La news è di questa notte e oggi sono tutti intenti a farsi la stessa domanda: che se ne fa Facebook di Oculus, l’azienda che produce gli occhialoni per realtà virtuale Rift?
Ieri sera come al solito prima di andare a dormire mi sfoglio le ultime news e una in particolare mi fa saltare nel letto.
Breaking: Facebook compra Oculus per 2 miliardi di dollari! http://t.co/XcuVbqYO8h pic.twitter.com/fGCh7dfKPS
— Antonio Moro (@itomi) March 25, 2014
I primi commenti sulla rete sono quelli che ci si aspetta dopo un’acquisizione da parte di Facebook ultimamente.
:iani_trancecat:
“Progetto rovinato”, “bella merda”, “metteranno la pubblicità anche qui” e via di sfoghi da hater, attività in gran voga ultimamente, soprattutto verso Facebook e Apple.
Ora, sorvolando su tutta la merda gratuita che gira su internet e che ha lo stesso valore di una banconota da 6000 lire, la vera domanda è appunto:
Cosa se ne fa Facebook di Oculus?
La risposta è semplice quanto ambiziosa ed è contenuta anche nella dichiarazione di Zuckerberg dopo l’acquisizione:
We […] want to start focusing on building the next major computing platform that will come after mobile.
e ancora:
Today’s acquisition is a long-term bet on the future of computing. I believe Oculus can be one of the platforms of the future.
E se non bastasse, ecco cosa dice Chris Dixon di Andreessen Horowitz, uno degli investitori di Oculus che ha seguito l’acquisizione da parte di Facebook:
The way to understand this purchase is to think of Google buying Android in 2005. That confused a lot of people at the time. Facebook believes that virtual reality will become the next major platform, the same way mobile computing did, and they want to make sure they have a big stake in that.
Insomma, per Facebook e Oculus la realtà virtuale sarà una delle grandi piattaforme del futuro e, chiaramente, vogliono essere presenti quando esploderà e diventerà appetibile per il mercato consumer e, di conseguenza, per la pubblicità e la monetizzazione dei suoi utilizzatori.
Ho provato il primo prototipo del Rift, ce lo abbiamo in studio, e, sinceramente, non mi ha colpito molto. Soffre di tutti i difetti di un prodotto appena nato e immaturo. Lag, poca definizione, scomodità, pochissime applicazioni reali.
Ma non ci vuole un grande genio per vederci grandi potenzialità: la realtà virtuale l’abbiamo sognata negli anni novanta e potremo forse averla sul serio nel prossimo decennio se l’evoluzione tecnologica continua al passo attuale.
- Il pedale premuto sul futuro (leganerd.com)
Di sicuro una cosa questa acquisizione di Facebook l’ha già fatta: dare la definitiva credibilità ad un settore, quello della realtà virtuale, che è stato fino ad oggi solo una idea promettente su cui fare ricerca e sviluppo e tirare fuori semi prototipi buoni per far parlare un po’ la stampa mondiale e poco più.
Sony aveva già dato questo mese un’altra spinta di credibilità al settore presentando il suo Project Morpheus, il suo visore per VR attualmente in fase di prototipo (appunto), ma ancora non si erano visti movimenti tali da trasformare una buona idea in un’idea in cui investire miliardi di dollari.
Facebook vuole essere presente in forze quando (e se) la realtà virtuale diventerà davvero una piattaforma consumer in cui fare nuove esperienze e monetizzare fino all’ultimo centesimo di ogni babbano la fuori, ma prima di arrivarci passeranno ancora molti anni.
I prototipi attuali già fanno fatica a ingannare l’occhio decentemente: le immagini sono poco definite per via della potenza attuale dei computer medi (ricordiamoci che si tratta di mostrare non una, ma due immagini ad alta risoluzione e altissimo FPS) e hanno un fastidiosissimo lag dovuto alle tecnologie di tracking ancora assolutamente insufficienti.
Per arrivare ad una vera VR si dovrà trovare il modo di ingannare perfettamente l’occhio e, soprattutto, di arrivare anche agli altri sensi: missione per ora a cui sono arrivati in maniera soddisfacente solo i romanzi di fantascienza.
Invece di tirare merda come al solito su Zuckerberg dovremmo oggi ringraziarlo di aver dato credibilità ad un settore che fino ad oggi ne aveva pochina, piantando un seme che farà senz’altro nascere altre aziende, porterà altri investimenti e, se la tecnologia si dimostrerà davvero capace di fare la differenza, ci farà realizzare i nostri sogni di bambini, portandoci speriamo tra un po’ di anni a passare per davvero le serate in altri mondi.