SELECT

Debito, Pil e Pescatori

Stanchi dei soliti articoli di economia in cui non si capisce un tubero?
Vi capisco, ma comunque ve ne beccate un altro.

Breve premessa

un post per spiegare la crisi attuale
Mi giungono spesso a volte quasi mai richieste di fare un post per spiegare la crisi attuale.

Ora, posto che richiederebbe non un post ma un’enciclopedia, e posto soprattutto il fatto che io sono giusto un economista della domenica e non un esperto, non mi cimento neppure.

Però quello che posso fare è spiegare qualcuna delle dinamiche coinvolte a livello generale, casomai qualcuno fosse interessato.

Eccoci dunque a una nuova puntata di fate i bastian contrario quando tutti criticano l’economia il quarto d’ora di economia di dubbia utilità.

Oggi post breve, parliamo di un tema ampiamente dibattuto male, ossia il leverage per gli Stati e le economie nazionali.
Andiamo a iniziare.

Leverage e Fisher

Il pescatore del titolo è Irving Fisher :troll: economista americano di inizio novecento.

Il leverage è in economia il rapporto tra debiti e entrate
Fisher è famoso per il suo contributo (che dire essenziale è dire brutto) alla teoria dell’utilità e per i suoi apporti a altri campi dell’economia (teoria degli indici, quantità di moneta etc. rtfw) e per l’equazione di Fisher relativa ai tassi di interesse.

Tutte cose su cui forse vi tedierò un’altra volta.

L’indice di Fisher viene utilizzato anche per calcolare correttamente il leverage.
Che cosa è il leverage? Il leverage è in economia il rapporto tra debiti e entrate.

Il leverage si calcola sempre nello stesso modo sia che io stia prendendo in considerazione la mia triste situazione di lavoratore sottopagato sia che io parli dell’economia degli Stati Uniti.

Il leverage si calcola come:

1 + debiti/capitale proprio

Facile no? In pratica tra 1 e 2 significa che io produco o possiedo più ricchezza di quella che mi è stata imprestata, oltre il 2 significa che io ho più debiti della ricchezza.

C’è da dire che non esiste un valore “buono” di norma se andiamo troppo oltre il due si dice che siamo sottocapitalizzati, ossia dipendiamo fortemente dai finanziamenti esterni.

Il che se io sono un’azienda può anche andare bene, se sono uno Stato un po’ meno in quanto per far fronte ai creditori probabilmente sarò costretto a scelte impopolari.

Bene sostituiamo quindi capitale proprio con PIL e debito con debito e avremo il famoso leverage nazionale di cui tanto spesso quanto male si sente parlare.

Perché male? Perché vedendolo così sembra che per risolvere il problema si debba aumentare il pil o ridurre il debito, vero of course, but we need to go deeper.

Spacchettiamo il tutto e applichiamo alcune leve che le aziende non hanno e gli stati si, ossia l’inflazione e il gettito fiscale.

∆ bt ≈ dt + (i – g – π) * bt-1

b è il rapporto debito-Pil
d è il valore del deficit primario, ossia la differenza tra entrate e uscite di uno stato al netto degli interessi espressa in percentuale rispetto al Pil, può essere positivo o negativo a seconda che io faccia abbastanza soldi con le entrate statali rispetto a quanti ne spenda o viceversa.
i è il tasso di interesse sul debito
g è la crescita del Pil
π è l’inflazione

Le Leve degli Stati

Posto che il nostro piano è abbattere b come possiamo fare?

Prima mossa agendo su d: d rappresenta la differenza tra entrate e uscite (nella formula è espressa percentualmente rispetto al Pil ma il succo non cambia), quindi io posso incrementare d semplicemente aumentando le entrate o riducendo le uscite o entrambe.

Ora se io sono un’azienda non è che posso fare grandi cose, magari posso tagliare posti di lavoro, imporre un bel byod, terziarizzare e altre belle trovate, ma aumentare le entrate a mio piacimento? Difficile.

Se io sono uno Stato invece posso: alzo il livello di tassazione, semplice, pulito, lineare.

Seconda mossa agendo su i, i sono gli interessi sul debito, paradossalmente sono più facili da rinegoziare per un’azienda che per uno Stato, per uno Stato è più difficile dire al mercato “ragazzi vi dovrei pagare il 5%, ma anche no, vi pago solo il 2%” (o un tasso negativo come fa la Danimarca) perché se gli Stati iniziano a fare i furbi il mercato taglia il finanziamento, se nessuno compra i titoli di Stato perché io ho deciso che da un giorno all’altro pago meno interessi sono nella cacca, se sono una fabbrichetta magari busso ad un’altra banca, se sono uno Stato no.

Quindi qui possiamo fare relativamente poco a meno di accordi internazionali o aiuti che involvono intere economie e la finanza globale.

Terza mossa g, g è la crescita del Pil, motivo per cui tutti si riempiono la bocca parlando di crescita, dire crescita è un po’ come dire figa, tutti sono d’accordo ma nessuno sa bene come procurarsela.

In un periodo storico in cui la crescita è di per se necessariamente blanda, va bene perseguirla ma ci sono così tante teorie contrapposte ma soprattutto così poco che il singolo Stato può effettivamente fare che lasciamo la diatriba ad altri.
Un consiglio, quando sentite qualcuno dibattere di economia dicendo “dobbiamo favorire la crescita” mettete mano alla pistola spegnete la televisione, è come uno che dice “dobbiamo avere più figa”.

Quarta mossa π, inflazione, wait wut? Ma l’inflazione non è IL MALE (TM) ? Bhe si e no, inflazione significa che c’è più carta che beni con cui scambiarla, ora questo è fisiologico del mercato, bisogna stare attenti che la carta non sia talmente tanta da non valere più un tubero ma nemmeno che sia talmente poca da non averne abbastanza per fare le transazioni che l’economia richiede.

Perché è una leva? Perché mi permette di pagare meno i debiti che ho contratto.

Facciamo un esempio magari diventa più chiaro: io devo dare 100 soldi al mio creditore, ipotizziamo che ad esempio 100 sia anche il valore di una casa.

Ora siamo in una situazione di inflazione ossia ci sono più soldi che merci in giro e che quindi i soldi valgono un po’ meno, ora io vado dal tizio che vende le case e dico “ehi la tua casa vale 100, eccoti 100 soldi” ovviamente tizio mi dice “si la casa vale 100 ma i tuoi 100 soldi non valgono 100 c’è l’inflazione, valgono in realtà 97, quindi facciamo che mi dai 103 va” (infatti l’inflazione fa salire il prezzo dei beni).

Io però ora vado dal mio creditore e gli dico “ehi bello ti dovevo 100 soldi, eccoli qua” lui mi risponderà “si ma quando ho fatto il debito i 100 soldi valevano 100 soldi ora valgono 97” ma tu gli puoi rispondere “I don’t give a fuck qui c’è scritto che ti devo 100 soldi e io ti do 100 soldi”.

In questa situazione l’inflazione permette di pagare meno debito per quello è una leva.

La politica monetaria (inflazione/deflazione) ha tantissimi aspetti interconnessi ed è effettivamente una materia estremamente complicata, qui guardandone marginalmente un pezzetto però possiamo affermare che l’inflazione fa decrescere il mio debito.

Conclusioni

La formula di cui sopra andrebbe spiegata a un po’ di persone (principalmente gente che mette mi piace a caso su FB e poi gli articoli appaiono sulla mia bacheca), persone che spesso parlano di economia come io parlo di astronomia, ossia con il solo scopo di farsi i fighi senza sapere bene di cosa si sta parlando.

La formula sopra ci dice ad esempio che io Stato posso avere un deficit di bilancio ma posso comunque ridurre il rapporto debito/Pil anche in condizioni di crescita scarsa ad esempio bloccando i tassi di interesse al di sotto dell’inflazione (cool vero?).

Cercare il “pareggio di bilancio” (ossia smanacciare su d) ovvio che porta ad un beneficio sul debito, ma tagliare le uscite e alzare le entrate ha un effetto negativo su g (la crescita del Pil) se g non cresce significa che la nostra economia perde competitività il che porta il mercato a non fidarsi dei nostri titoli e quindi a imporci degli i alti (i famosi interessi sui titoli di stato), ha senso aumentarci le tasse e poi usare quelle stesse tasse per pagare i più alti?

Non dico che succeda così dico che c’è una correlazione che va oltre la dicotomia Tasse – Spesa Pubblica, una correlazione che è bene conoscere se si vuole iniziare un ragionamento serio sui deficit degli Stati, su come ridurli o per lo meno su come usarli in maniera virtuosa.

Dico che quando si parla di debito non si può dire “stampiamo moneta” o “non paghiamolo” o “usciamo dall’euro e abbassiamo il valore della lira” tanto per dire le prime tre cazzate che ho sentito questa settimana, perché nel primo caso non si può e anche se si potesse nel lungo periodo sarebbe un disastro, la seconda vuol dire fare default e quindi vedersi i rubinetti del credito chiusi praticamente per i prossimi decenni (senza contare tutto il debito posseduto dai propri cittadini) la terza può portarci ad alzare g ma farebbe esplodere i.

Sto semplicemente dicendo che le scelte possono essere più o meno giuste ma che se si prende solo un fattore senza guardare l’insieme e senza conoscere bene le variabili che influenzo, sono sbagliate per forza.
E’ una regola che vale in ogni materia, applichiamola anche all’economia.

L’economia è una strana bestia
L’economia è una strana bestia, le leve economiche vanno conosciute per poterle utilizzare al meglio, ossia per poterle mettere sotto un sasso e sollevarlo, non per toglierle dal loro punto d’appoggio e darsele in testa.

Cosa che, purtroppo, sembra accadere sempre più spesso.

Ponti
Se siete persone sole e tristi come me potete leggervi una bella trattazione sull’effetto Fischer in questo pamplet:
Fisher Dynamics in Household Debt: The Case of the United States, 1929-2011
(PDF – repec.umb.edu)

Inflazione a settembre 2023: i dati Istat confermano un aumento del 5,3% su base annua
Inflazione a settembre 2023: i dati Istat confermano un aumento del 5,3% su base annua
Inflazione USA: i prezzi al consumo salgono al 3,7% a settembre superando le aspettative
Inflazione USA: i prezzi al consumo salgono al 3,7% a settembre superando le aspettative
Patto anti-inflazione: ecco come funziona e quali marchi partecipano
Patto anti-inflazione: ecco come funziona e quali marchi partecipano
Trimestre anti-inflazione: il ministro Urso punta a stabilizzare i prezzi
Trimestre anti-inflazione: il ministro Urso punta a stabilizzare i prezzi
Mercato immobiliare italiano: l'inflazione e l'aumento dei prezzi colpiscono le compravendite
Mercato immobiliare italiano: l'inflazione e l'aumento dei prezzi colpiscono le compravendite
Inflazione: risparmi delle famiglie e delle imprese erosi di 71 miliardi di euro in 18 mesi
Inflazione: risparmi delle famiglie e delle imprese erosi di 71 miliardi di euro in 18 mesi
Inflazione in Giappone: si registra un aumento a giugno 2023
Inflazione in Giappone: si registra un aumento a giugno 2023