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L’Aruspicina etrusca

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L’Aruspicina era un’arte divinatoria, a quell’epoca considerata scienza, utilizzata dagli etruschi che consisteva nell’esaminare viscere di animali sacrificati per trarne segni divini e propiziatori.

Gli etruschi erano un popolo molto religioso, anche loro come i Greci, credevano in una moltitudine di divinità, come Tinia, Uni o Lasa, assimilabili a Zeus, Hera e Nympha.

Ma la cosa che affascina di più del loro culto è la complessità con la quale dislocavano queste divinità all’interno del mondo in cui vivevano.

Non bastava pensare che quest’ultime li guardassero dall’alto (come gli dei dell’Olimpo greco) ma ognuna doveva avere un proprio posto, uno spazio ben definito ed immutabile.

L’immagine qui sotto mostra proprio il modo in cui veniva concepito e suddiviso il cosmo.

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La volta celeste è attraversata da due rette perpendicolari, il Cardo e il Decumano.

L’intersezione di quest’ultime forma quattro quadranti differenti: partendo dal decumano e andando verso est si articola la pars familiaris, mentre verso ovest la pars hostilis.

Partendo invece dal cardio, andando verso nord si incroca la pars postica, verso sud la pars antica. Ogni quadrante è inoltre ripartito in sedici regioni caratterizzate da gruppi diversi di divinità.

In senso orario: divinità celesti, della natura, terrestri e infernali e del fato.

 

 

Il fegato di Piacenza

Un indizio importante che ci dimostra dal punto di vista archeologico questa dottrina teologica così complessa  è Il fegato di Piacenza.

 

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Questo strumento venne ritrovato casualmente da un contadino durante l’aratura di un campo nel 1877 a Settima, frazione di Gossolengo (PC), ed è conservato dal 1894 nel Museo Civico di Piacenza, situato presso il Palazzo Farnese.

Il frammento è la dimostrazione materiale di come gli etruschi distribuivano le diverse divinità all’interno della volta celeste.

Il fegato è infatti diviso in sedici caselle (comprese in quattro regioni) in ognuna delle quali sono iscritti i nomi propri delle divinità.

Il fegato veniva utilizzato durante l’aruspicina come modello concreto e tangibile della ripartizione dell’universo.

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L’aruspice (identificabile come un monaco dell’antichità) sacrificava animali per poi esaminarne le viscere: fegato, milza,cuore e polmoni ,anche se, non tutti avevano la stessa importanza.

Quest’analisi serviva all’aruspice per trovare le risposte ad interrogativi  che venivano rivolti alle divinità e per presagire il futuro.

La domanda sorge spontanea :

In che modo questi monaci riuscivano attraverso semplici organi di animali a rivelare la volontà divina?

Essi consideravano il colore,  le dimensioni, la consistenza nel complesso e nelle singole parti.

Nel caso del fegato, che era l’organo maggiormente utilizzato, si esaminava il cosiddetto caput iocineris, ovvero il lobo piramidale e la vesica fellea, ovvero la cistiffelea.

La difficoltà consisteva  nel capire le anomalie delle varie parti e attribuirle, utilizzando come modello il fegato di Piacenza, alle diverse divinità.

I casi erano tanti: per esempio, se in un fegato era assente il caput iocineris se ne ricavava un responso negativo se invece era di dimensioni più grandi del normale se ne ricavava un responso positivo.

 

Battaglia di Azio,2 settembre 31 a.C.

Battaglia di Azio,2 settembre 31 a.C.

“Questa è la differenza tra noi e gli Etruschi…  sono convinti che le cose hanno un significato non perché avvengono, ma che esse avvengono in quanto portatrici di significati”Seneca

Nel racconto di Plinio il Vecchio si narra che durante la battaglia di Azio gli aruspici di  Ottaviano esaminarono il fegato di un toro.

Trovarono che la vesica era più grande del normale, siccome questa parte veniva assimilata a Nettuno ne desumevano un responso positivo.

La guerra,infatti, finì con una vittoria.

Al giorno d’oggi potrà sembrarci una futile credenza, ma tanti secoli fa era parte della morale di un popolo, questo credeva e confidava negli dei che dispensavano coraggio tra le genti.

Giusto o sbagliato che sia uomini valorosi hanno vinto sanguinose battaglie perché accompagnati da auspici positivi.

Giusto o sbagliato che sia uomini valorosi hanno vinto sanguinose battaglie perché accompagnati da auspici positivi, preghiere e rivelazioni divine, forse era solo un modo per convincere se stessi o per credere in qualcosa, ma questo qualcosa ha determinato in un modo o nell’altro, la storia di questi popoli cioè la nostra storia.

 

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