Provate a immaginare il futuro! Questa affermazione nel decennio passato avrebbe prodotto immagini di città 1000 anni avanti a noi, pulite e piene di verde, auto volanti e viaggi nel tempo.

Negli ultimi anni produce invece immagini collocate pressappoco fra 100 anni, di scenari post-apocalittici in cui pochi sopravvissuti tentano di rimanere vivi (magari braccati da zombie, che ci stanno sempre bene!).

Oggi Patrice Leconte accorcia ancora di più il tiro, mostrandoci un futuro distante da noi appena una manciata d’anni, in cui la crisi ha tolto all’umanità la gioia di vivere e in cui l’unica soluzione pare il suicidio. In una grigia città europea, l’unica attività commerciale che sembra prosperare è una piccola bottega che vende “rimedi alla vita”.

 

Realizzazione

la-bottega-dei-suicidi-locandina-italiana-259624I disegni hanno forme molto caricaturali e più indirizzate all’illustrazione che non all’animazione.

Tanto che la stessa animazione usa una tecnica che per i lungometraggi è parecchio inusuale: in pratica vengono disegnati su “fogli” separati i pezzi dei personaggi che vengono poi mossi deformando questi disegni unici come delle marionette.

A differenza dell’animazione tradizionale che ridisegna ogni istante del movimento. Per quanto sia uno stile d’animazione spesso dozzinale e utilizzato solo per brevi serie per la tv (un esempio su tutti è Peppa Pig), in questo film rende molto e aiuta l’atmosfera cupa e grottesca.

La regia è piacevolmente francese. Geniale per alcune situazioni in cui vengono incastrati i personaggi, come quella in cui Mishima, il capo della bottega, arraffa a fatica i soldi del cliente di turno sotto il suo letto di morte, mentre il poveretto di sopra fa sobbalzare il materasso nella foga di farla finita.

Per quanto molte di queste scene sarebbero risultate più efficaci perdendo un po’ più di tempo nella fase di studio.

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Storia

L’incipit della storia è molto interessante. Per quanto grottesco si lega all’attualità in un modo molto forte e questo aiuta ad entrare nella storia. Gioca grottescamente con la morte e lo fa davvero tanto, forse troppo, gli espedienti sono tutti belli, ma si susseguono per troppo tempo senza portare novità o evoluzioni alla storia, al punto che rischiano con l’andare del film di sostituire le risate con l’inquietudine.

Dato l’argomento trattato (la crisi che porta a spegnere ogni gioia di vivere ed andare avanti) ci si aspetta che la risoluzione porti argomentazioni solide e forti, ma ciò non succede. Non che finisca in maniera brutta o superficiale, ma data la profondità dell’argomento trattato ci si aspetterebbe un po’ più di profondità nella risoluzione.

Purtroppo è film pieno di canzoni spesso troppo lunghe anche per gli amanti del musical. Non che siano brutte, ma occupano davvero una grossa fetta degli 85 minuti del film.

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Personaggi

I disegni caratterizzano davvero molto i personaggi, tutti! Infatti nonostante sia pieno di comparse che entrano in bottega in una scena e in quella dopo “già non ci sono più”, i loro tratti sono sempre piacevoli e molto “macchiettosi”.

I protagonisti, con il loro modo gioioso di vivere le disgrazie, ricordano molto la famiglia Addams. I genitori in particolar modo. Dei tre figli invece sono studiati meglio il piccolo Alan (che è il protagonista) e Marilyn, la figlia femmina.

Il Giovane Vincent invece ha più l’aria di un personaggio aggiunto in seguito per “riempire” la famiglia.

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Conclusioni

In conclusione è un film che tocca un argomento attualissimo e molto coraggioso quale il “mal di vivere” senza tuttavia approfondirlo a dovere preferendo invece approfondire i modi di suicidarsi.

E non ne viene davvero tralasciato nessuno! Veleno, impiccagione, il colpo di pistola, il sacchetto in testa, le lamette, le catane…

Di un grottesco simile al burtoniano, ben supportato dalla fotografia eccellente (curata da vicino dal regista stesso per quanto riguarda le inquadrature) e dai disegni caricaturali.

Avessero tolto un po’ di spazio alle canzoni per lasciarlo allo sviluppo della storia sarebbe stata un’opera più completa.

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