Neo-Tokyo sta per cambiare faccia… Questa città è satura in tutti i sensi, come un frutto troppo maturo. Ma all’interno stanno crescendo dei nuovi semi. Non ci resta che aspettare il colpo di vento che farà cadere a terra questo frutto marcio. Un colpo di vento chiamato “Akira”! (Nezu)
Akira è un film d’animazione diretto da Katsushiro Ōtomo ispirato all’omonimo manga seinen del medesimo autore, e narra le vicende di una Tokyo post-nucleare in cui disagio sociale, ribellione e religione si fondono insieme nel mito di Akira, figura messianica che salverà il Giappone. In questo scenario si muove Kaneda e la sua banda di motociclisti, che nel corso della loro avventura dovranno fare i conti l’esercito giapponese, misteriose armi e il tradimento dell’amico Tetsuo, dotato di poteri extra-sensoriali dopo strani esperimenti.
Ho volutamente riassunto in maniera estremamente sintetica la trama di Akira per due motivi. Innanzitutto perché Akira va scoperto, pagina dopo pagina (se avete il manga), fotogramma dopo fotogramma (se avete la pellicola), e ogni parola in più è un petalo che strappiamo al fiore narrativo.
Il secondo motivo è che il plot è molto interessante e propone molte delle paure intellettuali cyberpunk degli anni ’80 (il nucleare, il degrado della civiltà, il totalitarismo della polizia,…), ma non è l’unico motivo per cui ieri i cinema erano pieni di otaku di vecchia data.
Ma allora perché tutto questo clamore attorno al 25° anniversario dell’uscita di Akira?
Akira è il punto Zero
Il film di Akira esce in Giappone nel 1988 (circa 6 anni dopo l’inizio della pubblicazione del manga) e richiede un budget di oltre un miliardo di yen, ovvero circa 5-6 volte il budget medio.
Il costo stimato era talmente alto che le più grandi case di produzione giapponesi per la prima volta nella storia dovettero unire gli sforzi creando una società apposita per la sua realizzazione, la Akira Committe, e impiegarono oltre 1200 animatori da decine di studi diversi che lavorarono su doppi turni per poterlo completare.
Akira è anche uno dei primi film d’animazione a fare largo uso della grafica CGI e della tecnica del pre-recording, ovvero la registrazione del doppiaggio durante la realizzazione dei disegni per permettere agli animatori di gestire correttamente il labiale.
Dulcis in fundo, Akira è stata la prima produzione che sdoganato il cinema d’animazione giapponese in Occidente mostrando al grande pubblico che “cartone animato” non doveva fare per forza rima con “Walt Disney” e che era possibile utilizzare il medium non solo per narrare fiabe ai bambini ma anche per raccontare una storia adulta.
Akira in Italia
La pubblicazione in Italia del manga e del film è stato un vero calvario, ma tutte le difficoltà non hanno fatto altro che accrescerne il mito.
La Glénat (famosa in Italia per Batman) iniziò la pubblicazione di Akira nel 1990 dell’edizione americana (ricolorata) da 38 volumi e le (poche) copie in circolazione andavano velocemente esaurite.
Inoltre ricordatevi che stiamo parlando dell’Italia dei primi anni ’90: Internet muoveva i suoi primi passi tricolori, le fumetterie erano estremamente rare e gli edicolanti ti guardavano come un marziano se chiedevi qualcosa di strano (“Ha per caso Akira?” “Aki-che?” “Akira, è un fumetto giapponese…” “Fumetti ho Topolino, Tex e Dylan Dog. Ma leggiti Le Ore Mese che è più adatto alla tua età!”).
Come un fulmine a ciel sereno la Glénat Italia chiude i battenti ad una manciata di episodi dal termine e i lettori italiani non sapranno che fine fanno Kaneda e Tetsuo fino al 1998, quando la Planet Manga ripubblica Akira in bianco nero in un’edizione da 13 volumi con ordine di lettura occidentale.
Successivamente, nel 2005, la Planet Manga fece una nuova edizione chiamata Akira Collection, anche questa con lettura alla occidentale e lunghezza dei volumi differente dalla versione giapponese (6 tankobon).
A tuttora non esiste un’edizione italiana fedele all’originale.
Se trovare i fumetti era difficile, trovare la VHS con il film era un’operazione talmente difficile che il giorno che ci riuscii fui avvolto da un’aura mistica talmente forte da ribaltare tutte le carte Magic del circolo. Era una copia pirata rimediata da un amico di amici tramite oscuri canali sammarinesi, talmente di bassa qualità che in alcuni punti il colore saltava e la superba colonna sonora di Shoji Yamashiro veniva talmente distorta da sembrare un walkman al suo ultimo respiro. Ma cazzo avevo Akira!
Tra visioni casalinghe e giri infiniti di prestiti agli amici, la VHS si autodistrusse in poco tempo, e non ne vidi un’altra in carne e ossa plastica e nastro fino al 2001 a Bologna nella collezione privata di un amico iscritto al DAMS Cinema.
Oggigiorno è molto più facile procurarsi Akira grazie alle sontuose versioni DVD e Blu Ray del 2010 con annesso libretto da 32 pagine con schizzi e story board, ma per molti di noi Akira è stata una crociata, non un manga/anime.
Akira – 25° anniversario
Chiedo scusa per l’effetto TLDR che posso aver generato finora, ma senza questa introduzione i più giovani non avrebbero capito perché ieri è stata una giornata così importante e perché non si poteva mancare (se l’avete fatto shame on you).
Akira al cinema in digitale 2K e Sorround 5.1 non è solo la celebrazione di un anniversario, ma è stata la catarsi mainstream di una proposta culturale innovativa che ha fatto da apripista per tonnellate di altre produzioni imperdibili, e che ha reso il mercato fumettistico e d’animazione quello che è ora.
Per quelli come me che hanno passato gli anni ’90 tra film di serie Z in VHS, giochi a 8bit, fumetti e dungeon inventati in cucine buie, è stato inoltre il ghiotto premio per anni di sofferenze e spedizioni infruttuose in videoteche provinciali e giornalai che ti volevano vendere per forza Le Ore. Per carità, compravi pure Le Ore, ma sticazzi stavo cercando Akira.
Ciliegina sulla torta: con il biglietto alla cassa consegnavano una card limited edition della locandina in cartoncino effetto metalizzato che è già finito nella mia collezione.
Grazie Dynit, grazie Nexo Digital.
Epic is epic. :res: