Bullismo, razzismo, paura ed accanimento nei confronti del “diverso”, dell’estraneo e una grande dose di superficialità ed indifferenza (quando non aperta ignoranza). Che cos’hanno in comune tutte queste cose? Che sono drammaticamente attuali.
Dieter è morto è il 4° volume della collana TIMED di Shockdom, un universo narrativo di cui abbiamo già avuto modo di parlare in modo approfondito e che presenta, in un ipotetico futuro governato da due ipernazioni, esseri umani dotati di straordinari poteri che però, allo stesso tempo, consumano la vita dei loro portatori.
In questo volume, scritto da Federico Chemello e Maurizio Furini e disegnato da Agnese Innocente, il suicidio di un brillante ragazzo di una scuola di Berlino – Dieter – sembra suscitare una tremenda indifferenza da parte di tutti. Tranne per Niklas, 18enne dotato di un particolare potere TIMED, che vuole a tutti i costi scoprire la brutta verità dietro questa terribile tragedia.
Più che del bullismo in senso stretto, legato alla scuola, volevamo parlare del razzismo e in generale del modo in cui la società si relaziona agli individui identificati come “diversi”, come giustamente dicevi anche tu. Purtroppo l’ambiente scolastico si presta molto bene a sviscerare certi argomenti perché questo tipo di problematiche nasce quasi interamente dall’educazione e dall’ambiente in cui le persone crescono, e l’intolleranza inizia a manifestarsi già a partire dai giovanissimi.
C’è poi un secondo argomento importante che volevamo affrontare ma non possiamo parlarne senza rovinare troppo la lettura a chi non ha ancora preso il libro.
Crediamo che sia assolutamente possibile fare attivismo con i fumetti o con le altre forme d’arte o di intrattenimento, ma a essere sinceri non è il nostro caso. Più che denunciare qualcosa volevamo raccontare una storia con dei temi importanti e possibilmente far riflettere i lettori, ma senza dare nessun giudizio morale. Finora i lettori sembrano essere molto ricettivi e sensibili all’argomento, e la cosa ovviamente ci fa molto piacere.
Nota di Federico: Ho detestato 13 Reasons Why per tutta una serie di motivi che richiederebbero un articolo a parte per essere elencati nel dettaglio, molto brevemente posso dire che l’ho trovata una storia molto artificiale e forzata da vari punti di vista, una sorta di teen drama che utilizza linguaggi e meccanismi da “intrattenimento scemo” per raccontare qualcosa di estremamente delicato e complesso, secondo me fallendo nonostante gli intenti degli autori fossero sicuramente (posso immaginare) buoni.
Detto questo, quello che ci tenevo a dire è che quando è uscita 13 Reasons il nostro soggetto per Dieter era già stato approvato, può sembrare sciocco farne un punto di orgoglio ma mi seccherebbe tantissimo se qualcuno pensasse che abbiamo deciso di seguire la scia di qualcosa che non mi è piaciuto nemmeno un po’, è stato completamente un caso.
Ci siamo conosciuti in fumetteria quasi una decina d’anni fa, un po’ di tempo dopo abbiamo deciso di provare a sceneggiare fumetti insieme e da allora non abbiamo mai smesso di farlo.
Insieme a Riccardo Gamba e Alberto Massaggia abbiamo fondato il Dayjob Studio e negli ultimi anni abbiamo pubblicato una serie per bambini in Francia (Rosa Viola), i fumetti di alcuni videogiochi (per esempio Hotline Miami 2 ed Enter The Gungeon) e svariate autoproduzioni tra cui la graphic novel I Am Spank, la serie The Leaderboard e l’antologia Treasure Chest, un nostro tributo ad Akira Toriyama che è uscito l’anno scorso e ha coinvolto ben 31 autori.
Federico ha inoltre pubblicato la graphic novel Restiamo sdraiati qui per sempre con Shockdom, e probabilmente è anche grazie a quella che Lucio Staiano ha deciso di coinvolgerci nel progetto Timed.
Era circa l’inizio dell’anno scorso quando ci siamo messi a pensare a qualche soggetto per la storia con Agnese, di solito non facciamo fatica a trovare gli spunti di partenza e così avevamo deciso di preparare tre pitch diversi, sottoporli a Shockdom e vedere quale preferivano.
Ma alla fine ci siamo resi conto che Dieter è morto ci piaceva troppo e abbiamo deciso di proporre a Shockdom solo quella, sperando che la accettassero.
Per fortuna fin da subito sono stati molto favorevoli e così abbiamo iniziato a lavorarci, finendo per dedicare una quantità esagerata di tempo a capire come inscatolare una storia così ampia in solo 60 pagine. Per vari motivi in quel periodo il modo più comodo per trovarci era vederci il tardo pomeriggio in un centro commerciale, quindi più o meno tutto il lavoro sul soggetto l’abbiamo fatto mentre giravamo per negozi a caso, facevamo la spesa al supermercato (per ottimizzare il tempo!) o cose del genere.
Anche la sceneggiatura l’abbiamo scritta quasi tutta nello stesso centro commerciale, principalmente campeggiando per 4 o 5 ore alla volta ai tavoli del McDonald’s.
Una volta eravamo seduti lì e una delle cassiere viene verso di noi, abbiamo subito pensato “Ok, si sono stancati di averci sempre qui” e invece la ragazza voleva solo farci notare che nel tavolo all’angolo c’era anche la presa per la corrente, nel caso ci servisse per il pc.
Inutile dire che dal giorno dopo quello è stato praticamente “il nostro tavolo”.
Dieter non è nessuno in particolare, a dire la verità, ma rappresenta molto bene tutte le persone un po’ strane che vengono isolate esclusivamente a causa della loro personalità.
Per quanto riguarda Niklas invece ci sono dei modelli di riferimento molto specifici, ma rischieremmo di entrare di nuovo in un campo minato di spoiler quindi purtroppo preferiamo non dire niente.
Abbiamo entrambi un rapporto abbastanza conflittuale con i social network, che come giustamente sottolinei sono sempre più importanti anche per i creativi e i fumettisti nello specifico.
Purtroppo i social tendono a premiare i contenuti che mirano alla pancia, che suscitano reazioni immediate, istintive, non controllate dalla parte razionale del nostro cervello. Questo meccanismo fa sì che progressivamente i contenuti sui social siano sempre più bassi, sempre meno approfonditi e l’aspetto forse peggiore di questo discorso è che anche i mezzi d’informazione si sono adattati a questo gioco al ribasso, puntando ai like facili e alimentando moltissimo il clima d’odio che questi strumenti favoriscono.
Fortunamente non siamo tutti così, anzi, ma allo stesso tempo ci sono tantissime persone che oltre a pensare certe cose (fatto di per sé grave e problematico) non si fanno nessun problema ad affermarle in pubblico, per esempio basta pensare ai commenti alle notizie sugli immigrati o a casi come quello di Amanda Todd (o quelli legati ad Ask.fm) in cui masse di persone arrivano a incoraggiare qualcuno a suicidarsi, qualcosa di impensabile.
Conoscevamo Agnese e stavamo parlando di una possibile collaborazione già da un po’ quando Lucio Staiano di Shockdom ci ha proposto (in maniera completamente autonoma e scollegata) di lavorare insieme a un volume per Timed, l’abbiamo visto un po’ come un segno del destino e abbiamo accettato immediatamente.
La scelta di usare lo stile di disegno “rassicurante” e caldo di Agnese per raccontare una storia molto cupa era uno dei pochissimi punti fermi che avevamo fin dall’inizio, pensiamo infatti che questo contrasto amplifichi la portata delle scene più pesanti in maniera molto efficace, senza andare nei dettagli crediamo che alcuni passaggi della storia non sarebbero altrettanto disturbanti se tutto il fumetto fosse disegnato in maniera più sporca o realistica.
Sì, crediamo che i superpoteri possano essere un ottimo modo per affrontare certi temi perché i personaggi con poteri strani (in un mondo generalmente popolato da umani) sono il perfetto esempio del “diverso” che ha tutta una serie di problemi a interfacciarsi con la società. Poi si potrebbero affrontare le stesse identiche tematiche senza ricorrere ai superpoteri, ovviamente, però sono argomenti a cui teniamo e si sposavano bene con l’ambientazione, così ne abbiamo approfittato.
Il problema più grosso, come accennavamo in una delle risposte precedenti, è stato fare in modo che una storia del genere potesse funzionare con un numero di pagine piuttosto ristretto, solo 60, anche se è in formato francese e questo ci permette di avere anche 8 o 9 vignette per pagina senza perdere in leggibilità.
Abbiamo dovuto fare molti tagli, sviluppando un po’ meno del previsto alcuni aspetti che ci sarebbe piaciuto mostrare di più, per esempio il rapporto di Niklas con suo padre o la passione di Dieter per gli scacchi. In questo modo però abbiamo tenuto un ritmo che ci soddisfa nelle scene che abbiamo incluso nella storia, e nel complesso siamo molto orgogliosi del risultato.
Di solito siamo abbastanza sicuri di noi e della nostra capacità di gestire qualsiasi progetto, ma in questo caso dobbiamo ammettere che ci è capitato di chiederci se forse non fossero temi un po’ troppo delicati per affrontarli così velocemente.
Ne abbiamo discusso a lungo e alla fine abbiamo capito che valeva la pena provarci, e che finché rimanevamo onesti e il meno retorici possibile (difficile non esserlo almeno un poco) il nostro lavoro sarebbe stato difficile da attaccare.
Poi magari non è così, però ci piace crederlo.
Al momento siamo al lavoro su alcuni progetti per la Francia insieme ai disegnatori Silvia Vanni, Andrea Dotta e Lorenzo Ghignone, inoltre stiamo preparando il nuovo volume di The Leaderboard e una nuova collana di fumetti autoprodotti con il Dayjob Studio.
È la prima volta che progettiamo qualcosa di ambizioso come una vera e propria collana di fumetti invece che una singola storia, per ora la cosa ci dà moltissima soddisfazione ma non possiamo ancora svelare molto se non che è un progetto legato al mondo dei videogiochi e si chiamerà Press Start.
Possiamo però svelarti un paio di immagini in anteprima, tratte dall’albo disegnato da Alberto Massaggia per la collana:
Noi ci siamo impegnati al massimo per raccontare dei fatti invece che “esporre la nostra tesi”, allo stesso modo sarebbe ideale che chi legge il volume accantonasse i pregiudizi e aspettasse di finirlo prima di farsi un’idea su quello che ha letto e sui personaggi della storia.
È difficile, soprattutto quando si affrontano certi argomenti necessariamente politici/sociali, ma leggere le storie (tutte le storie in realtà, non solo la nostra) attraverso la lente del proprio pensiero ideologico porta spesso a giudicarle più per quanto rispecchiano le nostre aspettative che non per quello che sono.
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