La storia di Fukushima potrebbe diventare uno dei più pazzeschi disaster movie della storia. Anche se alla fine risulterebbe più che altro un b-movie, visto che il confine che separa i due generi viene abbondantemente superato dal nostro eroe “Riccardo“, fomentato anziché protetto dalla sua spalla Maria Melania, che lo lancia funambolicamente verso lo sfacelo, in un’iperbole di fotogrammi in cui manca solo satana che, al centro della terra, riceve il pacchetto dono dei tre noccioli fusi e ne fa un ordigno per annientare le prime tre cerchie celesti.
E dire, che tutti i bravi sceneggiatori conoscono bene il semplice criterio per evitare di cascare nel demenziale: basta attenersi alla scienza.
La scienza, quella che suggerisce sempre l’unico modo in cui un fenomeno possa evolvere, perché gli altri, semplicemente, non sono possibili.
Non su questo pianeta, su questo universo, in cui valgono queste leggi fisiche fondamentali. Punto. Tutto qua.
Una mela che si stacca dal ramo non potrà mai andare verso l’alto. E anche Riccardo lo dice, anche se in modo un po’ confuso:
Attenzione, ‘il centro della terra’ è una direzione. È la direzione che potrebbe, per assurdo, prendere ogni corpo.
Ma come per assurdo, Riccà? Per forza, non per assurdo! Che confusione. Sarà perché la ami? Te lo auguro, altrimenti toccherebbe revocarti la laurea!
Lasciamo comunque perdere per un attimo sarcasmo e polemiche (in fondo, nessuno può essere costretto a sapere la legge di gravità, a pensare in modo logico o ad essere onesto, giusto?).
Tenendo a mente il tema centrale dell’articolo:
I noccioli non si sa dove siano, ma sembra che abbiano cominciato a fare come trivelle scatenando una serie di reazioni a catena e si stanno dirigendo verso il centro della terra! Nessuno sa cosa potrebbe accadere!
i punti chiave della questione sono:
- “I noccioli non si sa dove sono, forse si sono fusi, forse chissà”. “Questi noccioli si stanno comportando come delle trivelle. Hanno penetrato la crosta terrestre e si dirigono verso il centro della terra”.
- “Il problema è la reazione che questo potrebbe provocare”.
- “Ci sono due ipotesi: la prima vede i noccioli dei reattori creare delle reazioni a catena fino a determinare una sorta di esplosione proveniente dalle profondità della crosta. La seconda ipotesi invece prevede che i noccioli causino soltanto perdite incontrollate di reazioni fino poi a raggiungere il completo spegnimento dei noccioli”.
- “L’effetto sarà equivalente a una maxiesplosione sotterranea del tipo di quelle che americani francesi e inglesi usarono negli anni 50 e 60 per le bombe H. Il grave sta nei 4 ordigni contemporanei e nella mancanza di controllo. Dobbiamo aspettarci qualcosa come un maxi terremoto, o vari sciami sismici, o sequenze di terremoti e eruzioni. E alterazioni climatiche a contorno”.
Il tutto, in una situazione in cui nessuno sa come intervenire, e il Giappone ha alzato le mani supplicando l’aiuto del mondo intero.
Proviamo ora a rispondere all’articolo analizzandolo in modo asettico. Asettico cioè scientifico. Einstein ci sia testimone.
Togliamo ogni dubbio: i noccioli si sono fusi.
Semplicemente perché, subito dopo l’inizio dell’incidente, non si riusciva a raffreddarli. Una cosa diventa calda se accumula più calore di quanto se ne porti via, e così è stato fino a che i pompieri giapponesi non sono riusciti ad innaffiare i tre reattori con acqua di mare.
Il tempo passato senza raffreddamento è stato così lungo, specie per il nocciolo del reattore dell’unità 1, che si è scaldato tanto fino a raggiungere il punto di fusione.
Il fatto che un nocciolo fonda non vuol dire che scavi la crosta terrestre come una trivella. Il peso del nocciolo fuso non basta a sostenere questa ipotesi. Un semplice esperimento mentale per tutti: avete mai visto un blocco di piombo posato per terra? Scavava la roccia? A me (e ai pescatori di tutto il mondo) non è mai successo.
Allora perché i noccioli, che sono fatti di un materiale che è pesante come il piombo, dovrebbero scavare la roccia? Nemmeno il calore spiega perché quel materiale dovrebbe scavare la crosta terrestre.
Anche qua, sarebbe interessante fare due chiacchiere sul fatto che la roccia si possa scavare facilmente con una cosa calda… avremmo risolto i problemi dei poveri minatori di tutto il mondo: arroventate i vostri picconi e non farete più fatica!
I noccioli fusi hanno sì “scavato” alcune barriere, ma sono fermi, e tanto il meccanismo con cui hanno scavato queste barriere, quanto la reazione che li ha fermati sono noti.
In primo luogo, nel periodo compreso tra l’incidente e l’inizio dell’iniezione di acqua da parte dei pompieri, i noccioli – non raffreddati – hanno cominciato a fondere il grosso contenitore di metallo che li racchiudeva. 25 cm di acciaio inossidabile, scavati lentamente dal nocciolo dell’unità 1 e parzialmente anche dai noccioli delle unità 2 e 3. Dopo di ché, i tre noccioli sono caduti sul fondo di un secondo contenitore, fatto di cemento armato spesso 1,5 m.
Qui, a causa del fatto che il calcestruzzo del cemento è un composto di tante sostanze chimiche, alcune di queste sostanze hanno reagito con alcuni materiali presenti nei noccioli fusi.
E questa reazione (chimica) fa sì che una parte del calcestruzzo si sgretoli. Questo non solo è un processo molto lento, ma richiede alnche molto calore per poter innescarsi. Visto che, come dicevamo, i noccioli sono raffreddati regolarmente e senza interruzione ormai da tantissimo tempo (da quando i pompieri di prima ecc. ecc.), ecco che l’azione di scavo si è interrotta.
Morale: sappiamo che i noccioli sono all’interno del secondo contenimento (quello di cemento armato). Sappiamo che hanno aggredito il fondo di questo contenitore, ma per una profondità di pochi centimetri, lasciando quasi tutto il metro e mezzo intatto. Nè decine (o centinaia) di metri, né chilometri. Centimetri.
Ignorando la fisica, e supponendo comunque che una cosa del genere possa accadere, cosa succederebbe ai noccioli fusi se arrivassero in profondità? Semplicemente… nulla. Nessuna esplosione nucleare.
Realizzare una bomba atomica (ovvero: riuscire ad ottenere una esplosione nucleare) è una delle imprese tecnologiche più complesse: è infatti assolutamente necessario controllare perfettamente l’innesco,
così da avere una reazione a catena abbastanza veloce da produrre tutta l’energia desiderata prima che il calore generato nelle prime fasi della reazione a catena sciolga l’ordigno troppo presto, impedendone l’esplosione.
Non è abbastanza? Allora, assumiamo di nuovo che il caos del nucleo riesca a creare le condizioni per una bomba.
Ancora: siamo sicuri che quelle 120 t di uranio che stiamo ipotizzando essere arrivate nel nucleo possano fare qualcosa alle 1700 miliardi di miliardi di tonnellate (1700 miliardi di miliardi: 1.700.000.000.000.000.000.000, per vedere tutti gli zeri) di ferro fuso, caldissimo, del nucleo terrestre?
Questo per quanto riguarda la scienza. Ma anche il buon senso può dare una mano.
- Terremoti ed eruzioni vulcaniche, cambiamenti climatici, ci sono da che esiste il pianeta: la pangea si è spaccata in placche che ancora continuano a muoversi e ad accavallarsi generando terremoti e vulcani; le glaciazioni si sono ripetute periodicamente nel corso delle ere geologiche. E allora non c’erano reattori nucleari.
- Fra il 1945 ed il 2009, sul pianeta, i militari hanno condotto 2056 test nucleari. 2056 bombe atomiche fatte esplodere deliberatamente. Per giunta, la maggior parte delle quali (1524) sottoterra, che è lo scenario temuto nell’articolo. Eppure, il pianeta non si è distrutto. La crosta terrestre non si è frantumata. Le placche continuano a muoversi, e il clima in 65 anni non è cambiato.
Per concludere, un paio di precisazioni sul contorno dell’intervista.
Non è vero che la TEPCO ed il Giappone hanno “rifiutato fin dall’inizio ogni tipo di aiuto internazionale”, finché non si sono resi conto che “la forza giapponese non basta per fermare il disastro”.
Già nei primi giorni dopo l’incidente gli Stati Uniti hanno inviato alcune chiatte con materiali di supporto per i tecnici giapponesi, mentre la società francese AREVA ha fornito gran parte dei macchinari che sono serviti, un mese dopo, ad assicurare il raffreddamento stabile ed autonomo dei noccioli.
Inoltre, sin dall’immediato post-incidente, un po’ perché il Paese aveva altre emergenze da sanare (20000 morti per il terremoto e lo tsunami ed intere città spesso rase al suolo), un po’ perché c’era bisogno di smentire le accuse mosse da tutto il mondo sulla loro chiusura culturale e mentale, sono stati innumerevoli le dichiarazioni di richiesta di cooperazione per lo smantellamento degli impianti di Fukushima.
Richieste di cooperazione, non di aiuto; per lavorare insieme, non per salvarli. Tant’è che oggi non è la sola comunità scientifica giapponese a lavorare sullo smantellamento e sulla decontaminazione, con tecnici e tecnologie provenienti da tutto il mondo.
Non è vero nemmeno che la comunità internazionale se ne è disinteressata: diversi gruppi di esperti, organizzati da istituzioni internazionali come la IAEA (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica di Vienna), visitano periodicamente il Giappone per sorvegliare le attività, valutando l’evoluzione dei lavori e dando raccomandazioni che, puntualmente, vengono recepite.
Le operazioni di rimozione del combustibile (sia intatto, nelle piscine dei reattori, sia fuso, all’interno dei contenimenti degli stessi) sono già in corso proprio sulla piscina dell’unità 4 e nel reattore dell’unità 1 . Ecco due foto a dare prova di quanto detto (non c’è nulla che vale più di una immagine, dicono alcuni…).
Nella prima si vede un braccio meccanico che aggancia un elemento di combustibile dalla piscina dell’unità 4 per estrarlo e riporlo in contenitori ermetici fuori dall’edificio.
E’ vero che se una barretta si rompesse, i prodotti radioattivi al suo interno potrebbero uscire, anche se stiamo parlando di piccole quantità.
Non è vero, invece, che basti esporre all’aria le barrette perché si rompano (sono tubi di metallo… l’aria non è così aggressiva…), né che basti avvicinare le barrette per rilasciare radiazioni: in piscina erano già molto più vicine di quanto non saranno nei contenitori che le ospiteranno poi.
Tant’è: le operazioni di rimozione e trasferimento del combustibile sono iniziate il 18 novembre 2013, senza alcuna difficoltà ed in piena sicurezza, senza che vi sia stato alcun rilascio di radioattività.
La seconda foto, invece, è stata presa da un robot (che evidentemente non è fritto per niente, come invece si dice nell’articolo…) inviato a fotografare lo stato proprio del pavimento del contenitore di cemento armato dell’unità 1, quello su cui è colato il nocciolo fuso di quel reattore.
Si vede che tutto è sommerso dall’acqua, come deve essere visto che lo stanno raffreddando, e che non c’è alcun segno di “reazione fisica sconosciuta”: c’è solo un po’ di ferro (il fatto stesso che sia solido significa che è tutto freddo e “spento”) in mezzo ad una massa solidificata di combustibile (quella cosa rossiccia che sembra terriccio). Non ha l’aria così aggressiva, nevvero?
Ing. G. Nuculare