Tra le notizie tech più recenti ce ne sono alcune che hanno un sapore avveniristico.
Jeff Bezos spoilera Amazon Prime Air, un servizio in via di sviluppo che permetterebbe a pacchi leggeri di arrivare a destinazione in 30 minuti a bordo di droni volanti.
Il NY Times riporta che Google, oltre ad aver acquisito 7 aziende di robotica nell’ultimo periodo, avrebbe dirottato Andy Rubin, padre di Android, sullo sviluppo di robot. Questo impegno nel settore sembra tuttavia volto non ad una commercializzazione, bensì all’integrazione nel processo di manufacturing, cosa che la celeberrima Foxconn ha già inserito da tempo nei suoi piani.
Skynet is coming!!1!1
afferma con un tremito nella voce chi grida al gombloddo.
Io invece non riesco a non pensare al corriere della SDA che sole recapitare i miei incauti acquisti online. Se riesce a litigare ogni volta con mio zio perché ci sono due cognomi uguali sul citofono, come reagirà quando scoprirà che rischia di essere sostituito da un aggeggio con le eliche?
Sviluppo estensivo e sviluppo intensivo
Quando un’azienda decide di aumentare la produzione e fa il lvl up deve scegliere principalmente tra due tipi di sviluppo, mutuati dalle colture:
Estensivo: si punta sulla quantità, sfruttando le cosiddette economie di scala.
Intensivo: si punta sulla qualità per avere alte rese con minori risorse. Si potenziano non i numeri ma la tecnologia, quella componente che nelle funzioni economiche fa sì che ci sia un output diverso a parità di fattori: l’utilizzo della robotica è il perfetto esempio di sviluppo intensivo.
La “meccanizzazione” delle fabbriche è un processo avviato già da tempo, per vari motivi: ottemperare compiti pericolosi, di precisione, che gli uomini non possono fisicamente o non vogliono più fare.
Scusi ma R2D2 fa più al caso nostro
Dobbiamo però guardarci dalla corsa al sostituire il lavoro dell’uomo col lavoro della macchina. Sarebbe più economico per chi produce, sarebbe più sicuro, sarebbe più veloce, sarebbe più efficiente in tutti i sensi. Ma allo stesso tempo toglierebbe il pane ad una moltitudine di famiglie.
Per generalizzare, prendiamo il settore che sarebbe più influenzato dai progetti di Google e Foxconn: il secondario, o manufacturing, o dell’industria che dir si voglia. Allo stato attuale, i numeri più accurati che sono riuscito a trovare sono questi:
Occupati nel settore secondario
rispetto la forza lavoro totale
Cina: 229 milioni su 795.5 milioni (28.7%) [dati del 2008]
Stati Uniti: 12.014 su 155.6 milioni (20%) [dati del 2013]
Italia: 6.362 milioni su 22.9 milioni (27%) [dati del 2012]
Buona parte di questi lavoratori sono potenzialmente rimpiazzabili da un braccio robotico o affini. E in futuro lo saranno.
Dove va a finire il vecchio operaio? Il proletario che deve combattere il capitalista?
Ad occuparsi del robot
Avete presente La Fabbrica di Cioccolato di Roald Dahl? Il signor Bucket, padre del piccolo Charlie e avvitatore di tappi di professione, rientra nella succitata categoria. Nella versione cinematografica di Tim Burton la situazione economica della famiglia si aggrava quando la fabbrica di dentifricio in cui lavora si dota di un braccio meccanico che avvita tappi (sviluppo intensivo) e lo licenzia. Dopo tonnellate di Oompa Loompa e innumerevoli cioccolate, il signor Bucket trova lavoro nella stessa fabbrica come manutentore del braccio meccanico.
Happy ending.
In un futuro in cui i lavori manuali saranno affidati alle macchine, l’antica figura di operaio si dovrà reinventare e cucirsi un nuovo ruolo nel tessuto economico. Un nuovo lavoro, ricerca e sviluppo se vuole rimanere nel ramo, o manutenzione come il signor Bucket magari. Quello però è un racconto per bambini, e ovviamente la strada non è così semplice; nessuno si può inventare esperto di elettronica o meccanica.
La morale della favola è che bisogna adeguarsi al progresso, all’economia che sarà.
Già adesso si sente il peso di un livello di competenze medio molto basso: gli USA soffrono la mancanza di personale qualificato (4% lauree in ingegneria fra tutte le bachelor’s, contro la media asiatica del 17% e l’impressionante 34% cinese) e cercano di importare cervelli. In termini di skill il mercato del lavoro sta diventando sempre più esigente, e lo sarà sempre di più.
Sull’importanza del progresso tecnologico non serve nemmeno discutere, ma sulle sue ripercussioni si può e si deve.
Soprattutto quando viene accelerato, imposto ad un mondo il cui sostrato è ancora troppo vecchio e inadeguato ad accoglierlo a dovere.
Soprattutto quando il sistema economico come lo conosciamo rischia di essere sconvolto per una trovata di marketing della INC di turno.
Questo non vuol dire che debba essere scoraggiato, ma che è importante sincronizzarlo con la società affinché la cambi in meglio e non in peggio, e per farlo è imperativo premere l’acceleratore sull’istruzione e la formazione dei giovani virgulti.