incantesimi e malefici, spicca la figura di Cate Blanchett che nell’ultima fatica di Eli Roth interpreta proprio una strega, Mrs. Zimmerman, vicina di casa dell’eccentrico Jonathan Barnavelt, interpretato da Jack Black.
Per la Blanchett, oggi protagonista anche dell’Incontro Ravvicinato con il pubblico alla 13esima Festa del Cinema di Roma, è la prima collaborazione con Eli Roth.
La Blanchett ha dichiarato di essere una grande appassionata di horror fin da bambina e una fan di Eli Roth.
Sono stata letteralmente ossessionata dall’horror. Avrei potuto guardare anche 4/5 film horror alla settimana. Quando è arrivato questo progetto ero veramente felice di poter lavorare con Eli Roth.
Certo, il film in questo è un film per famiglie, però mi era sembrato interessante il connubio tra questo genere e il regista in questione.
Generalmente è proprio la paura che mi fa accettare determinati ruoli. Più sono terrorizzata da come interpretarli, più mi sento spinta ad accettare.
C’è sempre un aspetto horror prima di ogni debutto, penso sempre che sarà la fine della mia carriera.
Il Mistero della Casa del Tempo è la trasposizione cinematografica del libro La Pendola Magica, novella del 1973 scritta da John Bellairs ed illustrata da Edward Gorey, primo di una serie di libri.
Il personaggio di Cate Blanchett è una strega amante del viola. Un personaggio profondamente solo ma che al tempo stesso sente di poter e dover dare ancora tanto. Un personaggio diverso eppure simile a molti altri, nell’ambito magico, interpretati dalla Blanchett.
Non leggo molti romanzi o vado in giro per mostre, non guardo film o ascolto musica pensando consapevolmente al mio lavoro o a un personaggio in particolare che devo affrontare a breve.
Consumo ed elaboro le cose, appunto come libri o film, per semplice amore e interesse. Di questo genere di echi e influenze mi interessa tutto, ma mi piace anche documentarmi sulla politica, per esempio.
Avere uno sguardo costantemente aperto e tutto quello che vedo è dentro di me. Dorme dentro di me e non so mai quando si farà sentire, ma sa sempre uscire, inconsapevolmente, nel momento di cui ho bisogno.
Posso dire però che prima di girare ho letto la serie di libri; anzi, ho iniziato a leggerli a mio figlio. Volevo capire cosa provasse lui nell’approcciarsi a questa storia, studiando le reazioni su ciò che trovava più interessante perché se quello che fai non risuona sul tuo pubblico, allora è inutile.
E per la Blanchett è fondamentale che i suoi personaggi abbiano una reazione sul pubblico. Infatti, non le interessa portare al cinema o a teatro parti della propria esperienza creativa, quanto più parte dell’esperienza di quel dato personaggio.
Nel film, infatti, interpreta una donna che ha perso tutto a causa della guerra. Ha perso la sua famiglia, la sua bambina, ed orfana e sola nel mondo sente che qualcosa in lei si sia ormai rotto per sempre. È facile quindi domandarsi quanto, questo tipo di esperienza, possa essere coinvolgente per una donna, per una madre con quattro figli.
Contrariamente a quanto generalmente si crede, quando devo interpretare un ruolo non penso mai a me. Non mi interessa portare al cinema la mia esperienza privata, quanto più portare sullo schermo l’esperienza del personaggio che vado a interpretare.
Sinceramente? Mi incuriosisce moltissimo che siete tutti qui per sentirmi parlare, io mi trovo terribilmente noiosa.
Il Mistero della Casa del Tempo parla di tre persone orfane, senza più una famiglia, che si ritrovano a costruire insieme una famiglia. Le famiglie si formano in mille modi, è sempre stato così.
Certo, ancora oggi spesso non vengono riconosciute socialmente, ma ci sono, sono reali. Io ho quattro figli: tre biologici e una adottata e possa assicurarvi che amo tutti e tre allo stesso modo.
La famiglia, il rapporto genitori e figli, è tra i temi fondamentali di questa pellicola così atipica per Eli Roth, ma che riesce a rappresentare molto bene.
Si parla spesso di paura, di preoccupazione, e lo si vede non solo nella rappresentazione del personaggio della Blanchett, ma anche in quello di Jack Black, responsabile del nipotino orfano Lewis (Owen Vaccaro).
Come ho detto, io ho quattro figli ed è un’enorme responsabilità, così come per ogni genitore. Il film non vuole impartire lezioni, fare chissà quale sermone ai ragazzi o alle famiglie.
La pellicola parla della magia all’interno dell’essere umano, parla di un mondo piacevole dove si celebra la stravaganza dei suoi personaggi e, a modo suo, sprona al dialogo.
Quando si porta un bambino al cinema, lo si deve educare alla visione del film, avviare un discorso e una riflessione dopo quello che si sta guardando, perché non sono solo i bambini a dover imparare ma anche noi possiamo imparare tanto da loro.
La tematica regina del film è sicuramente la magia. Una magia che però scava all’interno dell’animo umano. Non è solo il saper lanciare un incantesimo o saper volare o essere invisibile. È saper trovare la magia che c’è dentro ognuno di noi.
Si parla di magia nel mondo reale. Magia è trasformazione, cambiare il piombo in oro. L’alchimia, no!? Il film vuole essere un’enorme metafora sul dirci di non restare sempre fissi in un luogo, di non lasciarci etichettare, ma ti accettare il nostro essere speciali, di cambiare, di evolverci.
Senza alcuna pretesa di impartire una lezione, il film lancia un chiaro messaggio ai più giovani, ovvero quello di reagire sempre nella vita.