Mia moglie urla, ma io ho solo occhi per te.
Mi sono innamorato di te appena ti ho vista, lì, nuda, ricoperta del suo sangue, inconscia di quello che sta accadendo, di quello che le stai facendo.
Lei continua ad urlare.
Non penso che tu sia cosciente del dolore che le stai infliggendo, non penso che tu sia cosciente di tutto quel sangue, e francamente al momento non mi importa.
Lei urla ancora.
Sono egoista, non mi sto curando del suo dolore, lo so. Non posso fare altro che guardarti. Voglio stringerti tra le mie braccia, baciarti.
Mia moglie continua ad urlare.
Mi dicono qualcosa, non capisco le parole, per quello che so stanno parlando una lingua aliena.
Mi fanno dei gesti, questi li capisco. Mi stanno dicendo di spostarmi. Gli rispondo di no, che voglio prenderti e non voglio spostarmi.
Mia moglie urla ancora.
Mi guardano storto, come se avessi detto qualcosa di sbagliato, ma mi rendo conto che non parlano la mia lingua. Ti indico, e faccio il gesto di abbracciarti e baciarti, e di nuovo mi dicono di allontanarmi, di farmi da parte e non intralciarli.
Mia moglie urla di meno.
Mi trascinano fuori dalla stanza, mi portano in una stanza diversa, dove non ci sono urla, non c’è sangue. Una di loro ti porta qui da me, mi fanno scrivere un numero sul tuo petto.
Ti sdraia su un lettino, mi fa delle domande, non capisco, glielo dico ma mi ignora.
Ti puliscono, ti avvolgono in una coperta, ti mettono tra le mie braccia, poi mi rimandano nell’altra stanza.
Mia moglie non urla più.
Ha gli occhi chiusi.
Ti metto lì, sdraiata accanto a lei.
Non c’è più sangue, l’hanno pulito.
Mia moglie, tua madre, apre gli occhi, ti guarda, sorride, non prova più alcun dolore.
Tra due giorni vi porto a casa.