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La chiave del cuore – la storia di Kingdom Hearts

Kingdom Hearts wallpaper

Kingdom Hearts III dovrebbe ormai essere alle porte, ripercorriamo dunque le tappe della dirompente (e frammentata) saga Square-Disney, nata come una scommessa e divenuta poi serie di culto.

Quando Tetsuya Nomura (noto per il ruolo nello sviluppo di Final Fantasy VII) mostrò la sua creatura al mondo, all’E3 del 2001, nessuno poteva crederci: un ibrido tra la filosofia JRPG di Square e il mondo Disney, cosa ne sarebbe mai potuto uscire fuori?

Diciassette anni dopo Kingdom Hearts è un’enorme scommessa vinta, una serie da oltre 20 milioni di copie vendute (dati Square Enix, marzo 2014), con un posto sicuro nella storia del medium e nel cuore di ogni videogiocatore che si definisca tale (perché di cuori qui si tratta).  Ma cosa si cela dietro l’ideazione di un’idea così eclettica e stravagante, in grado di fondere due universi lontani e, in un certo senso, opposti? Qual è il percorso che ha portato le avventure di Sora al loro prossimo epilogo? Scopritelo nel nostro speciale!

É difficile immaginare come l’idea di Kingdom Hearts sia venuta in mente a qualcuno

– Dalla recensione di GameSpot del primo capitolo della saga

Disclaimer: in questo speciale non parleremo, per decisioni logistiche, delle edizioni Final Mix, nè di quelle RE, nè delle recenti remastered per PlayStation 3 e 4.

 

Kingdom Hearts III

Tutti pronti per il terzo capitolo?

 

 

Kingdom Hearts

PlayStation 2 (2002)

Cover Kingdom Hearts

 

 

 If I were to express it in one word, it is about heart.

Jun Akiyama, Square Event Director, Making of Kingdom Hearts,

PlayStation Underground, 2001

 

La nascita di Kingdom Hearts avviene in modo piuttosto pittoresco: con un incontro in ascensore tra un dirigente di Disney Interactive (Dan Winters, V.P. della produzione, n.d.r.), e Hashimoto, figura ancora oggi di spicco in Square. Questa genesi, avvenuta quindi quasi per scherzo, si concretizzò nel febbraio del 2000, quando, in gran segreto, iniziarono i lavori sul progetto.Il rapporto con la casa del vecchio Walt, come detto dallo stesso Nomura in una intervista di IGN al TGS 2004 non fu facilissimo.

Bisognava rispettare determinati concept e direttive, specialmente con Disney, nota per essere ultra conservativa riguardo la natura dei suoi personaggi. La situazione, nel corso del tempo, si dimostrò però a sorpresa molto più semplice del previsto, anche grazie al supporto di Bob Iger (CEO in Disney), con una collaborazione praticamente assoluta tra le due compagnie, sppur con qualche diffidenza. Risultato di tale sinergia furono infatti mondi perfettamente fedeli rispetto alle loro controparti filmiche, animazioni con nulla da invidiare ai grandi classici, e una cura maniacale nei particolari e nei modelli 3D.

 

Ma il punto è che uno lo guarda e pensa “Quello sembra un film Disney – piuttosto che – quello sembra un videogioco che prova ad assomigliare ad un film Disney”

Dalla recensione di IGN.com del primo Kingdom Hearts

 

Non potendosi prendere troppe licenze creative sui personaggi Disney, Nomura sfogò il suo estro nei personaggi inediti.

Tuttavia, sapendo di non poter prendersi troppe licenze creative sui personaggi Disney, il buon Tetsuya decise di sfogare tutto il suo estro creativo nella creazione di personaggi e mondi completamente inediti, ispirati all’estetica e alla sensibilità della saga di Final Fantasy,  da sviluppare come scheletro portante della lore della nascitura saga. Proprio questo elemento originale si rivelò essere uno dei punti vincenti e più affascinanti dell’intera produzione, un eclettismo in grado di accontentare non solo i fan Disney ma anche e sopratutto i fan dei prodotti videoludici Square.

Scopriremo, a poco a poco, una lore ricca, complessa e molto riflessiva.

Nascevano così Sora (il nostro protagonista), Riku, Kairi e il villain Ansem, oltre ad ambientazioni particolarmente ispirate, come l’originale Hollow Bastion o la malinconica Travers TownSi presentava quindi un comparto narrativo che ci vedeva esplorare diversi mondi, tra i quali figurano anche la splendida Halloween Town di Nightmare Before Christmas, o l’Olimpo di Hercules (che rivedremo spesso nella saga), in una lunga ricerca dei nostri amici Riku e Kairi, con il continuo supporto di Pippo e Paperino. In un’intensa avventura di circa 30 ore ci saremmo confrontati con gli Heartless, creature di pura oscurità, e avremmo scoperto, a poco a poco, una lore ricca, complessa e riflessiva.

 

 

Parlando invece del gameplay in sè, Kingdom Hearts si strutturava come un frenetico action hack and slash caratterizzato da una buona, seppur limitata, componente RPG, da boss fights (quasi sempre) di alto livello qualitativo e da un livello di sfida non proprio indifferente, specialmente nelle fasi finali. Alle solite meccaniche melee si aggiungevano poi evocazioni dei personaggi Disney (stile Eoni) e l’utilizzo di vari tipologie di magie elementali.

 

Battle kingdom hearts

 

Ad accompagnare l’azione era inoltre una colonna sonora splendida e dinamica, gestita dalle sapienti mani della fenomenale Yoko Shishimura (e riprodotta da un’orchestra di 100 strumenti), quasi interamente composta da pezzi inediti, come l’iconica Destati o la commuovente Dearly Beloved.  Una tra le migliori OST mai prodotte per un videogame, con l’unico difetto di essere stata poco rinnovata nei vari sequel.

 

Fun fact: la track “Simple and Clean”, intro di diversi titoli della serie, non fu in realtà composta da Shishimura, ma da Utada Hikaru, nota cantante pop giapponese.
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gummyship

A chi è venuto in mente di implementare la gummyship?

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Fatti quindi tutti i dovuti complimenti, Kingdom Hearts non era e non è diventato di certo un titolo perfetto; la telecamera risultava problematica e confusionaria, le fasi alla Star Fox  con la gummyship  erano noiose e male implementate e le sequenze action, alla lunga, tendevano forse troppo verso il button mashing. Queste problematiche precludono quindi la possibilità di fregiarsi del titolo di capolavoro, ma non  sono abbastanza rivelanti per intaccare il valore globale di una delle produzioni più originali di sempre.

 

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Kingdom Hearts: Chain of Memories

Game Boy Advance (2004)

Chain of Memories Wallpaper

 

Ho sentito dire che ai bambini piacerebbe giocare a Kingdom Hearts sul loro GameBoy Advance.

Tetsuya Nomura, intervista per GameSpot , 2004

 

Passato circa un anno dall’uscita del primo capitolo, Kingdom Hearts: Chain of Memories viene annunciato al Tokyo Games Show nel settembre 2003, insieme al ben più atteso secondo capitolo per PlayStation 2. Nonostante le iniziali incertezze di Nomura su un capitolo in 2D, il titolo, sviluppato dal team Jupiter e pubblicato dalla neonata Square-Enix, arrivò sul mercato GameBoy Advance nel novembre del 2004.

Nuovo giro, nuove emozioni, tanta innovazione. Per adattare il combat system e le altre dinamiche di gioco a un piattaforma particolare come la portatile di casa Nintendo, venne implementato un sistema di grafica 2.5D isometrica, con gli sprite dei personaggi (come al solito ben animati) in overlay rispetto al mondo di gioco, e venne ideato un nuovo sistema di esplorazione – combattimento, di natura card-based.

Dalle meccaniche di Chain of Memories venne ispirato un altro ottimo gioco Square Enix, sviluppato sempre da Jupiter per Nintendo DS: The World Ends with You

 

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Le carte sono infatti il tema portante di questo spin-off

Le carte erano infatti il tema portante di questo spin-off ; tramite le carte mondo era possibile scegliere ed accedere ai diversi tipi di stanze tematiche che compongono ogni mondo; con le carte battaglia (melee, magia, oggetti) ed evocazione (indovinate cosa sono) era possibile invece preparare un deck ed utilizzarlo in battaglia. Qui ogni carta possedeva un valore (da 0 a 9) essenziale per le dinamiche del combat system.

Il concetto è piuttosto semplice: carta più alta si attiva ed annulla carta più bassa (card break), con l’utilizzo di una carta 0 al giusto timing è possibile annullare qualsiasi carta o combo avversarie. Tra l’altro, a proposito di combo, era anche possibile mettere da parte fino a 3 carte per sommare il loro valore o mettere in pratica particolari moveset e special.

 

Fun fact: Il filmato compresso di intro fu sviluppato utilizzando l’engine del primo capitolo per PlayStation 2, questo venne poi adattatato per Game Boy con una tecnologia della compagnia giapponese AM3.

 

Vexen- Marluxia

Vexen e Marluxia, due dei Nessuno dell’avventura (dall’edizione RE per PS3)

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Si potrà impersonare sia Sora che Riku, in due diverse run del gioco.

Dal punto di vista della narrazione Chain of Memories iniziava invece esattamente dal finale di Kingdom Hearts, andando a introdurre i Nessuno, corpi senza cuore di individui di forte volontà (ciò che rimane dopo la trasformazione in Heartless; è complesso, lo sappiamo) e personaggi centrali di quello che poi sarebbe stato Kingdom Hearts IIEra quindi possibile impersonare Sora, in una prima run, e Riku, in una seconda, vedendo lo svilupparsi degli eventi da due diversi punti di vista, verso un epilogo che si ricollegava a doppia mandata con la storyline di Roxas…

 

 

Kingdom Hearts II

PlayStation 2 (2005)

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Frammenti di sogno che sembrano ricordi lontani. Ricordi lontani che sembrano frammenti di sogno.

Voglio allineare i pezzi. I tuoi e i miei.

Sora, Kingdom Hearts II

 

A ruota dopo l’antipasto c’è sempre il primo piatto. Dopo Chain of Memories era ormai giunto il tempo dell’atteso Kingdom Hearts II, e a dicembre del 2005 per il Giappone, nel 2006 per il resto del mondo, questo arrivò su PlayStation 2.

Cosa dire dunque di uno dei sequel migliori mai fatti?
Per chi vi scrive KHII è stata la prima esperienza mai giocata, un titolo che ha inesorabilmente definito una passione forte e duratura per un medium e uno dei tanti motivi per cui si è deciso di scrivere questo lungo (ed impegnativo) speciale.

 

Un viaggio con una narrazione dai toni più oscuri ed adulti

Diretto da Nomura e sviluppato internamente da Square Enixil secondo capitolo maggiore ci vedeva prendere i panni prima di Roxas (personaggio inedito, e [spoiler]nessuno di Sora[/spoiler]) e poi, dopo circa 10 ore di gioco, di Sora. Iniziava quindi la solita, magnifica epopea attraverso i mondi Disney, tra piacevoli ritorni e aree di gioco mai viste prima nella serie (da Tron, Mulan, I Pirati dei Caraibi ecc…). Un viaggio comunque dalla narrazione sicuramente più interessante, coerente e sfaccettata rispetto al capitolo apripista, dai toni più oscuri e adulti e con personaggi validi e di assoluto spessore.
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Steambot willie Kingdom Hearts

Vi avevamo avvertito della presenza di un mondo dedicato a “Steamboat Willie”?

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Tale maturità si notava non solo però nei personaggi, ma anche nel design di uno dei mondi finali del titolo, talmente bello e artisticamente rifinito da meritare un plauso a parte: Il mondo che non esiste (The World That Never Was) è infatti l’esempio perfetto di un design suggestivo, tetro e decadente (rispecchia perfettamente la natura dei Nessuno), con una fortissima e azzeccata componente cyberpunk. In pochi dimenticheranno le fasi iniziali dello scontro con Xemnas…

 

 

The World That Never Was

The World That Never Was

 

 

Passando invece al giocato vero e proprio, Kingdom Hearts II si predisponeva come un more of the same del primo, tuttavia rifinito e forte di non poche aggiunte. Tramontato un po’ il focus sulla componente RPG, il sistema action, se possibile, divenne ancora più frenetico. L’implementazione dei Reaction Commands (quick time event contestuali con la pressione del tasto triangolo) garantì animazioni mozzafiato e battaglie talmente dinamiche da assorbire completamente il giocatore.

Come se non bastasse, l’aggiunta dei cinque stati (sei in Final Mix) di Drive Form (una sorta di fusione di Sora con i propri compagni) permise una certa diversificazione nell’approccio al combat system, mentre la presenza dei Limit Commands (mosse utilizzabili solo con certi elementi del team e solo se equipaggiate) portarono a una certa dose di strategia nella gestione del team.

 

 

Problemi come la telecamera e annessa gestione della visuale furono inoltre in gran parte risolti, con risultati nella maggior parte dei casi più che soddisfacenti. L’odiata sezione in Gummyshipaltro grande difetto di Kingdom Hearts, andò incontro a una completa rivisitazione, sviluppandosi su binari e diventando, stranamente, molto divertente da giocare: un’altra maledizione sfatata.

 

Nel novembre del 2008 Square Enix  rilascia Kingdom Hearts: Coded per dispositivi mobile. Consisteva in un action con forti componenti da puzzle game, la narrazione andava invece a introdurre i fatti di Birth by Sleep.

 

1000 heartless battle

“300” spostati

 

 

Kingdom Hearts: 358/2 Days

Nintendo DS (2009)

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You feel nothing. Nothing is real. I can give you purpose.

Xemnas a Roxas, Crepuscopoli, Kingdom Hearts II

 

Nel settembre del 2007dopo circa due anni di attesa, al TGS (come al solito) vengono mostrati i primi video d’annuncio di 358/2 Days e di Birth by Sleepdue titoli dediti a risolvere diversi tra i più importanti buchi narrativi nella timeline della saga, approcciati solo superficialmente negli episodi precedenti.

358/2 Days fu sviluppato per Nintendo DS da Square Enix e h.a.n.d. (team esperto della piattaforma) e si svolgeva infatti su un arco di tempo di circa un anno, coprendo una storia parallela al finale del primo Kingdom Hearts e a Chain of MemoriesIl gioco ci metteva quindi nei panni di Roxas, in un’ avventura all’insegna di temi come amicizia, tradimento, amore e identità (il che pone seri dubbi sull’assenza di emozioni nei Nessuno).

Un concept sicuramente interessante, che purtroppo si perdeva in cali di ritmo fin troppo comuni e tediosi.
Axel, Xion, Roxas

Axel, Xion e Roxas, in una cutscene rimasterizzata per PS3

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Come successo per Chain of Memories, anche 358/2 Days ebbe il faticoso onere di adattarsi alla peculiare piattaforma su cui doveva girare, in questo caso però provocando più danni che altro. Cosa mancava infatti al DS? Ah, certo, non aveva nessuno stick. Il nuovo (ed obbligato) sistema di movimento che sostituiva il D-Pad all’analogico, e il nuovo sistema di gestione della telecamera, con dorsali o touchscreen, portarono infatti a una gestione legnosa e scomoda del gameplay.

Di conseguenza, numerose riviste di critica decisero di stroncare il gioco proprio per questo motivo. La piattaforma Nintendo, inoltre, non era esattamente ottimale per un rendering 3D di buon livello e furono perciò necessari diversi compromessi sugli ambienti del gioco, di cui, tra l’altro, praticamente nessuno risultava inedito.

 

358/2 days original DS

 

Nonostante quindi questi ovvi difetti, il gioco presentava diverse novità, specialmente relative alla strutturazione delle missioni di gioco; in tutto una novantina, le missioni si dividevano in principali e opzionali, una volta completato un certo numero di missioni si sarebbe  poi riempita una barra di progressione apposita, permettendoci di tornare al Mondo Che Non Esiste e proseguire nella narrazione.

Oltre a queste missioni basic era anche disponibile una gamma di challenge missions, sfide legate a missioni già completate, e la mission mode, una modalità multiplayer in wireless di massimo 4 giocatori (con scontri in versus o quest cooperative). Qui si poteva impersonare uno dei 14 membri dell’ Organizzazione XIII (con altri 6 PG sbloccabili). Una gestione delle quest e della progressione dunque estremamente frammentaria e, proprio per questo, adatta allo “spizzicare” tipico delle console portatili.

 

 

Il sistema di pannelli fondeva componente puzzle a personalizzazione personaggio.

L’ elemento forse più interessante del pacchetto, che sarebbe stato in parte ripreso anche da Birth by Sleep, era però il sistema dei pannelli. La sezione funzionava come una sorta di modalità puzzle in cui era possibile gestire un insieme di pannelli, riferiti ai più vari aspetti di personalizzazione del personaggio. Era così possibile equipaggiare armature, magie, oggetti, potenziare armi e statistiche, ma anche le varie abilità; persino il livello del personaggio doveva essere “equipaggiato” in questo modo.

Uno dei titoli dunque forse meno di successo dell’intera saga, con meno di 2 milioni di copie vendute, ma comunque di sicuro notevole per la sua espressione sulla piattaforma DS e per l’eredità lasciata ai capitoli successivi.

 

 

 

Kingdom Hearts: Birth by Sleep

PlayStation Portable (2010)

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You don’t look like you’re half the hero the others were

Xigbar a Sora, Il Mondo che Non Esiste, Kingdom Hearts II

 

Negli otto anni successivi al 2002 la saga di Kingdom Hearts aveva narrato in lungo e in largo le avventure di Sora, approfondendone, nel corso del tempo, anche i più piccoli dettagli, con una sequela di spin-off da fare invidia all’omologa serie di Final Fantasy. Ora, satura la storyline di Sora (in attesa del suo epilogo con Dream Drop Distance e Kingdom Hearts III), rimaneva una grande domanda nell’universo creato da Nomura: cosa era successo prima?

 

Aqua, Terra, Ventus, Topolino e Trilli

 

Per rispondere alla questione nel 2010 Square Enix rilascia Kingdom Hearts Birth by Sleep, prequel delle avventure di Sora ed episodio iniziatore della cosiddetta “saga di Xehanort” (dal nome del Maestro da cui si sono formati Xemnas e Ansem), nonché, indubbiamente, uno tra i migliori titoli della serie, per PlayStation Portable.

Ambientato circa 10 anni prima degli eventi di Kingdom Hearts, Birth by Sleep narrava l’evoluzione e la crescita di alcuni tra gli ultimi Keyblade Wieldersfacendoci prendere il controllo, con 3 campagne piuttosto diverse, di tre distinti personaggi, Aqua, Terra e Ventus, contro una nuova minaccia, quella dei Nesciens (la cui natura veniva spiegata ad avventura piuttosto inoltrata).

 

 

Aqua, Terra e Ventus

Aqua, Terra e Ventus

 

Per mondi come il Mondo dei Sogni (Cenerentola) e il Bosco dei  Nani (Biancaneve), abbiamo basato molto del map design sui film.

Praticamente abbiamo guardato i DVD decine e decine di volte e abbiamo ricreato i mondi nel mondo più accurato possibile.

Takeshi FujimotoArt Director di Kingdom Hearts : Birth by Sleep, sul blog di 1UP

 

 

Il viaggio, questa volta tra mondi principalmente inediti e curati (Il Castello dei Sogni da Cenerentola o Il Bosco dei Nani da Biancaneve e i sette nani  tra i tanti ), si appropriava di toni spesso drammatici, approfondendo il legame tra i protagonisti (tutti ben caratterizzati) e svelando informazioni essenziali riguardo la genesi del villain principale dell’intero arco narrativo, Xehanortaffiancato qui dal misterioso Vanitas.

 

 

Il gioco si rivelerà anche essenziale per la comprensione di Kingdom Hearts III, creando una sorta di concezione uniforme dell’intera timeline. Non a caso la demo “A Fragmentary Passage” del terzo capitolo ha avuto come protagonista Aqua, personaggio che probabilmente rivedremo molto presto in un ruolo chiave.

Per quanto ben fatta, la storia e le ambientazioni di questo prequel non furono il solo parametro a determinarne il successo, contribuì infatti anche e soprattutto un combat system incredibilmente migliorato, con un ritorno abbastanza prepotente della componente ruolistica pre – scontro. Aggiunta di peso furono quindi i deck commands, azioni attivabili, una volta selezionate con il D-Pad, con il tasto triangolo ed equipaggiabili nel deck dall’apposito menù di gioco. Dalla combinazione di diversi attacchi base e deck commands nascevano poi specifici command style , in grado di garantire un forte boost nelle abilità del personaggio e la disponibilità di nuove distruttive combo.

 

Terra Fatal Mode

 

I deck commands ,oltre a poter “fondersi” gli uni con gli altri, erano anche potenziabili tramite un curioso minigioco dal nome di Command Board, dove i comandi costituivano parte attiva contro gli avversari.

 

Oltre alla meccanica sopracitata furono aggiunti anche gli shotlock, attacchi devastanti attivabili con la pressione del tasto croce, con la barra focus disponibile (ricaricabile con etere o azioni specifiche) e dopo aver effettuato il lock dei nemici con la pressione  dei due dorsali. Dimenticatevi poi le evocazioni, era arrivato il tempo delle unioni dimensionali:  con queste non era solo possibile acquisire i poteri di diversi personaggi Disney, ma era anche data la possibilità di richiamare il PG di un amico tramite la funzione wireless!

Kingdom Hearts: Birth by Sleep è quindi una di quelle perle imperdibili dell’ormai defunta PSP,  quasi al pari dei due “fratelli maggiori”, consigliamo dunque a tutti di recuperare l’esperienza in Kingdom Hearts HD 2.5 Remix, rimasterizzata per PlayStation 3 e 4.

 

Aqua shotlock

Una shotlock da edizione rimasterizzata per PS3

 

Per ulteriori approfondimenti riguardo Dream Drop Distance A Fragmentary Passage vi rimandiamo all’ottima recensione di Kingdom Hearts HD 2.8 Final Chapter Prologue della cara Roberta “Momoka” Pagnotta.

 

Kingdom Hearts

 

Il nostro lungo speciale finisce qui e speriamo vivamente che vi sia piaciuto, stimolando di nuovo la passione per questa saga incredibile. Non esitate quindi a lasciare qualche commento e restate in attesa, nei prossimi mesi – si spera – per la recensione di Kingdom Hearts III, sempre sulle nostre pagine!
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