E se le vostre innocue Friend Request, non fossero poi così innocue? Se una richiesta d’amicizia dovesse rivelarsi un virus, talmente letale da non riuscire a uscirne… vivi? Qui c’è davvero molto poco con cui scherzare, perché la rete “amica”, spesso e volentieri, potrebbe rivelarsi la nostra più acerrima nemica. Pronti a fare un tuffo nel deep web cinematografico?
Richieste d’amicizia, likes, commenti. Ormai queste parole sembrano essere diventati gli elementi principali con cui misurare la nostra popolarità. Non importa quanto sei bello, bravo e intelligente o con quanti amici vai la sera in discoteca, l’importante è avere molti “amici” su Facebook e tanti likes di cui vantarsi.
Eppure, così come la rete dà, la rete toglie.
Internet è un mondo di troni fatti di carta. Molto facile che uno di essi possa crollare, sotto il peso di foto compromettenti, video, post imbarazzanti. Non è molto difficile, basta anche dimenticare il proprio profilo Facebook loggato nel posto sbagliato e la nostra vita potrebbe essere distrutta in una manciata di secondi.
Non da meno è l’essere degli zero totali sulla rete. Zero amici. Zero likes. Zero condivisioni. Degli zero assoluti in tutto e per tutto, bullizzati sia fuori che dentro la rete.
Questi fenomeni hanno assunto con il tempo una valenza davvero incredibile. Il cyberbullismo si è sviluppato a tal punto negli ultimi anni da essere diventato una vera e propria minaccia da tenere costantemente sotto controllo.
Internet permette di esercitare un potere illimitato: giudicare, criticare, usare parole fortissime con la sicurezza di essere protetti da uno schermo, senza sapere chi ci sia dall’altra parte del monitor.
Non pochi sono stati i casi gravissimi, dal furto di identità (e relative calunnie) fino ai fenomeni di bullismo estremo, tanto da finire nel suicidio o nell’omicidio.
Basta anche solo indagare leggermente di più tra i vari profili social per accorgersi di quanto in là ci si possa spingere attraverso la rete.
Non è un caso se i social network stiano diventando dei veri e propri trampolini di lancio per un nuovo sotto genere thriller-horror.
Del resto siamo partiti anni fa con le biografie cinematografiche dei grandi pionieri dell’internet e delle nuove tecnologie, basti anche solo pensare a The Social Network di David Fincher e i loro lati più negativi.
You don’t get to 500 million friends without making a few enemies.
Questa frase, messa sulla locandina che traeva il volto di Mark Zuckerberg (interpretato da Jesse Eisenberg), proprio come se fosse l’immagine profilo di Facebook, riassumeva in pochissime parole il concetto più inquietante della nascita di Facebook stesso e del suo creatore, oltre a tutte le conseguenze che l’avvento, e la sempre più crescente popolarità di questo “raccoglitore di profili” avrebbe scatenato.
Parole inquietanti, nascoste dal lato più sgargiante della medaglia: la popolarità con pochi click. Friend Request, nuovo horror movie del tedesco Simon Verhoeven, con Alycia Debnam-Carey, William Moseley, Connor Paolo, Brit Morgan, Sean Marquette, Brooke Markham e Liesl Ahlers, in uscita l’8 Giugno, gioca proprio sul lato più pericoloso delle amicizie di Facebook.
Come si diceva prima, ciò che Facebook dà, Facebook toglie e basta veramente pochissimo per perdere la propria popolarità e credibilità. Questo lo imparerà a carissimo prezzo Laura (Alycia Debnam-Carey), protagonista di questo incubo online.
Laura è una ragazza simpatica, bella e assolutamente popolare. Non riesce a dire di no, soprattutto su Facebook, ma presto si renderà conto che aver accettato Marina, una compagna di corso piuttosto asociale tra i propri amici virtuali è stato il suo errore più grande.
Marina, infatti, è piuttosto assillante: continui messaggi, post, inseguimenti tra i banchi scolastici. Laura decide di toglierla dagli amici, ma Marina non accetta di buon grado quel rifiuto. Si suicida e decide di riprendere tutto con la web cam del computer. Il video, già dal giorno dopo, sarà virale. E indovinate da chi è partita la catena?
Laura, in pochissimo tempo, vedrà scivolare la sua vita, virtuale e fisica, dalla sue stesse mani. Ma, prima di lei, saranno i suoi amici a morire proprio per colpa di Facebook.
Paura, eh!? Bene, per scoprire come andrà a finire, ci toccherà andare al cinema e vedere quanto letale possa essere il nostro amato e odiato “faccia libro”. Intanto, diamo un’occhiata a cinque titoli, dal diverso successo e genere, che hanno anticipato Friend Request e dato vita a questo sotto genere che, lentamente, sta prendendo sempre più forma e consistenza.
Quali saranno stati i film sulla rete che non perdona?
Black Mirror
Charlie Brooker, 2011
Apriamo con un prodotto che non è propriamente un film, ma che è sicuramente su questo genere il modello migliore che possiamo trovare, proprio perché analizza i diversi aspetti potenzialmente pericolosi della rete.
Black Mirror di Charlie Brooker, serie antologica trasmessa dal 4 Dicembre 2011 su Channel 4, e che vedrà molto presto un seguito da 12 episodi prodotto da Netflix, è un prodotto che ha cambiato non solo il modus operandi della serialità, ma anche del genere.
Due stagioni di tre episodi ciascuna uniti esclusivamente dalla tematica: la tecnologia.
Black Mirror affronta, in modi differenti, le insidie che possono nascondersi dietro la rete e di quanto si sia sviluppata la dipendenza dell’essere umano nei confronti della tecnologia.
Feroce, cruento e disturbante, Black Mirror è una critica spietata al mondo moderno della comunicazione: dalla omologazione tramite i social network al vivere costantemente connessi sotto forma di avatar, quasi perdendo qualsiasi cognizione della realtà e, peggio, di umanità.
Una serie meravigliosa che non manca mai di stupire, in particolar modo nel suo primo epidodio. Assolutamente da vedere!
Chatroom
Hideo Nakata, 2011
Attratto da eventi di cronaca giapponesi, come la manipolazione online, Hideo Nakata traccia un film sull’identità letale del cyberspazio, portando i suoi personaggi a un punto di non ritorno. Sono davvero pochi i film di questo genere e, sebbene la pellicola stessa non sia perfetta, Nakata in Chatroom riesce a trasferire le ansie del mondo reale sui personaggi del suo film.
Protagonista è William, grande amante delle conoscenze attraverso chat room, che decide di creare una stanza virtuale dal nome Chelsea Teen. Cinque sono i coetanei attratti dalla stanza di William, ma quando si renderanno conto che qualcosa nel loro amministratore non va… sarà ormai troppo tardi.
Molto particolare è stato dare una consistenza reale al mondo virtuale della rete, creando una vera e propria stanza dove i personaggi sono seduti in circolo. Nakata cerca di ricreare le stesse dinamiche del mondo virtuale e di portare al cinema un tema importante di cui nessuno aveva mai parlato, in quel modo, fino a quel momento.
Il problema più grave di Chatroom è che purtroppo la mancanza di approfondimento, così come una sceneggiatura piuttosto scialba che non riesce a sviluppare la tensione drammatica, creano un risultato in bilico tra la mediocrità e la sufficienza.
Un film che inquieta, ma che non riesce a scalfire più di tanto lo spettatore.
Smiley
Michael J. Gallagher, 2012
Lo smiley, la faccina sorridente, è una di quelle emoticon che tutti conosciamo: formato da due semplici punti, come fossero occhi, e una parentesi messa come se fosse sorriso. Nella pellicola di Michael J. Gallagher, Smiley è tutto fuorché questo. Il suo sorriso è inquietante e presagio di vero orrore.
Smiley si manifesta nelle chat e ad evocarlo sono proprio i ragazzi che entrano in una particolare stanza e scrivono al proprio interlocutore tre volte la frase:
I did it for the lulz.
Ma ciò che avverrà dopo non ha nulla di divertente. Smiley è uno spietato serial killer che si nutre del sadismo dei giovani stessi attraverso le chat. Potremmo quasi definirlo una metafora, in chiave grottesca e splatter, del cyber bullismo di oggi.
Vi ricordate la leggenda di Bloody Mary, che appare solo se recitate sei ave maria, al buio, di fronte allo specchio? Bene, il concetto di Smiley è lo stesso.
Sebbene, però, l’idea di fondo non sia poi così male e riesca, inizialmente, a essere originale e avere un suo senso, a lungo andare la pellicola diventa piatta e scontata. La critica, infatti, a suo tempo non l’accolse nel migliore dei modi… e neanche il pubblico. L’esperimento è almeno servito a creare una serie di siti e chat fan made, dove tramandare la leggenda di Smiley.
Disconnect
Henry Alex Rubin, 2012
Presentato alla 69a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Disconnect è una pellicola che ha l’obiettivo di affrontare il cyberbullismo di petto, ma non solo.
La pellicola spazia in tre episodi differenti con personaggi differenti, andando dal cyberbullismo e le conseguenze di quest’ultimo, al furto di identità e clonazione dei dati personali, fino ad arrivare alle prestazioni sessuali online.
Un mondo sfaccettato, inquietante e disturbante.
Una realtà che passa dalla finzione del cinema, ma di fantasia in queste immagini non c’è assolutamente nulla. Disconnect gioca sulla scia del thriller, tra virtualità e realtà, paranoia e ossessione, e spinge i suoi personaggi al limite delle loro azioni.
Una costruzione molto pulita e ben definita quella del candidato all’Oscar Henry Alex Rubin, che fanno di Disconnect un film che va oltre la sufficienza, ma troppo rigido.
L’estrema pulizia della narrazione rendono difficile l’empatia con i personaggi, ancorando la storia a se stessa. Nonostante questo, Disconnect riesce ad arrivare al suo obiettivo: parlare dei legami umani usando la tecnologia come medium. Un film che, nonostante le sue imperfezioni, riesce comunque a colpire forte come un pugno nello stomaco.
Unfriended
Levan Gabriadze, 2015
Vero film evento dello scorso anno di casa Universal è stato Unfriended, cugino di Friend Request. Un horror girato con la metafora del found footage, prodotto dal russo Timur Bekmambetov (Ben-Hur, Hardcore) e comprato, successivamente, dalla Blumhouse Productions di Jason Blum (Paranormal Activity, Insidious, The Purge).
Unfriended sfrutta lo stesso principio di Friend Request, cioè la tematica principale sulla quale si basano i film visti fino a questo momento: il cyber bullismo.
Se in Chatroom c’è la manipolazione, in Smiley il sadismo e la curiosità e in Friend Request l’isolamento, Unfriended punta sulla diffamazione, in questo caso della sventurata Laura Barns, spingendola fino al suicidio.
Ma la vendetta è un piatto che va servito freddo, anzi… in rete!
La pellicola, nonostante una grande distribuzione, ha avuto una produzione molto economica. Il film è stato girato in un’unica casa, ma con i personaggi in stanze differenti.
Indispensabile, in questo caso, il lavoro fatto sui social media. Tutti i profili dei protagonisti, compreso quello della suicida Laura Barns, esistono ancora su Facebook e, addirittura, per qualche tempo è stato possibile chattare con lei su KiK Messenger.
Unfriended è il The Blair Witch Project dei nostri anni e il risultato è esattamente lo stesso: una pellicola semplice ma sperimentale che riesce a interessare e intrattenere.
Non un super horror, ma sicuramente un prodotto che in parte è in grado di coinvolgere, soprattutto per quelli che (come la sottoscritta) sono costretti a stare gran parte delle loro ore attaccati al PC con Skype, Facebook, Spotify e Word perennemente aperti.
Fin dove saprà spingersi Friend Request? E qual è il segreto dietro il “profilo killer” di Marina?
Friend Request vi aspetta dall’8 Giugno in tutte le sale italiane.