Presentato nella sezione In Concorso al 69esimo Festival De Cannes, Julieta è il nuovo film dello spagnolo Pedro Almodóvar, tratto dalla serie di racconti In Fuga della scrittrice canadese Alice Munro, in arrivo nella sale italiane il 26 Maggio.
Julieta segna il rientro di Pedro Almodóvar nell’universo femminile. Chi ama, o conosce un minimo, il cinema di Almodóvar, sa bene che come lui nessuno riesce a raccontare così meravigliosamente bene il mondo delle donne.
Dopo il non troppo apprezzato La pelle che abito e il tragi-comico Gli amanti passeggeri, Almodóvar riesce a tornare sul grande schermo con un dramma agrodolce che respira le atmosfere, i colori e le intenzioni degli anni migliori di questo cineasta.
Fiabesco e dai toni caldi, ma pastellosi; denso, intenso e carico di sentimenti, tormenti, sfumature colme di sofferenza e conseguenze. Julieta è una pellicola che fa ben valere lo stile del regista spagnolo. Ritroviamoi tipici tratti del cinema di Pedro Almodóvar fin dall’inizio, con un apertura sul dettaglio di un petto che respira, ricoperto da una stoffa rossa che nelle sue pieghe ricorda molto l’organo riproduttivo femminile.
Ci era mancato, e neanche poco. Almodóvar torna nuovamente al cinema con una pellicola che non vuole passare inosservata. Una pellicola che, forse, potrà sembrare esagerata, ma che ancora una volta vuole solo comunicare quel senso così macabro, e al tempo stesso autentico, della vita.
Julieta è un film che ha bisogno del suo tempo, di essere assorbito. Un film che necessita, addirittura, di una seconda visione per essere compreso nella sua complessità.
Madrid, 2016. Julieta (Emma Suárez) è una donna di mezza età intenta a lasciare per sempre Madrid e trasferirsi in Portogallo con il compagno Lorenzo (Dario Grandinetti).
Uno strano incontro con il passato, però, fa cadere Julieta in una spirale dalla quale aveva cercato con tutta se stessa di tenersi a debita distanza. Possiamo scappare dai nostri fantasmi quanto vogliamo, ma loro sapranno sempre come prenderci.
Julieta, presa dalla malinconia e dai vecchi tormenti, torna nel suo vecchio quartiere di Madrid, dove viveva con la figlia Antía. Qui, tra i colori, i profumi e i rumori di una vita che non le sembra più appartenerle, Julieta inizia il suo racconto per Antía.
Un racconto che inizia direttamente nel 1985, in una notte tempestosa su di un treno e una Julieta giovane (Adriana Ugarte), appassionata e ignara di come, quella notte, cambierà per sempre la sua vita.
Dal racconto al film
Julieta nasca da Juliet, personaggio presente in tre racconti dalla continuità narrativa all’interno della raccolta In Fuga di Alice Munro.
La Munro analizza la figura femminile di Juliet, attraverso le sue complessità e sfumature. La difficoltà di essere amante, di essere madre, di essere donna.
Juliet si ritrova a percorrere le stesse avventure e tragedie di Julieta che nella pellicola di Almodóvar assumono un’originalità più europea e tipicamente spagnola. Il regista aveva infatti iniziato ad adattare i racconti anni prima con l’intenzione di ambientarli a New York.
Successivamente, riprendendo in mano il progetto, plasmando il racconto con un carattere più simile ai suoi personaggi, il risultato prendeva una forma diversa e più complessa ma conforme allo stile del regista.
Juliet e Julieta sono due donne molto simili, ma mentre Juliet è una donna perennemente in fuga, Julieta è profondamente bloccata nei suoi luoghi, assalita dalla paura di “non essere ritrovata”.
Sebbene Julieta mantenga le radici dei racconti In Fuga di Alice Munro possiamo interpretarlo più come omaggio che come trasposizione, proprio perché capace di assumere una propria identità.
Di vita e morte, donne e amore
Julieta è il classico personaggio femminile di Almodóvar in bilico sui tormenti del passato, incapace di vivere il presente e progettare il futuro.
Fin dall’inizio Julieta ci appare così dolcemente indifesa, una bambina messa in un angolo. Donne fragili ma al tempo stesso forti. In questo ricorda moltissimo il bellissimo personaggio di Manuela, interpretato dalla bravissima Cecilia Roth, nello straordinario Tutto su mia madre.
Esattamente come Manuela, Julieta tenta disperatamente, e anche goffamente, nel ricercare una vita nuova al di fuori del passato, ma non può fare a meno di abbracciare il suo dolore e il suo senso di colpa, come se fossero delle fidate e inseparabili amiche.
Dall’altra parte abbiamo i “soliti” uomini morbosi, schiavi dell’amore delle donne.
Succubi a tal punto da diventare smaniosi, violenti, come nel caso di Légami!, in cui il protagonista, Ricky (Antonio Banderas), è vittima e carnefice della sua stessa prigioniera, Marina (Victoria Abril).
Uomini capaci di perdere la cognizione della realtà e del giusto e sbagliato, come nel caso di Benigno (Javier Cámara) in Parla con lei o Ángel (Gael Garcia Bernal) e Padre Manolo (Daniel Giménez Cacho) ne La mala educación.
Amori folli, malati. Amori al limite del paradosso, come quello tra Manuela ed Esteban (Toni Cantó) in Tutto su mia madre. Il cinema di Almodóvar è pieno di queste coppie che si amano con violenza e forza. Amori apparentemente profani, ma che nella loro essenza blasfema risultano, poi, essere avvolti da un’aurea celestiale.
Tematiche tipiche del cinema del regista spagnolo, come la vita e la morte. Quel senso tragico che conserva la vita, fatta più di dolori che di gioie, ma che sul suo finale riesce comunque a strapparti un sorriso. Quel sapore agrodolce che assumono le storie del regista, anche nel loro essere tragiche. Teatrale, estremo e morboso.
Storie colme di angoscia ma anche di speranza. Proprio sotto questo punto di vista, Julieta è un film ricco di quel simbolismo tipico di Pedro Almodóvar, che si rispecchia anche all’interno dei racconti di Alice Munro.
I volti del dolore
Julieta è un percorso di redenzione ma anche senso di colpa, che si passa tra le protagoniste del film come se fosse un virus. Una colpa che si accompagna al dolore, venendo nuovamente accompagnato da un’altra colpa ancora e, quindi, di conseguenza da altro dolore.
Un circolo vizioso entro il quale cadono tutti i personaggi: spetta a loro trovare il giusto cammino non per la pace, ma per poter convivere con quelle cicatrici che fanno parte di quella giostra chiamata vita.
Julieta è proprio come una bambina quando va sulle giostre. Non vorrebbe smettere mai e se i genitori la richiamano si mette a strillare; poi, però, troppo stanca non ce la fa più. La giostra diventa frenetica e allora si sente sopraffatta e non può più reagire. E non importa quante volte le dicano che glielo avevano detto, che non sa mai trovare una misura, le ripeterà sempre e comunque la stessa scena ogni volta.
Il dolore assume in questo film mille sfumature e passa da combinazioni diverse, spesso unendosi alla sofferenza della morte. Accettazione e rassegnazione, ma anche convivenza. Piccoli percorsi individuali che Almodóvar ha già affrontato in precedenti pellicole.
In questo caso, parlando di donne e di madri, così come di mogli, ricorda ancora una volta le atmosfere e le intenzioni di Tutto Su Mia Madre, sebbene Julieta non riesca ad arrivare a quella bellezza simbolica e struggente che Almodóvar toccò con quella particolare pellicola.
La sceneggiatura spesso rimane incagliata su stessa diventando, inevitabilmente, prevedibile. Il rischio di incorrere, ancora una volta, in tematiche molto care e che già si sono affrontante, sebbene in modo diverso, in altre pellicole, è quello di rendere lo spettatore scaltro nell’individuare il colpo di scena.
Julieta risente moltissimo di questo particolare e al tempo stesso subisce il peso della ripresa di Pedro Almodóvar dal torpore di qualche anno.
Molto significativa è una sequenza centrale, in cui il regista riesce a rappresentare con un gesto molto semplice il cambiamento di Julieta. In questo caso la scelta delle due attrici, Emma Suárez e Adriana Ugarte è perfetta. Le due riescono a dare una stessa armonia al personaggio, pur caratterizzandolo in modo differente.
La Julieta della Ugarte è ancora colma di vita e di speranza, prima che il suo primo grande dolore possa spezzarla in due. Alla Suárez tocca il compito più difficile: quello di riconquistare la speranza e andare oltre il senso di colpa.
A modo loro queste due donne, interpretazione dello stesso personaggio, sono fragili e forti. Sono donne instancabili e che non possono rassegnarsi, perché è più forte di loro. Sono pazze, di quella genuina follia tipica di questo modello di donna mediterranea di cui Pedro Almodóvar è maestro e amante . Passionale, eterna, capace di lasciar perdere tutto per abbandonarsi in una passione.
La tua assenza riempie totalmente la mia vita e la distrugge.
Julieta vi aspetta al cinema dal 26 Maggio!
- In Fuga di Alice Munro (amazon.it)