In questo approfondimento ci occupiamo di analizzare Little Nightmares, il puzzle-platform di Tarsier Studios che ha rappresentato una delle produzioni indie più interessanti dell’anno.
Little Nightmares è un connubio di ansia, paura e oppressione. Immaginate un luogo le cui pareti sono abbellite da queste sensazioni. Un ambiente ostile, che mira ad intrappolare e a isolare il giocatore nella propria mente, divorandolo dall’interno. Questi sono gli ingredienti base che fanno del puzzle-platform di Tarsier Studios un titolo avvincente e impegnativo, ma più di ogni altra cosa da vivere con il fiato sospeso.
La trama è molto misteriosa, tutto comincia con la nostra piccola eroina, di nome Six (l’idea che si tratti di una bambina è suggerita da qualche descrizione sul sito ufficiale ma nel corso del gioco non riusciremo mai a vederla in volto), che si sveglia in una specie di stiva, come unico letto una valigia, dopo un incubo riguardante una misteriosa Geisha. Non ci è dato sapere come sia arrivata in quel posto: il suo passato, come il suo futuro, sono un’unica grande incognita. Si potrebbe pensare che sia una piccola clandestina nascosta in un bagaglio abbandonato, ma è solo una possibile supposizione.
Ma addentriamoci più in profondità nell’analisi del gioco (spoiler alert)
La sua unica arma è un innocuo accendino che usa per illuminare gli ambienti angusti e bui, e le sue gambe sono la miglior risorsa per scappare da ciò che l’attende. Fin da subito ci imbatteremo in disgustosi vermi fatti di pece (viene da pensare che siano un tributo ai vermi assassini di Another World, un vecchissimo gioco per PC) che tenteranno di strangolarci per poi fagocitare i nostri resti, oltre che in dei piccoli esserini, chiamati Nomes, che scapperanno al sol vederci avvicinare. Qualora volessimo però potremmo andarli a stanare per regalare loro un abbraccio consolatorio e spingerli a seguirci per un po’.
In Little Nightmares siamo chiamati ad affrontare un percorso irto di orrori indicibili, in un ambiente che tenterà continuamente di ucciderci, facendoci cadere da altezze enormi, tentando di folgorarci o semplicemente facendoci mancare il pavimento da sotto i piedi. Faremo ben presto la conoscenza di individui poco raccomandabili e dall’aspetto grottesco come il custode, un essere di ridotte dimensioni fisiche con braccia sproporzionate rispetto al corpo ed una maschera facciale calata su quello che rimane della sua faccia e che lo fa apparire come un cieco dotato di sensibilità sopraffina quanto a udito ed olfatto.
Egli è, a tutti gli effetti, il custode di bambini, ma non propriamente un’ amorevole balia…li coccola fino al punto in cui non li incarta come se fossero dei sacchi di carne e li aggancia su degli ami al soffitto che si muovono su un nastro. E’ questa la fine che faremo se i nostri movimenti non saranno delicati in sua presenza; dovremmo dosare molto i nostri passi e sopravvivere alle sue attenzioni per riuscire a fuggire ed affrontare due orrori che se possibile sono anche ben peggiori, ovvero i cuochi gemelli.
Nelle cucine scopriremo presto che fine fanno i bambini: pile di cadaveri saranno il nostro pavimento, addobberanno i muri e saranno stesi su tavoli da cucina in attesa che i due grotteschi e grassi cuochi li cucinino o li usino per farcire i ventri dei grassi pesci che hanno nelle loro credenze. La stessa musica dei due mostri indica un senso di pesantezza e di viscidume (malgrado la loro stazza sono molto agili e, a differenza del custode, ci vedono benissimo e tenteranno in tutti i modi di prenderci per inserirci in un forno o per trasformarci in un gustoso condimento) fortunatamente per noi non sono però molto intelligenti e di conseguenza dovremmo nasconderci in angoli molto oscuri e bassi per far sì che le loro grasse dita non ci colgano in flagrante.
Abbiamo parlato lungamente di questa cucina, ma chi è che mangia i bambini?
Questo lo scopriremo tristemente non appena saremo fuggiti dai due cuochi, infatti la nostra prima boccata d’aria verso la libertà ci farà scoprire che l’inferno in cui ci troviamo – ovvero il The Maw – non è altro che un’ isola galleggiante in cui attraccano navi di grassi e goffi clienti, il cui unico scopo è divorare qualsiasi cosa passi loro davanti. Purtroppo a noi toccherà affrontare le loro forchette e sfuggire alle loro dita tozze che tenteranno di prenderci per poi ingoiarci in un sol boccone, ahimè saremo affamati anche noi ed il nostro unico scopo sarà quello di fuggire dai vecchi cannibali in modo da poterci nutrire ancora una volta (vedrete che nel corso del gioco Six dovrà mangiare più e più volte), solo per poter scoprire che il nostro ultimo pasto sarà una portata davvero particolare ed inquietante, ma che ci fornirà energie per affrontare l’ ultima grande sfida del nostro viaggio, ovvero la proprietaria del The Maw, il nostro primo incubo: la Geisha mascherata.
Si sa davvero poco di questa donna, l’unica cosa che possiamo dedurre è che sia davvero orrenda sotto quella maschera. Tutti i suoi specchi infatti sono rotti, ai muri sono appesi quadri di piccoli bambini deformi, forse suoi figli, tutti deformi tranne uno (da un ritratto che possiamo intravedere sembra proprio la piccola Six, ma si tratta di supposizioni), una bambina nata più bella della stessa madre e, perciò, una minaccia.
Il culmine della nostra storia arriverà con uno scontro a suon di specchi con la malvagia Gheisha, fino a che non la stordiremo a terra, in tempo per vedere la scena forse più raccapricciante dell’intero gioco, prima del violento finale. Little Nightmares è un gioco fatto di scenari Burtoniani, musiche angoscianti che ricordano delle ninne nanne da film horror, sibili del vento distorti e fastidiosi, e creature frutto dei nostri incubi peggiori.
In un mercato fatto di grandi titoli, questo piccolo capolavoro è un must per chiunque ami ancora anche avventure più introspettive ed inquietanti. Siete pronti ad affrontare gli orrori in un’ unica grande fuga dall’Inferno? Se la risposta è sì, allora questo è proprio il titolo che fa per voi.