Nonostante l’origine della vita sia uno di quei misteri che da sempre affascinano l’uomo, è solo da qualche decennio che la scienza si dedica a trovarvi una risposta. Più precisamente, dalla pubblicazione nel 1953 di un corto articolo, due pagine appena, di un giovane dottorando: Stanley Lloyd Miller.
Storicamente il dibattito sull’origine della vita verté sul capire se questa potesse sorgere da elementi inanimati o dovesse per forza derivare da altra materia vivente. Per lungo tempo si ritenne che i viventi potessero nascere dal decadimento della materia organica (abiogenesi), sino a che Francesco Redi prima e Louis Pasteur poi nell’800 non confutarono questa posizione. La vita non può non originarsi che da altra vita (Omne vivum ex vivo), questo l’assunto della biogenesi. Però.. come nacque la prima forma di vita?
Il brodo primordiale
Sulla questione ritornò Charles Darwin nel 1871, in una lettera ad un amico. Riprendendo il concetto di evoluzione da lui proposto ne “L’Origine della Specie”, il naturalista ipotizzò che la prima scintilla di vita potesse esser cominciata in una…
…warm little pond, with all sorts of ammonia and phosphoric salts, lights, heat, electricity, etc. present, so that a protein compound was chemically formed ready to undergo still more complex changes. At the present day such matter would be instantly devoured or absorbed, which would not have been the case before living creatures were formed.
Questa idea venne ripresa nel 1924 dal biochimico e biologo sovietico Alexander Ivanovich Oparin nel libro “L’origine della vita sulla Terra”. Egli propose che la generazione spontanea della vita fosse di fatto avvenuta una volta, ma non potesse più ripetersi date le differenze tra quelle che erano le condizioni sulla Terra all’epoca e quelle attuali.
Da una parte gli organismi ad oggi presenti consumerebbero subito quelli appena nati, dall’altra la presenza dell’ossigeno nell’atmosfera preverrebbe la sintesi di quei composti organici semplici necessari per la creazione della vita come noi la conosciamo: questa si sarebbe originata attraverso una graduale evoluzione delle molecole basate sul Carbonio nel brodo primordiale terrestre, in un ambiente privo di ossigeno e riducente.
Oparin propose che le sostanze chimiche organiche basilari potessero essersi formate spontaneamente in microsistemi, da cui le primordiali forme di vita si sarebbero poi evolute.
Da piccole molecole, inanimate e dal comportamento semplice, a grandi e multiformi composti, con proprietà e comportamenti complessi tipici della vita.
Ma mancava una dimostrazione, una simulazione della terra primeva che vedesse la creazione di materia organica: benché anche menti illustri come Melvin Calvin avessero provato a ricreare in laboratorio la nascita della materia organica, i risultati furono nel migliore dei casi scarsi.
Harold C. Urey, pioniere della cosmochimica, tenendo una conferenza all’Università di Chicago, osservò che sarebbe stato opportuno considerare meglio quale fosse esattamente l’atmosfera terreste di allora.
Nel settembre del 1952, quasi un anno e mezzo dopo aver assistito a quel seminario, ed essersi occupato di altro (collaborò con Edward Teller per determinare come gli elementi chimici si fossero formati all’inizio dell’universo), lo studente laureato in Chimica Stanley L. Miller propose ad Urey di compiere un altro esperimento di sintesi prebiotica per la propria tesi di dottorato.
Miller rifiutò di ripetere i vecchi esperimenti, sicuri ma poco conclusivi, per provare qualcosa di nuovo.
L’esperimento di Miller
Benché non troppo convinto del progetto, alla fine Urey cedette, e realizzò con Miller un apparato per simulare il sistema acqua-atmosfera della Terra di poco meno di 4000 milioni di anni fa, un caos di rocce, gas tossici ed alte temperature ben lontano dall’Eden.
Il marchingegno consisteva di due ampolle, l’una riempita di acqua e l’altra con due elettrodi, collegate da due tubi a formare un sistema isolato privo di ossigeno.
Scaldando l’acqua della prima sfera, questa evaporava verso la seconda camera, dove avrebbe riprodotto quanto avveniva negli oceani ribollenti dell’epoca: nella sua ascesa, ad essa si univano metano, ammoniaca ed idrogeno, ricreando la salubre atmosfera primitiva: le scariche elettriche rilasciate dagli elettrodi avrebbero poi simulato i fulmini delle tempeste allora frequenti, ed il tutto sarebbe ricaduto lungo il secondo tubo raffreddandosi.
Questo apparato riproduceva un sistema “pozza calda-fulmini”, mentre un secondo impianto, con temperature e pressioni più elevate, avrebbe imitato invece i vapori vulcanici, ricchi d’acqua, colpiti dalle scariche elettriche (invero Miller approntò anche un terzo macchinario, ma con magra resa).
I piccoli inferni in miniatura, messi in moto nell’autunno del 1952, fornirono subito a Stanley dei risultati: in soli due giorni era già presente della glicina (il più piccolo degli aminoacidi, che sono gli elementi costituenti le proteine).
Dopo una settimana di scariche elettriche le ampolle eran ricoperte di una patina oleosa e l’acqua aveva assunto un colorito giallo-marroncino: i campioni rivelarono anche la presenza di altri aminoacidi e varie molecole organiche, in quantità estremamente alte per la poca quantità dei materiali di partenza.
I risultati andarono a supportare la teoria del brodo primordiale di Oparin, dimostrando che molecole organiche si possono originare spontaneamente da sostanze inorganiche più semplici.
Dopo la morte di Miller, il 20 maggio 2007, furono ritrovate varie scatole piene di flaconi di residui essiccati.
Una serie di appunti che le accompagnava li identificava come parte risalenti ai suoi primi esperimenti con l’apparato “vulcanico”, parte invece come prodotti di un successivo esperimento con il primo macchinario addizionato di acido solfidrico (un gas esalato sempre dai vulcani), i cui risultati non vennero però mai pubblicati.
La tentazione era troppo forte, e così un manipolo di scienziati guidati da Jeffrey L. Bada analizzarono i campioni ritrovati con i mezzi moderni, circa 10 volte più sensibili di quelli disponibili all’epoca.
Dai campioni dell’apparato vulcanico saltarono fuori ben 22 aminoacidi (sia proteici che non proteici) e 5 ammine, molti dei quali non erano stati rilevati in precedenza da Miller, mentre invece l’esame dei campioni della variante solfidrica evidenziò la presenza di 23 aminoacidi 4 ammine.
Miller ottenne più di quanto credette, e chissà se rianalizzando quanto ottenuto dai predecessori non avremmo qualche sorpresa
Negli ultimi decenni la chimica prebiotica ha svolto numerose varianti dell’esperimento di Miller, ricreando particolari condizioni o aggiornandole alle nuove scoperte sullo status della Terra all’epoca: dai semplici amminoacidi si è giunti a ricreare anche molecole più complesse importanti per la vita, come zuccheri ed acidi grassi.
Zuppe, sfiatatoi e meteoriti
La formazione di molecole organiche può aver avuto luogo anche in latri modi: una valida alternativa al brodo primordiale viene presentata dalla teoria del mondo a ferro-zolfo di Günter Wächtershäuser.
Il passaggio di bollenti acque idrotermali unite a differenti gas attraverso sfiatatoi composti da minerali come le piriti ferrose, in ambienti ad alta pressione, avrebbe portato ad una serie di reazioni a catena autocatalitiche culminanti con la creazione di diverse molecole organiche attive.
Un altra possibile fonte di molecole organiche è lo spazio (pseudo- panspermia). La base dei composti organici è il Carbonio, il quarto elemento più diffuso nell’universo, e sin dagli anni ’70 è noto che la polvere interstellare consiste in gran parte di molecole organiche.
In effetti la terra raccoglie materia organica extraterrestre ogni giorno tramite la polvere interstellare che incontriamo (ne raccogliamo su più di 100 tonnellate l’anno, assieme a metalli e silicati), anche se nel nostro caso la fonte più importante furono le condriti carbonacee (un tipo di meteoriti).
Si stima che durante la fase più intensa del bombardamento meteorico sian giunte sulla terra fino a 5 milioni di tonnellate di elementi biogenici all’anno (ma niente DNA o roba complessa, ché il vuoto ed le radiazioni dure lo avrebbero demolito).
Queste teorie non sono mutualmente esclusive: tutte sono supportate da dati sperimentali ed hanno probabilmente trovato ampio spazio per realizzarsi sulla assai instabile Terra di allora, per vedere poi magari mischiati i propri prodotti nei frequenti sommovimenti tellurici.
ad oggi si crede che l’origine della vita vada ricercata nel concorrere di tutti questi eventi.
Conclusione
La vita non nacque all’improvviso dal nulla: numerosi eventi portarono alla creazione delle prime molecole organiche, che ne sono alla base. Il semplice esperimento di Miller, che diede sostanza alle idee di Darwin ed Oparin, ha permesso allo studio sull’origine della vita di esser oggi un florido campo di investigazione che vede coinvolti biologi, biochimici, bioinformatici e fisici.
Ad oggi rimane ancora da scoprire come dalle semplici molecole si sia arrivati a qualcosa di complesso come una organismo unicellulare, ma d’altra parte la risposta ad una domanda così antica non potrà certo esser facile da ottenere.
- Abiogenesis (wikipedia.it)
- A production of Amino Acids under possible Primitive Earth Conditions Miller SL 1953 (ncbi.nlm.nih.gov)
- The 1953 Stanley L. Miller experiment: fifty years of prebiotic organic chemistry Lazcano A & Bada JL 2003 (ncbi.nlm.nih.gov)
- The Miller volcanic spark discharge experiment Johnson AP 2008 (ncbi.nlm.nih.gov)
- Darwin’s warm little pond revisited: from molecules to the origin of life Follmann H & Brownson C 2009 (ncbi.nlm.nih.gov)
- Primordial synthesis of amines and amino acids in a 1958 Miller H2S-rich spark discharge experiment Parker ET et al 2011 (ncbi.nlm.nih.gov)