Arruolare cani e porci può essere una figura retorica: nel caso degli orsi invece è stato fatto in almeno un caso con successo.

1939. La Polonia è caduta, invasa dai nazisti e occupata dai russi.

1939. La Polonia è caduta, invasa dai nazisti e occupata dai russi. Questi ultimi trasferiscono i soldati polacchi in campi di concentramento, per evitare che creino più problemi di quelli che la Grande Madre Russia ha di suo, come le epurazioni di generali da parte di Stalin, la mancanza di vettovaglie e di mezzi, ecc.

 

La giustificazione ufficiale per l’occupazione sovietica, iniziata il 17 settembre 1939, era che lo Stato polacco con cui erano stati fatti accordi non esisteva già più, e le forze armate ancora presenti erano tecnicamente banditi in una zona al confine con l’URSS.

 

Il governo in esilio a Londra strappa una “amnistia” per i suoi militari detenuti dopo che i tedeschi invadono il territorio sovietico: l’accordo è che vengano addestrati e combattano in Russia sotto comando polacco ma con obiettivi indicati da Mosca.

 

All’epoca non era noto, ma molti ufficiali polacchi erano morti nei massacri di Katyn del 1940 per evitare ribellioni della popolazione, insieme a poliziotti, intellettuali, preti ecc.

 

Purtroppo i russi hanno poco cibo, armi e attrezzature per le loro forze armate, figurarsi da dividere con altri: oltre ai soldati poi ci sono anche civili deportati insieme a loro. Per di più gli ordini parlano di “polacchi” e in vari campi a ucraini ed ebrei arrivati da lì viene negato il rilascio.

Nonostante tutto a fine 1941 almeno 25.000 uomini arrivano vicino al Kazakistan per essere addestrati, e da lì più tardi sono spostati in Uzbekistan. Si forma così il Secondo Corpo d’Armata Polacco, con tre divisioni. Il comando è dato al generale Wladyslaw Anders, rilasciato allo scopo dalla Lubjanka, la prigione del NKVD a Mosca: informalmente il nome diventa quindi “l’esercito di Anders”.

 

 

Nel frattempo ad agosto 1941 russi e inglesi avevano invaso la Persia e deposto lo Scià per paura che si alleasse con l’Asse: nel 1942 gli Inglesi chiesero di spostare l’esercito di Anders nelle zone sotto il loro controllo per usarlo altrove.

Ci volle un po’ e molti morirono durante la marcia, ma ad agosto circa 79.000 soldati e 37.000 civili erano arrivati in Persia. Dopo l’addestramento sarebbero stati spostati in Iraq, poi in Palestina, in Egitto e infine sul fronte italiano che nel frattempo si era aperto.

 

Circa 3.000 dei 4.000 Ebrei nell’esercito di Anders si fermarono in Palestina. Molti chiesero il permesso, alcuni disertarono: Anders non fermò i primi nè cercò i secondi. Il permesso fu accordato anche a Menachem Begin, capo e organizzatore della formazione paramilitare Irgun e futuro primo ministro di Israele, che nel 1944 fece partire una sollevazione contro gli Inglesi che l’avevano addestrato.

 

 

 

L’arruolamento

Durante una sosta di trasferimento ad Ecbatana (oggi Hamadan) nell’aprile 1942 la giovane Irena Bokiewicz notò un ragazzino con una borsa che si muoveva. Con qualche difficoltà riuscirono a parlarsi e dalla borsa uscì un cucciolo d’orso.

Il ragazzino spiegò che la madre era stata uccisa dai cacciatori: Irena riuscì a farlo comprare da un soldato suo amico, regalando al ragazzo un pò del suo cibo.

Il cucciolo era ancora un lattante e aveva difficoltà ad ingoiare: i soldati usarono una vecchia bottiglia di vodka e un fazzoletto ripiegato come ciuccio per dargli il latte condensato delle razioni, diluito con un pò d’acqua.

Dopo lo svezzamento l’orso venne nutrito con frutta, marmellata, sciroppo e miele: i soldati gli insegnarono vari esercizi come rispondere al saluto militare, e lo premiavano con della birra che divenne la sua bevanda preferita. Come agli esseri umani, prenderne più di due al giorno gli dava mal di testa e altri sintomi di sbornia.

 

 

Ad agosto 1943 l’orso seguì gli spostamenti quella che era diventata la 22ma compagnia di supporto all’artiglieria. Socievole e giocoso, il suo passatempo preferito era “combattere” con i soldati (spesso più di uno alla volta) che in premio gli davano anche sigarette. Non fumava, le mangiava: però le voleva accese, altrimenti le sputava.

 

I suoi “combattimenti”, il modo in cui i cuccioli si preparano alla vita adulta, furono probabilmente il motivo per cui venne chiamato Wojtek, nome slavo molto antico che letteralmente vuol dire “guerriero gioioso” o “felice in mezzo alla guerra” che casualmente è anche uno dei soprannomi di Odino. Voj- o Woj- è la radice slava che indica la guerra (Vojna in russo)

 

 

 

 

 

 

La guerra

Wojtek era la mascotte della compagnia: fu molto amico del cane dalmata appartenuto a un ufficiale di collegamento britannico. Con gli equini fu meno fortunato: rimediò un calcio da un cavallo con cui aveva cercato di fare amicizia e un soldato disse che li guardò come chiedendosi perché non lo punissero per indisciplina. Dopo l’episodio rimase lontano dagli equini per tutto il resto della guerra.

Durante la permanenza in Palestina la compagnia ricevette un altro orso, Michal, che però venne lasciato allo Zoo di Tel Aviv perché non andava d’accordo con Wojtek: arrivò al suo posto la scimmia Kasja, che rimase con i soldati nonostante tirasse le orecchie all’orso. Ogni volta che la vedeva, Wojtek si copriva gli occhi con le zampe.

Durante i suoi giri di esplorazione mentre era in Egitto Wojtek rimase bloccato su un albero di palma, provocando il panico. In Iraq dormiva nel deposito di munizioni della sua compagnia: contribuì alla cattura di un ladro che si era infiltrato lì di notte e non si aspettava di trovarselo di fronte.

 

Wojtek era un orso siriano, sottospecie dell’orso bruno eurasiatico da cui si distingue per il pelo più chiaro, a volte tendente al bianco e in certi casi striato, oltre che per le dimensioni più contenute: un maschio adulto pesa tra i 250 e i 300 chili e arriva a 1,5 metri di altezza: Wojtek arrivò a 1,8 metri.

 

A settembre 1943 la compagnia dovette spostarsi via nave per partecipare alla campagna d’Italia, ma le regole britanniche impedivano l’imbarco di animali: Wojtek fu quindi arruolato come fante, con tanto di matricola e foglio paga.

Dormiva nelle tende dei soldati, da cui non voleva staccarsi, in una culla di legno fatta apposta da loro e portata sui camion con il resto dell’attrezzatura: due persone a turno erano incaricate della sua cura.

Aveva imparato a manovrare le docce e a marciare con gli altri soldati, e spesso viaggiava nella cabina del camion anche se di solito preferiva il cassone, dove stava più comodo.

Quando era accanto al guidatore spesso teneva fuori la testa, sgomentando i passanti.

 

 

 

 

A Monte Cassino la compagnia era incaricata di rifornire i pezzi di artiglieria che distrussero l’abbazia. Wojtek aveva osservato i commilitoni portare le casse di proiettili dai camion ai pezzi: una volta che tutti erano impegnati si avvicinò al camion, prese una cassa e la portò con le altre, ripetendo poi l’operazione senza che nessuno gli dicesse nulla.

Non gli cadde nemmeno un proiettile nonostante il rumore degli spari e il fuoco tedesco. In seguito per il suo contributo venne promosso caporale.

 

 

Divenne una star: gli ufficiali si facevano fotografare insieme a lui e la compagnia ottenne come emblema la figura di un orso che portava un proiettile. Gli piaceva tantissimo nuotare: quando i soldati furono messi di stanza vicino l’Adriatico spesso andava alla spiaggia e si immergeva, spaventando a morte i passanti quando si sollevava, oppure faceva “il morto” per dar la caccia ai gabbiani.

 

 

 

 

La pace

Nel 1945 la sua compagnia venne trasferita a Grimsby, nel sud della Scozia, dove Wojtek di solito andava in giro per il parco con un soldato. Nel 1947 i commilitoni dovettero tornare in Polonia: per evitargli un altro trasferimento in un Paese tutto da ricostruire, lo lasciarono a malincuore nello zoo di Edimburgo.

 

 

Wojtek entrò nella gabbia di propria volontà, e da allora si diresse verso il pubblico ogni volta che sentiva una parola in polacco. Sembra riconoscesse anche certi tipi di musica, come quella di Chopin.

Alcuni soldati tornarono a trovarlo, e “combatterono” con lui nella gabbia come una volta.

Allo zoo accettava anche sigarette spente, visto che non potevano accendergliele prima, e imparò a bere tè con il latte, a volte “addizionato” con un pò di vodka.  Divenne molto noto tra i bambini scozzesi: fu spesso ospite di Blue Peter, una  trasmissione televisiva per l’infanzia, e la BBC gli dedicò uno speciale narrato da Brian Blessed.

 

 

Morì nel 1963, a 22 anni. In media un orso libero vive fino intorno ai 30, in cattività di più: ma Wojtek aveva avuto una vita molto avventurosa.

In Hearts of Iron IV l’achievement “Bearer of Artillery” è in suo onore.
Per i non anglofoni, il nome è un gioco di parole tra “bear” (orso) e “bearer” (portatore).

Tra i vari altri riconoscimenti dedicatigli ci sono una placca all’Imperial War Museum e una scultura al Museo Sikorski, oltre ad una statua in legno a Grimsby.

 

 

Il generale Anders rimase in  Scozia dopo la fine della guerra: a causa della censura che lo colpì nel blocco orientale, la storia di Wojtek venne poco pubblicizzata in patria.

Solo nel 2013 a Cracovia e ad Edinburgo sono state erette statue in suo onore. L’associazione polacco-italiana ha pubblicato un fumetto, a cura di due scuole superiori nei rispettivi Paesi, che è riportato nei link.

 

L’orso è un animale totemico dei popoli slavi, ne simboleggia cioè le qualità come il lupo per gli antichi Romani, o il cinghiale per i Celti, ecc.
Non è un caso il successo di Masha i Medved in Russia, dove Medved vuol dire letteralmente orso, mentre Masha è un diminutivo di Maria. Gli orsacchiotti in Russia di solito sono Misha, diminutivo di Michele: un ipotetico Masha i Misha si potrebbe tradurre con Mariuccia e Michelino.
Medved viene dal proto-slavo medui-(j)esti, a sua volta arrivato dall’indoeuropeo *medhu-ēdis, sempre con il significato dimiele-mangia”, molto simile al sanscrito madhuv-àd. e con tracce anche nell’antico inglese mead (che indica il miele o la bevanda fermentata che se ne ricava) e nell’italiano edibile.