Suona la sveglia. Sette in punto, mi volto di malavoglia verso la sveglia e schianto la mano sul tasto “Snooze”. Fanculo.

Oggi è il 12 febbraio.

Scendo dal letto ancora mezzo addormentato e mi infilo nel bagno. La luce tremola prima di accendersi e mi vedo allo specchio. Cristo, sembro un barbone. Mi lavo la faccia e i denti, mi infilo le lenti a contatto e mi regolo la barba, do una sistemata ai capelli e torno in camera. Guardo con occhi vitrei il contenuto del mio armadio, scelgo dei vestiti a caso e mi vesto, controllo di sfuggita l’orologio.

Merda.

Sono le 7:30 e sono in ritardo per il treno delle 7:35 devo fare quasi seicento metri per raggiungere la stazione del treno che mi porterà verso la città. 30km di viaggio. Che giornata del cazzo. In testa mi rimbombano le parole di una canzone di Ghemon:

Solito posto solito appuntamento

Già mi conosco arriverò correndo.

Come al solito.

Prendo le chiavi e infilo la tracolla di fretta, chiudo la porta, faccio le scale due a due e schizzo sul marciapiede correndo a rotta di collo verso la stazione. Seicento metri dopo giungo alla stazione del treno, l’orologio mi dice che sono le 7:35, ce l’ho fatta in tempo, una nota positiva in una giornata altresì noiosa fino allo spasmo. Alzo lo sguardo verso il tabellone degli orari.

No No No No No No No. Il treno è in ritardo di 10 minuti. Ora mi passa in testa un’altro motivetto… Stavolta di Gaber.

Click.

Click.

Click

Già, ci vorrebbe una pistola.

Accendo una delle mie sigarette completamente bianche mentre aspetto il maledetto treno. Puntualmente in ritardo arriva, salgo e mi siedo nei sedili del lato destro. Mi tolgo la tracolla distrattamente, alzo lo sguardo e la vedo, due sedili più in là.

Ha i capelli biondi, una collana con ciondolo a forma di luna e una maglietta blu che porta la scritta “Dream Theater”. Cazzo la sto fissando e se n’è accorta mi guarda come se fossi un maniaco. Proprio una giornata orribile.

Bip Bip. Bip Bip. Bip Bip.

Suona la sveglia. Sette in punto, mi volto di malavoglia verso la sveglia e schianto la mano sul tasto “Snooze”. Fanculo.

Oggi è il 12 febbraio.

Come tutte le mattine vado in bagno col fare di un sonnambulo, ripeto gli stessi meccanici gesti: acqua, faccia, spazzolino, denti, rasoio, barba, pettine, capelli. Che palle. Tardo a scegliere i vestiti e come al solito sono in ritardo, mi tocca correre pure oggi e sta piovendo.

Ottimo.

Dopo aver corso come un forsennato arrivo in stazione e come al solito il maledetto treno è in ritardo, è ridicolo. L’unica volta che sono arrivato in ritardo è passato in tempo. Quelle stronze delle parche ce l’hanno con me.

Il treno arriva in ritardo, flemmatico. Spengo la sigaretta. Scuoto l’ombrello prima di salire e mi siedo al lato destro del treno. Vedo una ragazza bionda seduta due sedili più in là, ha gli occhi grigi e una felpa con sopra alcune stelle.

“Non fissarla idiota!”

Non so perché ma il mio cervello mi manda questo messaggio… Penso a come introdurmi:

“Ciao Sono Ziiro! Belle scarpe” Belle scarpe? Che sei un feticista? No dai, Bei capelli fa troppo parrucchiere. Continuo a rimuginare sul da farsi ma non giungo ad alcuna conclusione.

Devo agire, e agire adesso. Mi alzo di scatto e faccio uno scivolone sulla chiazza d’acqua che il mio ombrello ha lasciato sul pavimento.

Cazzo! Impreco mentre lei volta la testa per non mettermi in imbarazzo… Pure la pietà oggi.

Proprio una giornata orribile.

Bip Bip. Bip Bip. Bip Bip.

Suona la sveglia. Sette in punto, mi volto di malavoglia verso la sveglia e schianto la mano sul tasto “Snooze”. Fanculo.

Oggi è il 12 febbraio.

Vado verso il bagno col fare da non morto. Mi rendo presentabile. Mi vesto e sono dannatamente in ritardo come al solito. Piove parecchio. Prendo l’ombrello e inforco le scale di fretta. Corro fino alla stazione e il tabellone segnala l’ennesimo ritardo del treno. Il tempo di una sigaretta. Il treno arriva e salgo gli scalini lentamente, siedo sul lato destro e appoggio l’ombrello in terra.

Vedo una ragazza due sedili più in là. Ha una una giacca a vento blu notte, è molto carina. Decido di andare a parlarle, visto che devo fare 30km di viaggio meglio farli in compagnia.

Iniziamo a parlare e scopro che il suo nome è Luna. Luna, che nome fantastico. Parlandole scopro che va nella mia stessa università, perfetto, avremo modo di conoscerci meglio. Che giornata fantastica! In lontananza sento un cellulare che squilla

Bip Bip. Bip Bip. Bip Bip.

Strano, le dico. Quel telefono ha lo stesso suono della mia sveglia… No aspetta… No cazzo non ci credo!

Mi sveglio nel mio letto. FANCULO.

Sono steso sul letto a pensare. Come fanno i sogni, così dannatamente illogici e ricchi di non-sequitur a sembrarci reali e perfettamente logici mentre li viviamo? Il confine tra sogno e realtà è davvero impercettibile.

Bip Bip. Bip Bip. Bip Bip.

10 minuti esatti dopo suona di nuovo la sveglia, arriverò in ritardo ma non mi interessa. Chevvitademmerda. Apro le ante della finestra e un vento forte porta un po’ di pioggia dentro la mia stanza.

Ottimo.

Mi lavo faccia, denti e sistemo i capelli tutto di fretta. Mi vesto e mi infilo l’ultima scarpa scendendo le scale. Corro come un forsennato ma il treno è in ritardo. Tutto è inutile. Come nei miei sogni.

Fumo una sigaretta. Salgo sul treno. Lato destro ovviamente.

Vedo una ragazza con un un impearmabile giallo due sedili più in là. No, stavolta non ci casco eh. Mi volto verso a lato finestrino e mi preparo psicologicamente per il viaggio. Dopo un po’ sento qualcuno battermi sula spalla.

È lei.

Mi chiede dove sono diretto, mi dice che è annoiata e aveva voglia di fare un po’ di conversazione. Strano, sembra il mio sogno al contrario.

Dice di chiamarsi Sole.

Le sorrido e cominciamo a parlare.

Ah, quasi dimenticavo, oggi  è il 12 febbraio.

 

Racconto scaturito dalla visione di (500) Days Of Summer di Marc Webb.