A quasi un mese di distanza dall’uscita cinematografica de Le Streghe di Salem si è ormai letto di tutto. Tra i sostenitori che hanno gridato al miracolo e i detrattori che si son soffermati per lo più alla blasfemia dell’opera mi permetto di esprimere il mio personale giudizio.
Premetto subito che la sera del 24 aprile, uscito dal cinema, mi sono piazzato davanti al mio computer con l’intenzione di scirvere una recensione di quanto appena visto. Dopo 15 minuti di battiture che regolarmente venivano cancellate ho pensato bene di attendere il giorno successivo per cercare di comprendere meglio le sensazioni suscitate dalla pellicola.
Il lavoro e tutta un’altra serie di eventi mi hanno impedito di riprendere la bozza che avevo disordinatamente iniziato a buttar giù, ma per fortuna lo scorso week end si è presentata l’occasione di rivedere il film in lingua originale e, dopo una seconda visione, credo di riuscire a mettere a fuoco per bene quelle che sono le mie impressioni sul lavoro di Rob Zombie.
Che Rob sia un regista bizzarro e altalenante è dato più che appurato. L’incostanza di questo assurdo personaggio diviso tra musica e cinema è stata dimostrata dall’alternanza di lavori mediocri e ottime produzioni sfornate lungo la sua carriera. Il passaggio tra la Casa dei 100 Corpi a “The Devil’s Reject” è epocale, così come le differenze abissali che corrono tra il primo remake di Halloween e il sequel. Per questa nuova opera Zombie cerca di rincorrere la linea del cinema d’autore, ma a mio parere fallisce miseramente nell’intento proponendo un prodotto riuscito solo a metà.
Le Streghe di Salem è una pellicola che da un punto di vista puramente visivo può davvero vantarsi di mostrare scene di altissimo livello per un horror. Illuminazione, scenografia e fotografia sono decisamente il punto di forza di questo film che ha un impatto visivo capace di disorientare notevolmente lo spettatore. Ho più volte provato un grande senso di disturbo nell’assistere a certe scene e in parte mi è tornato in mente il disagio provato durante la visione di Rosemary’s Baby o la prima volta che ho giocato a Silent Hill.
A far da corollario all’inquetudine data da queste folli visioni c’è uno spettacolare comparto musicale fatto per lo più di brani ipnotici come le splendide “Venus in Furs” e “All tomorrows party”, entrambe estrapolate dall’album The Velvet Underground & Nico”.
Non poteva poi mancare il vero protagonista della colonna sonora, l’inqietante tema del film chiaramente scritto da Zombie. Prima di tirare le somme però è opportuno spendere due partole sulla trama: Heidi (Shery Moon) è deejay nell’emittente radiofonica della cittadina di Salem nel Massachussets. Un giorno riceve in dono un vinile dei Signori di Salem, misterioso gruppo Rock emergente. L’ascolto del disco scatenerà il risvegliarsi di antichi riti di stregoneria che oltre a riportare la ragazza al suo passato di tossicodipendente ne causeranno il plagio da parte di tre sorelle streghe.
Quello del rock satanico è di per se un tema trito e ritrito su cui il cinema si è più volte espresso in passato senza mai arrivare a dei risultati memorabili (Morte a 33 giri, Suck, La radio del demonio ecc. ecc.).
Per fortuna Zombie utilizza lo strumento discografico al pari del nastro registrato ne “La Casa” ossia come mero mezzo per risvegliare una potere arcano, questa volta celato nel subconscio della protagonista. Nonostante ciò il plot non brilla certo di originalità, ma su questo si riesce comunque a glissare.
Ciò che invece stona è il fatto che in certi punti la pellicola non è altro che il montaggio di impeccabili rifacimenti di celebri scene di capolavori del genere. Per tutto il film permea un’atmosfera di omertà e collusione che è presa da Rosemary’s Baby, mentre lo scandire del tempo ci viene trasmesso attraverso le fredde e cupe schermate nere “a calendario” che attingono direttamente da Shining.
Altri echi da Eyes Wide Shut si percepiscono in maniera esplicita durante “l’niziazione” della protagonista accompagnata da un meraviglioso sottofondo di musica classica.
In sostanza Le streghe di Salem è per lo più un misto di bellissime scene che trovano scarso legame tra loro probabilmente a causa della mediocre recitazione di Shery Moon e un finale sicuramente toccante ma eccessivo al punto da far virare la trama verso il puro nonsense.
Anche volendo leggere il tutto in chiave astratta, chedendosi se le visioni di Hedi sono frutto della droga o della possessione da parte del demonio, il risultato non cambia. L’eccessiva pretestuosità della pellicola viene poi smorzata dal più bieco degli stratagemmi di sceneggiatura, la voce del telecronista che concede allo spettatore il telefonatissimo spiegone su quel che è davvero accaduto lasciando anche la porta aperta verso un improbabile sequel.
Una volta realizzato tutto questo mi chiedo davvero se ad avermi scosso siano state le immagini del film o questo finale così tanto atteso per tuta la durata della proiezione e perso strada facendo.
Peccato davvero perchè il film di Zombie a mio parere si discosta notevolmente dall’ordinariio dell’horror e ha il pregio di riportare su pellicola quattro mostri sacri del passato quali Dee Wallace, Patricia Queen (!), Barbara Campton e Meg Foster impegnandole oltretutto in ruoli adeguati al contesto.
Differente discorso per Shery Moon che seppur esteticamente valida nella sua bellezza un po’ passata e nei suoi abiti anni 70, non è sempre in grado di concedere alla telecamera una recitazione all’altezza della situazione.
Purtroppo in quest’infiocchettamento di scenografie visionarie, musica ben contestualizzata e cast per lo più competente si sente la mancanza di un amalgama capace di dare un definitivo senso di compiutezza all’opera che rimane un incredibile omaggio a registi e pellicole riconoscibilissimi all’interno delle inquadraturte e delle atmosfere impeccabilmente ricreate da Zombie, senza però aggiungere niente di originale alla sua idea di partenza.
Non c’è definizione migliore di quella del mio vicino di poltrona, un vero lord, che, a proiezione conclusa ha espresso il suo dilemma dicendo: “‘nsomma ma Zzombi cazzohavolutodìrecostofilm”. Sinceramente non lo so o quantomeno non l’ho capito!
Pretenzioso, blasfemo, angosciante ma in fondo in fondo deludente, Le streghe di Salem merita comunque la visione da parte degli appassionati di cinema horror perchè cerca di far virare il genere verso una differente direzione, riuscendo solo in parte a perseguire l’intento, forse per eccesso di citsazionismo e probabilmente anche per l’immaturità del regista.
Magari Rob Zombie tra qualche anno sarà capace di regalarci qualcosa di supremo, ma per il momento ha solo dato dimostrazione di conoscere a fondo i capisaldi del genere.
Bisogna però tenere presente che amare il cinema non vuol dire saper girare un buon film.
Pubblicato in contemporanea su schermosplendente