Gli scienziati invitano l’Unione Europea a fare pressione sul Governo Italiano perché finanzi adeguatamente la ricerca in Italia e porti i fondi per la ricerca a un livello superiore a quello della pura sussistenza. E richiamano il Governo Italiano a fare il suo dovere in questo settore cruciale per il futuro del paese.

L’Europa chiede attualmente ai Governi di rispettare i limiti sul bilancio, ma dovrebbe con altrettanta forza pretendere dai governi nazionali una soglia minima di finanziamento alla ricerca e sviluppo, come richiesto dal trattato di Lisbona (2000) e dal Consiglio Europeo di Barcellona (2002), che la fissava al 3% del PIL per il 2010.

 

 

Il Governo Italiano ha preso questo impegno non solo con l’Europa, ma anche con i cittadini Italiani e ha l’obbligo di rispettarlo. Noi richiediamo che il governo implementi con la massima urgenza un piano pluriennale per portare la spesa in Ricerca e sviluppo dall’attuale 1% fino al 3% del PIL e che lo rispetti nel futuro raggiungendo, sia pure in grande ritardo, l’obiettivo di Barcellona.

I dati sui finanziamenti in ricerca e sviluppo in percentuale sul PIL collocano l’Italia agli ultimi posti tra i paesi OECD. Il Sistema Universitario Italiano è da anni sottofinanziato (il fondo di finanziamento ordinario alle università è in continua discesa dal 2009 ad oggi). I fondi per la ricerca di base italiana, distribuiti su base competitiva ai progetti scientifici che sono valutati più validi, sono dieci volte di meno di quelli della Francia.

Per questo motivo 69 scienziati italiani, tra cui Giovanni Ciccotti, Duccio Fanelli, Vincenzo Fiorentini, Giorgio Parisi e Stefano Ruffo, hanno scritto una lettera, apparsa sulla autorevole rivista scientifica Nature il 4 Febbraio 2016.

 

 

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