Life is Strange torna finalmente con l’attesissimo primo episodio del secondo capitolo, scoprite come ci è sembrato con la nostra recensione.
La storia di Life is Strange risulta senza dubbio anche quella di Dontnod Entertainment: una parabola di riscatto e di successo, riuscita nell’impresa impossibile di liberare il team francese dal terribile timore del fallimento, per poi aprire la porta del successo. La popolarità della formula episodica di Life is Strange è stata difatti sconfinata, avvalendosi di una qualità ludica, artistica e narrativa in grado di empatizzare sia con teenagers che con adulti, attraverso un mix di tematiche mature, teen drama ed elementi mistery.
Sebbene Dontnod abbia puntato in seguito il suo sguardo anche su altri orizzonti (vedasi Vampyr e Twin Mirror), rimane facile capire – a fronte di quanto detto sopra – la necessità di un secondo capitolo per la serie, gravato di sicuro dalla pesante eredità lasciata dalle avventure di Max e Chloe. Tuttavia, laddove forse sarebbe stato più semplice riaprire la parentesi già chiusa di Arcadia Bay, i ragazzi d’oltralpe hanno deciso di intraprendere un percorso più rischioso.
Ciao (o addio?) Max e Chloe, benvenuti Sean e Daniel Diaz.
Una linea narrativa completamente nuova, con personaggi inediti e un nome pesantissimo da portare sulle spalle; cerchiamo di farci qualche idea a riguardo con la recensione di Roads, l’attesissimo primo episodio di Life is Strange 2.
In fuga da Seattle
Come già detto, questo secondo capitolo lascia (quasi) completamente da parte gli eventi e i personaggi affrontati nel capitolo apripista, introducendo Sean e Daniel Diaz, due ragazzi di origine messicana residenti con il padre, Esteban, a Seattle. La vita dei due ragazzi non è semplice, visto l’abbandono della madre, risalente a quando Sean aveva 8 anni (Daniel era appena nato) e il continuo impegno lavorativo di Esteban, proprietario di un’officina.
Sean si trova quindi quotidianamente “costretto” a fare da guardiano e tutore del vivace Daniel, sprofondando spesso in una certa frustrazione, dovuta pure a un carattere grezzo e ancora poco definito, il quale si traduce nelle moltissime attività tra cui decide di destreggiarsi il ragazzo (atletica, lavoro e scuola). A seguito di un evento drammatico dai contorni paranormali, i due Diaz sono costretti a fuggire da Seattle, avviandosi autonomamente verso la città natale messicana del padre, Puerto Lobos.
Il viaggio sulla strada di questo primo episodio (e presumibilmente dell’intero gioco) pone dunque le sue fondamenta sul rapporto tra la coppia di fratelli, dandoci la possibilità di controllare il comportamento e le scelte di Sean, trovatosi, volente o nolente, a vestire il ruolo di mentore e modello per Daniel.
Laddove il primo Life is Strange scandagliava quindi le coordinate dell’amore e dell’amicizia, questo sequel sposta il suo focus sulla fratellanza e – indirettamente – sulla paternità, mantenendo come fil rouge comune l’abbandono forzato dell’adolescenza, le forti sequenze drammatiche e la presenza della componente sci-fi, questa volta rappresentata dalla telecinesi. Dimenticatevi in ogni caso le dinamiche mistery del titolo originale, qui – per ora – eccessivamente limitate e messe da parte, finendo per diminuire il fascino complessivo degli eventi trasposti.
La narrazione di Roads scorre veloce, senza grossi intoppi e su un corretto andamento climatico, specie se poniamo come paragone gli stilemi di sceneggiatura a cui ci ha abituato la serie. I dialoghi, componente del resto essenziale in un’avventura grafica, sono ben scritti e dunque verosimili, arrivando a picchi di sensibilità (forse un po’ scontati) una volta incontrato Brody, il principale comprimario delle prime tre ore di gioco.
Nel mezzo di quella che si conferma essere una scrittura chiara, sfaccettata e definita, non mancano un paio di twist abbastanza dirompenti – gestiti con intelligenza dal team – e qualche situazione di buon fanservice. Roads riesce insomma con successo nell’introdurre un intreccio ancora ricco di incognite, dove non esiste – e non deve esistere – una scelta giusta o sbagliata: la strada è il luogo del compromesso, starà a voi trovare un equilibrio, mai così difficile da individuare.
La vita sulla strada
Intorno alla sceneggiatura di cui vi abbiamo parlato non poteva mancare ovviamente una coerente ricetta ludica. Life is Strange 2 riprende in pieno il gameplay del primo capitolo, arricchendolo con una importante novità, ovvero le interazioni tra Sean e Daniel.
Queste sono infatti ramificate secondo un sistema molto complesso, che solo sulla superficie si esprime con semplici scelte di linee di dialogo o comandi azione. Il lavoro più grande di Dontnod in questo capitolo, del resto, è stato costruire l’intelligenza artificiale di Daniel, capace di agire in maniere molto dinamica al comportamento di Sean.
Ad alcuni tipi di azione, e vi potremmo fare alcuni esempi visti in questo episodio (non è questa la sede), corrisponde un mutamento sul breve, medio e – almeno in teoria – lungo termine del carattere di Daniel. Ci riserviamo comunque di testare questa interessante meccanica molto più avanti nell’avventura; d’altronde è veramente troppo presto per esprimersi a riguardo.
Altro elemento da tenere sott’occhio è lo zaino di Sean, una sorta di inventario contenente alcuni oggetti predefiniti e, ovviamente, anche quelli trovati negli ambienti di gioco, in questo caso ricchissimi tanto nel dettaglio, quanto nella quantità di punti con cui interagire.
Lo zaino è anche la sede del cellulare del ragazzo (sì, ritornano gli SMS) e del suo quaderno di disegni (che va a sostituire il diario di Max). Il quaderno non è utile a riepilogare gli eventi come il diario di Max, ma apre ad alcune sezioni dove vi troverete a osservare il paesaggio – con la pressione di X – e a disegnarne uno schizzo – attraverso il movimento dell’analogico.
Tutto ciò che vi abbiamo descritto si sviluppa inoltre su un rinnovato reparto grafico, dove lo stile artistico impressionista “da olio su tela” viene rappresentato con un grande miglioramento nel dettaglio, in particolare rispetto a modelli, texture ed illuminazione, fondamentale nella costituzione di una palette cromatica versatile e spesso dai colori caldi e saturi. Beneficiano del passaggio all’Unreal Engine 4 infine le animazioni, meno legnose e più credibili, soprattutto sulla realizzazione delle espressioni facciali. L’unico sacrificio di tutto ciò è un frame rate meno stabile e spesso ballerino (abbiamo giocato su PlayStation 4 Pro), un problema non troppo rilevante, vista la natura del gioco.
Concludiamo infine con una immensa lode al sonoro. Come da tradizione per la serie, Life is Strange 2 vanta una delle migliori colonne sonore che abbiamo avuto il piacere di sentire recentemente, accompagnando l’ottima regia delle scene di intermezzo con brani indie pop, tra strumenti a percussione e un abbonante utilizzo della chitarra. Affianco a una splendida OST troviamo, nemmeno a dirlo, un doppiaggio perfetto, in parte frutto della performance di Gonzalo Martin per Sean Diaz e Roman George per Daniel Diaz.
Il primo episodio di Life is Strange 2 riafferma i valori produttivi di Dontnod e li conferma, dando vita a un perfetto prologo.
- Scrittura matura e ben delineata
- Difficile capire cosa è giusto e cosa è sbagliato
- Notevole rinnovamento grafico
- Dinamiche di interazione tra Sean e Daniel sono molto interessanti
- Doppiaggio e OST perfetti
- Della trama si sa ancora poco
- Qualche calo nel frame rate
- Elemento mistery troppo soffocato