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È la mattina del 17 gennaio 1966 e un bombardiere strategico B-52G sta effettuando un rifornimento in volo sopra il Mediterraneo occidentale alla quota di 9144 m, sulla via di ritorno da una missione ai confini dello spazio aereo sovietico. Qualcosa va però per il verso storto, la bocchetta dell’aereo di rifornimento entra in collisione con la fusoliera del B-52 e scoppia l’inferno.

Gli abitanti del piccolo paese spagnolo di Palomares vedono una palla di fuoco accendersi in cielo, l’aerocisterna KC-135 precipita con i suoi 150000 litri di carburante in fiamme ed esplode a poche centinaia di metri di quota, uccidendo tutti i 4 membri del suo equipaggio.

Quattro bombe gravitazionali B28RI a testata termonucleare Mk-28.

Il B-52G perde l’ala sinistra e va in pezzi, ma 4 dei 7 membri dell’equipaggio si salvano eiettandosi dal bombardiere, che precipitando porta con sé il suo prezioso carico: Quattro bombe gravitazionali B28RI a testata termonucleare Mk-28 (con potenza fino a 1,45 Mt a seconda della versione).

Una bomba cade in mare aperto dove si inabissa, mentre le altre 3 cadono a terra nei pressi del villaggio spagnolo di pescatori di Palomares, in Andalusia. Di queste 3 una atterra con il paracadute aperto e sopravvive quasi intatta all’impatto, mentre nelle altre due parte dell’esplosivo convenzionale ad alto potenziale (HE) interno alla bomba detona, tramutandole di fatto in dirty bomb (bombe sporche).

 

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Un’ingente quantità di plutonio contamina gravemente terreni coltivati, fattorie e boscaglia.

Un’ingente quantità di plutonio (si stima fra 7 e 11 kg) si disintegra, brucia e, spinta da un vento di 30 nodi, contamina gravemente terreni coltivati, fattorie e boscaglia.

L’allarme scatta quasi subito, gli equipaggi di un altro B-52 e di un KC-135 poco distanti avevano assistito all’esplosione e il fatto viene così prontamente comunicato al comando del Sixteenth Air Force appena 10 minuti dopo l’incidente.

Si mobilitano immediatamente le squadre di ricerca: si è appena verificato un evento Broken Arrow.

 

 

 

Broken Arrow

Quello di Palomares non fu né il primo, né l’ultimo incidente riguardante armi nucleari americane (fu il 14°), tanto che il Dipartimento di Difesa (DoD) americano ha un nome in codice per eventi di questo tipo: Broken Arrow (freccia spezzata).

 

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Dal 1950 al 1980 si sono registrati, per quanto è dato sapere, 32 Broken Arrow e in 6 casi un’arma nucleare è stata persa e mai recuperata.

Un Broken Arrow è un evento inaspettato che coinvolge armi nucleari e può consistere nell’accidentale lancio, esplosione o incendio, oppure nella perdita o furto della testata.

Diversi incidenti hanno riguardato aerei come quello appunto di Palomares o quello di Thule o Goldsboro.

Alcune armi sono andate distrutte per effetto della detonazione dell’esplosivo convenzionale, un paio sono state lanciate per errore in mare, altre ancora completamente distrutte dal fuoco e alcune perse senza possibilità di recupero, come quando il 5 dicembre del 1965 un A-4 Skyhawk ebbe un incidente al decollo dalla portaerei USS Ticonderoga, 130 km al largo di Okinawa e si inabissò nelle acque del Pacifico insieme al pilota e ad una testata nucleare che tutt’oggi giace sul fondale oceanico a 4900 m di profondità, irrecuperabile e sottoposta a centinaia di atmosfere di pressione.

Diversi incidenti come quello di Palomares hanno determinato gravi contaminazioni e comportato il rischio di un’esplosione nucleare accidentale.

Dal 1950 al 1980 si sono verificati 32 Broken Arrow.

Le armi nucleari sono infatti progettate con grande cura per esplodere solo quando deliberatamente armate e attivate, ciononostante, per quanto improbabile, esiste sempre il rischio di un’esplosione accidentale, che nelle armi moderne è stimata in 1 su un milione, ma che nelle prime generazioni di ordigni, tra gli anni ’50 e ’60, era probabilmente molto più elevata, al di là delle rassicurazioni dei comandi militari.

Questo ha determinato nel corso degli anni il rischio concreto del verificarsi di quello che è probabilmente il più temuto degli incidenti nucleari, cioè un NUCFLASH, appunto un’esplosione nucleare accidentale, un Broken Arrow o un evento simile che innesca una catena di eventi che provocano lo scoppio di un conflitto nucleare.

Eventi quali quelli di Palomares o Goldsboro, se avvenuti sui confini sovietici avrebbero anche potuto sortire l’effetto di un NUCFLASH.

 

 

 

Operation Chrome Dome

Bisogna però capire perché un bombardiere strategico con armi nucleari volasse sui cieli della Spagna.

 

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Ci si trovava in piena Guerra Fredda e il mondo viveva da anni nell’incubo, concreto, di un conflitto nucleare che molti ritenevano inevitabile.

Il tutto si reggeva sul fragile equilibrio assicurato dalla distruzione mutua garantita (mutual assured destruction), la garanzia che nessuna delle due parti potesse annientare l’altra senza essere a sua volta annientata, per assicurare la quale USA e Unione Sovietica avevano incrementato a dismisura i propri arsenali nucleari, producendo migliaia di testate nucleari di vario tipo e potenza.

Gli USA temevano di non riuscire a rispondere ad un massiccio attacco nucleare sovietico.

Nonostante le innumerevoli armi dispiegate in mare e a terra sul proprio territorio e in vari paesi alleati nel mondo, gli USA temevano di non riuscire a rispondere ad un massiccio attacco nucleare sovietico.

I comandi militari temevano in particolare che, nonostante il continuo stato di allerta, un attacco nucleare a sorpresa sulle proprie basi aeree avrebbe potuto distruggere la maggior parte dei bombardieri strategici ancor prima che decollassero ed avevano così dato inizio nel 1960 all’operazione Chrome Dome.

Il B-52 coinvolto nell’incidente di Palomares operava proprio nell’ambito di questa missione.

Il B-52 di Palomares operava nell’ambito dell’operazione Chrome Dome.

Nel 1966 i bombardieri coinvolti nell’operazione Chrome Dome operavano su 3 diverse rotte (in precedenza c’era una sola rotta) e in ogni momento, 24 ore su 24, c’erano sempre un minimo di 12 B-52 in volo con 4 armi termonucleari ciascuno pronte all’uso, in missione su queste rotte.

Una verso nord-ovest passava sui cieli dell’Alaska fino ai confini dello spazio aereo sovietico.

download (1)Un’altra diretta invece verso nord, partiva dal nord-est degli USA, passava sul Canada e poi in circolo sopra alla Groenlandia, mentre la terza rotta attraversava l’Atlantico, passava sullo stretto di Gibilterra e il Mediterraneo, passando nei cieli di Spagna e Italia verso est, fino al Mar Adriatico, per poi tornare indietro. Il B-52 di Palomares percorreva proprio quest’ultima rotta.

In ogni caso dovevano sempre esserci bombardieri in un raggio di 2 ore di volo da obbiettivi strategici sovietici, che venivano costantemente monitorati.

In tutto avvennero 5 Broken Arrow nell’ambito dell’operazione Chrome Dome: gli incidenti di Goldsboro, Yuba City, Savage Mountain, Palomares e quello di Thule, che segnò la fine del programma.

Gli equipaggi erano sottoposti a livelli di stress elevatissimi, tanto fisici quanto psicologici, le loro missioni potevano durare anche 26 ore, durante le quali sapevano di poter ricevere in qualsiasi momento l’ordine dal Strategic Air Command di lanciare un attacco nucleare.

Le cabine degli aerei non erano certo progettate per essere comode, i piloti dell’epoca raccontano di essersi trovati in spazi angusti, spesso al freddo e con addosso un’ingombrante e scomodo equipaggiamento.

Vista la durata della missione dovevano cercare di dormire a turno su materassini gonfiabili ed alimentarsi, cosa comprensibilmente non facile vista la situazione.

Il momento più pericoloso della missione era sicuramente quello del rifornimento in volo.

Il momento più pericoloso della missione era sicuramente quello del rifornimento in volo, necessario nonostante la grande autonomia dei B-52 a causa della lunghezza delle missioni.

Ogni volta un’aerocisterna doveva avvicinarsi fino a 6 metri dal B-52 per poter collegare la bocchetta con precisione quasi millimetrica e scaricare circa 18 tonnellate di carburante altamente infiammabile ed esplosivo.

Tenuto conto di tutto questo si può ben comprendere quanto fosse elevato il rischio di un’incidente e conseguentemente di un Broken Arrow.

 

 

 

La dinamica dell’incidente

Alle 10:22 ora locale, fu effettuato quasi simultaneamente il rifornimento in volo tra 2 bombardieri B-52, il Tea 16 e 12 e le aerocisterne KC-135A, Troumbadour 12 e 14.

 

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Il rifornimento in volo dei B-52 era un’operazione di routine, ma comportava elevati rischi.

Si trattava di un’operazione di routine, eseguita da tutti i B-52 impegnati nell’operazione Chrome Dome e che durava solitamente non più di 10-12 minuti, ma che comportava elevati rischi legati alla velocità e vicinanza degli aerei, oltre che ovviamente alla enorme quantità di carburante trasportata dall’aerocisterna.

Una delle due operazioni di rifornimento si svolse come previsto, mentre gli altri due aerei, il Tea 16 e il Troumbadour 14, collisero in volo. La bocchetta del carburante colpì violentemente la fusoliera superiore e poi l’ala sinistra del B-52, provocando una grande esplosione a cui assistettero molti abitanti di Palomares.

L’aerocisterna precipitò in fiamme con più di 100 tonnellate di carburante, rimanendo sostanzialmente integra fino a poche centinaia di metri di quota, quando esplose uccidendo istantaneamente tutti i 4 membri dell’equipaggio. Il B-52 andò in pezzi in volo ad alta quota, ma 4 dei 7 membri dell’equipaggio si salvarono grazie ai sedili eiettabili.

Dopo aver assistito all’esplosione, l’equipaggio della seconda aerocisterna, la Troumbadour 12, invertì la rotta ed effettuò una ricognizione a bassa quota confermando l’avvenuto incidente pochi minuti dopo l’impatto.

All’incidente avevano assistito anche una nave britannica, navi spagnole ed un aereo di linea, così la gravità dell’incidente apparse subito chiara, i rottami del bombardiere avevano sfiorato il villaggio di Palomares, ma soprattutto 4 bombe-H erano disperse: si era verificato un Broken Arrow.

4 bombe-H erano disperse, si era verificato un Broken Arrow.

La macchina dei soccorsi si mise immediatamente in moto, i sopravvissuti furono recuperati a terra dalla Guardia Civil spagnola, che individuò poi anche i cadaveri carbonizzati delle vittime.

La notizia dell’incidente fu comunicata al Maggiore Generale Delmar Wilson della base di americana di Torrejon, vicino a Madrid, che a sua volta la comunicò al Strategic Air Command attivando tutte le procedure previste per i Broken Arrow.

Poche ore dopo il Generale Delmar Wilson era già sul posto con un Disaster Control Team e diede iniziò alle operazioni di ricerca.

Su segnalazione della Guardia Civil fu trovata per prima la bomba quasi intatta (denominata numero 1), che atterrata con il paracadute aperto su un soffice banco di sabbia era rotolata nel letto di un fiume a sud-est di Palomares, non lontana dal mare. Non c’era stata alcuna contaminazione radioattiva.

 

 

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La situazione delle altre due bombe, numero 2 e 3, era però ben diversa.

Le ricerche, riprese il mattino seguente, portarono alla scoperta nell’arco di un’ora delle bombe 2 e 3, che precipitate in caduta libera senza che si fosse aperto il paracadute, avevano violentemente impattato a terra ed erano state distrutte dalla detonazione dell’esplosivo ad alto potenziale.

 

 

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La bomba 2 aveva prodotto un cratere ampio circa 6 metri e profondo 3,

proiettando frammenti fino a poco meno di 100 metri, mentre la bomba 3 fu ritrovata entro i confini del villaggio di Palomares, o meglio fu ritrovato ciò che ne rimaneva, visto che era stata completamente distrutta dall’esplosione e frammenti erano stati proiettati fino a quasi mezzo chilometro di distanza.

Apparve subito chiaro che il plutonio aveva contaminato vaste aree, poi quantificate in un totale di circa 2 chilometri quadrati, in modo molto grave.

Le bombe 2 e 3 si erano tramutate in dirty bomb.

Le bombe 2 e 3 si erano tramutate di fatto in dirty bomb, bombe che attraverso la detonazione di esplosivo convenzionale diffondono su ampie aree materiale radioattivo.

Le dirty bomb sono uno degli incubi delle unità antiterrorismo moderne, non tanto per l’effetto letale quanto per il panico che causerebbero a livello globale se fatte esplodere in grandi città occidentali, ma quando si considera questo pericolo si parla di sostanze a bassa radioattività, visto anche che nessuno probabilmente sprecherebbe preziosissimo uranio arricchito o plutonio per questo scopo, mentre in questo caso il contaminante era proprio plutonio.

La bomba 1, quella intatta, fu sollevata con un elicottero e poi trasportata alla base di Torrejon con un camion, per essere poi riportata negli USA.

 

 

 

Contaminazione

La bomba numero 1, la prima ad essere individuata, era quasi intatta e non determinò alcuna contaminazione radioattiva, prodotta invece in modo molto grave dalle bombe numero 2 e 3 (in particolare la 2).

 

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Nel momento in cui l’esplosivo ad alto potenziale delle bombe 2 e 3 è detonato, non si è prodotta alcuna esplosione nucleare, ma il nucleo di plutonio delle bombe, distrutto, è venuto a contatto con l’umidità dell’aria ed ha formato ossidi e idruri di plutonio (aumentando tra l’altro notevolmente in volume).

In questo modo si è formata una nube di polvere di materiale piroforico (gli idruri di plutonio), che si incendia spontaneamente a temperatura ambiente e che bruciando ha così formato una nube radioattiva di finissime particelle di composti di plutonio, che si sono poi diffuse spinte da un vento intenso di 30 nodi su vaste zone di terreno.

 

Spesso il plutonio viene descritto come la sostanza più letale conosciuta, ma in realtà non è così. Infatti per quanto il plutonio sia straordinariamente pericoloso in tutti i suoi isotopi e composti, esistono sostanze notevolmente più letali. Il radio ad esempio è 200 volte più radiotossico del plutonio, mentre la tossina botulinica ha una dose letale di circa 0,3 microgrammi per kg di massa corporea, di molto inferiore a quella necessaria di plutonio per incrementare in modo significativo il rischio di tumore ai polmoni.Il plutonio emette radiazione alfa, scarsamente penetrante (non penetra nemmeno la pelle umana), ma se inalato determina un grave avvelenamento da radiazioni e si accumula nell’organismo (nel midollo osseo, nei polmoni, nel fegato).

Altro pericolo riguarda il rischio di incendio nel caso in cui il plutonio venga a contatto con l’umidità dell’aria formando idruri di plutonio, sostanza piroforica. Il pericolo del plutonio in quanto sostanza tossica, andrebbe probabilmente distinto da quello inerente il suo uso come materiale fissile per creare armi nucleari.

 

Immediatamente dopo aver localizzato i resti delle bombe 2 e 3, i militari americani procedettero a monitorare la radioattività della zona. Le rilevazioni del livello di contaminazione furono fatte in termini di CPM (counts per minute) con un contatore Geiger PAC-1S rilevando la radiazione alfa.

Le rilevazioni presentavano diversi problemi, infatti le particelle alfa sono poco penetranti (basta un foglio di carta a fermarle) e fu necessario contattare il costruttore dello strumento per stabilire una corrispondenza affidabile fra le misure in CPM e la quantità di materiale radioattivo in microgrammi per metro quadrato.

Proprio l’esperienza dell’incidente di Palomares portò allo sviluppo di un nuovo rilevatore di radiazioni (per rilevare raggi X e gamma), che fu poi usato allo stato di prototipo a Thule.

 

Nel sito della bomba 1 non c’era stata contaminazione radioattiva, che era invece molto grave nelle zone contaminate dai resti delle bombe 2 e 3.

Nel terreno immediatamente circostante i frammenti delle bombe, le letture degli strumenti risultavano fuori scala (> 2000000 CPM).

Il terreno maggiormente contaminato fu rimosso e sigillato in barili, per il trasporto in un sito protetto negli USA.

Nelle zone dove le misurazioni superavano i 60000 CPM, cioè contaminate in modo grave, in accordo con le autorità locali, lo strato superficiale (circa 10 cm) di terreno fu semplicemente rimosso e poi sigillato in 5500 barili (prodotti appositamente da un contractor a Napoli) insieme alla vegetazione maggiormente contaminata, per poi essere inviati in un sito protetto negli USA. In tutto, fra terreno e vegetazione, furono portate via dalla Spagna circa 1500 tonnellate di materiale.

I frammenti delle bombe 2 e 3 furono recuperati e sigillati in contenitori appositi dal personale del Explosive Ordinance Disposal, per poi essere trasportati a San Javier, Torrejon ed infine ad Amarillo in Texas per via aerea.

 

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Le coltivazioni nell’area furono distrutte e si invitarono gli abitanti a bruciare i propri vestiti.

Nelle vaste zone di terreno con livelli superiori a 700 CPM, lo strato superficiale (circa 20-30 cm) fu invece scavato, poi lavato con acqua, rimescolato e ancora rilavato per ridurre al minimo la radioattività.

Le coltivazioni nell’area furono distrutte e si invitarono gli abitanti a bruciare i propri vestiti. In tutto l’area contaminata in vario modo fu di circa 2 chilometri quadrati.

 

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Nel tentativo di minimizzare l’entità dell’incidente, l’8 di marzo il ministro spagnolo del turismo Manuel Fraga Iribarne e l’ambasciatore americano Angier Biddle Duke si fecero riprendere mentre nuotavano nel mare di fronte alle spiagge di Palomares.

Ovviamente la dimostrazione era di per sé inutile, la radioattività dell’acqua era irrilevante, mentre la contaminazione vera e propria era avvenuta a terra dove erano esplose le due bombe (tra l’altro la bomba caduta in mare era rimasta intatta e non c’era stata alcuna contaminazione).

Ben altra dimostrazione sarebbe stata mangiare dei pomodori di Palomares o aggirarsi nei pressi del paese senza protezioni.

Tutt’oggi si rilevano segni rilevanti di contaminazione, anche se ufficialmente non si registra un solo morto dovuto alla contaminazione radioattiva ed a più riprese la Spagna ha chiesto agli USA di finanziare una (costosa) bonifica definitiva della zona.

Tuttora circa 40 ettari di terreno sono recintati ed off-limits,

si rilevano ancora tracce di contaminanti radioattivi, soprattutto Americio, derivato dal decadimento del Pu 241 (tempo di dimezzamento di circa 14 anni) e Pu 239 (tempo di dimezzamento di circa 24100 anni).

Ciononostante acqua e cibo di Palomares non sembrano più contaminati.

Ciononostante acqua e cibo di Palomares non sembrano più contaminati. Non ufficialmente, alcuni esperti americani hanno fatto notare che operazioni di bonifica solo parziali potrebbero risultare più pericolose che non fare nulla, in quanto si potrebbero smuovere le quantità residue di materiale contaminante (diverse centinaia di grammi) diffondendole nell’aria.

 

 

 

La quarta bomba

Nonostante le intense ricerche a terra, la quarta bomba mancava però ancora all’appello, ogni possibile sito d’impatto, ogni avvallamento o pozzo era stato sistematicamente esplorato senza successo.

 

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La svolta nelle ricerche si ebbe quando fu ritrovato il portellino metallico posteriore della bomba, da cui esce il paracadute principale.

Si comprese che il paracadute si era aperto e il vento poteva aver spinto la bomba in mare aperto. Iniziò subito un’imponente operazione di ricerca, aerei F-101 Voodo fornirono foto aeree della grande zona di mare in cui si pensava potesse essersi inabissata la bomba e fu richiesta l’assistenza della US Navy che 5 giorni dopo l’incidente, il 22 gennaio, iniziò le operazioni di ricerca a cui parteciparono oltre una dozzina di navi e diversi mezzi subacquei.

Decisiva fu la segnalazione di un pescatore locale, Francisco Simò Orts (da allora noto come “Paco el de la bomba”) che aveva visto l’esplosione degli aerei e poi la bomba cadere in mare con il paracadute aperto e poté così indicare il punto in cui focalizzare le ricerche.

 

Un ruolo importante nella localizzazione della bomba fu svolto dal Dr. Craven, applicando la teoria di ricerca bayesiana.Si tratta di un metodo di ricerca matematico, basato sulla statistica bayesiana, che tenendo conto dei dati raccolti permette di suddividere l’area di ricerca in una griglia di settori, ciascuno con una determinata probabilità di ospitare l’oggetto cercato.

La probabilità dei vari settori varia nel tempo, mano a mano che le ricerche procedono fino alla localizzazione dell’oggetto cercato.

La tecnica permette inoltre di stimare la probabilità di completare la ricerca in un determinato numero di giorni. É stata applicata con successo a varie ricerche nel corso degli anni.

 

Questa fu la più costosa operazione di ricerca e recupero in mare mai effettuata dagli USA fino ad allora, essendo costata ben 10 milioni di dollari dell’epoca.

Le operazioni di ricerca, nonostante l’imponente dispiegamento di mezzi e uomini erano estremamente complesse, oltretutto le navi spia russe che osservavano a distanza le operazioni di ricerca erano forte motivo di preoccupazione per gli americani, che temevano che i russi, dotati come loro di tecnologie di recupero subacqueo, potessero trovare la bomba prima di loro.

 

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Alla fine ci vollero 80 giorni di ricerche per individuare la posizione della bomba.

Alla fine ci vollero 80 giorni di ricerche per individuare la posizione della bomba, che grazie al minisommergibile DSV Alvin fu infine localizzata il 17 marzo, su un ripido pendio subacqueo (70° di pendenza) a 780 m di profondità, praticamente intatta.

Si tentò un primo recupero, che però fallì: la bomba sfuggì al mezzo subacqueo sprofondando a 880 m, dove fu nuovamente individuata solo il 2 aprile.

 

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Il 7 aprile un mezzo automatizzato per il recupero di siluri, CURV-III, tentò un nuovo recupero, ma rimase impigliato nelle corde del paracadute della bomba, si decise allora di sollevare il mezzo insieme alla bomba, che arrivata a 30 m di profondità fu imbragata dai subacquei e finalmente recuperata con successo dalla USS Petrel.

 

 

 

Rischi attuali

Un evento meno grave di un Broken Arrow, definito Bent Spear (lancia piegata), si è verificato solo pochi anni fa, nel 2007 il 29-30 agosto quando sei missili da crociera AGM-129 ACM, ciascuno con una testata nucleare W80 sono stati trasportati da un B-52, senza autorizzazione, tra le basi di Minot e Barksdale.

A causa di gravi violazioni nei protocolli di sicurezza 6 testate nucleari di elevata potenza hanno così volato all’insaputa dei comandi militari. Si tratta di un evento meno grave, ma che avrebbe potuto teoricamente dare origine a un nuovo Broken Arrow e che dimostra quanto sia difficile gestire un’arsenale nucleare grande quanto quello americano.

Gli ordigni nucleari non hanno durata illimitata, richiedono una manutenzione continua e il loro smantellamento è un’operazione molto costosa e complessa, a causa della grande quantità di materiale fissile che contengono.

Abolire completamente gli arsenali nucleari è di fatto impossibile. Quando nel 1945 è esplosa Trinity nel deserto del New Mexico, si è scoperchiato un vaso di Pandora che non sarà mai possibile richiudere.

Nessuna potenza nucleare smantellerebbe completamente il proprio arsenale senza poter avere la certezza, impossibile, che potenziali nemici attuali e futuri facciano altrettanto.

Ovviamente è però auspicabile una progressiva riduzione degli arsenali, che necessità però dell’adesione di tutte le potenze nucleari e la rinuncia di tutti i paesi che ora non hanno armi nucleari a cercare di ottenerle. Si tratta ovviamente di un’impresa alquanto ardua, viste le attuali tensioni internazionali.

Discorso a parte andrebbe poi fatto per l’arsenale nucleare ex sovietico, oggi completamente (si spera) in mano alla Russia. Si hanno informazioni molto scarse a riguardo e gli standard di sicurezza potrebbero essere in questo caso molto inferiori a quelli dei paesi NATO, non tanto per il controllo delle testate, quanto per la loro manutenzione.

Il 17/01/1966 morirono i 4 membri dell’equipaggio del KC-135:

  • Master Sergeant Lloyd Potolicchio
  • pilot Major Emil J. Chapla
  • copilot Captain Paul R. Lane
  • navigator Captain Leo E. Simmons

e i 3 membi dell’equipaggio del B-52:

  • First Lieutenant Steven G. Montanus
  • electronic warfare officer First Lieutenant George J. Glessner
  • gunner Technical Sergeant Ronald P. Snyder