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Paleo-experimental evolution

Cosa succederebbe se sostituissimo un gene di un batterio con una variante dello stesso di 500 milioni di anni fa?

Prove di Jurassic Park al Georgia Institute of Technology. No, non è vero.
Betül Kaçar (in foto), astrobiologa della NASA (sì, ancora, vanno di moda) al Georgia Tech’s NASA Center for Ribosomal Origins and Evolution, voleva vedere coi suoi occhi l’evoluzione al lavoro. Hanno preso in esame un gene batterico codificante per la proteina essenziale EF-Tu (Elongation Factor-Tu), coinvolta nella sintesi proteica.

[more]Questa classe di proteine è molto abbondante nella cellula (è stato stimato che c’è un EF-Tu per tRNA nella cellula, cioè una montagna!) e si trova in tutti gli esseri viventi, dai batteri all’uomo, altamente conservata, proprio perché altamente conservato è tutto l’apparato di sintesi proteica (ribosoma e quant’altro).

EF-Tu, immagine sopra, si lega al tRNA carico con il suo AA e lo guida nel ribosoma nel sito A. Se l’anticodone del tRNA corrisponde al codone del mRNA il ribosoma causa una modificazione conformazionale di EF-Tu che idrolizza il GTP e si slega dal tRNA uscendo dal ribosoma. Ora il tRNA può traslocare nel sito P dove avviene la reazione di sintesi proteica e il suo AA viene attaccato alla catena peptidica in formazione. In seguito uno schema molto fatto male della sintesi proteica:

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La copia del gene di EF-Tu in E. coli è stata sostituita con una variante presa da un batterio di 500 milioni di anni fa. Hanno costruito 8 ceppi con questa mutazione e li hanno osservati crescere per un migliaio di generazioni (poco più di un mese).

Hanno misurato la fitness dei ceppi, cioè il tempo di duplicazione, cioè velocità di crescita, cioè quanto stanno bene. All’inizio il povero batterio si è trovato una proteina sbarellata e aveva delle difficoltà: tempo di duplicazione doppio rispetto al normale ceppo di E. coli. Poi però, verso la 500esima generazione la fitness è migliorata fino a pareggiare quella del ceppo wt e alla fine era addirittura migliore.

Lo scopo del lavoro era quello di osservare l’evoluzione di un gene, in particolare se questa evoluzione forzata avrebbe seguito la linea di quella naturale, portando il gene a diventare uguale o quasi alla variante moderna. Ovviamente il tutto è molto artificioso e lontano (ma neanche tanto, come vedremo alla fine) dalla vera evoluzione. Nell’evoluzione naturale tutto il genoma, tutti i geni, tutte le proteine co-evolvono, l’adattamento è reciproco e graduale. Introdurre un gene vecchio in un genoma nuovo crea una pressione selettiva “artificiale”, perché tutte le proteine con cui interagisce EF-Tu sono improvvisamente diverse e si aspettano un EF-Tu diverso. Si parla sempre di differenze molto piccole, altrimenti i ceppi con l’EF-Tu antico schiatterebbero all’istante.

La parte interessante dello studio (e il vero risultato) è saltato fuori quando alla 500esima generazione hanno sequenziato i genomi degli 8 ceppi per vedere che mutazioni erano state selezionate per incrementarne la vitalità.
Sorpresa (non tanto in realtà): EF-Tu non è mutato. Sono mutati alcuni geni delle proteine che interagiscono con EF-Tu. Cioè non è la nuova proteina ad essersi adattata al background genetico, ma l’inverso. Perché? Non dovrebbe essere statisticamente più ovvio che muti favorevolmente un solo gene, rispetto alla coevoluzione di più geni?
L’articolo non è ancora uscito, quindi queste sono mie ipotesi. In realtà bisogna tener conto che EF-Tu è talmente essenziale che quasi tutte le mutazioni sono deleterie e probabilmente servono complesse mutazioni simultanee per farlo evolvere da solo (le altre proteine sono “ferme”) e di colpo (gli stadi evolutivi intermedi devono essere saltati perché le altre proteine sono più avanti di 500 milioni di anni e non più adatte ad accettare evoluzioni intermedi di EF-Tu) nella variante moderna. E’ un po’ come se fosse incastrato in una profonda buca di potenziale, vista la lontananza evolutiva con il background.

Ecco che risulta più semplice che piccole mutazioni in altre proteine, meno essenziali e più “elastiche” evolutivamente, possano far adattare il background al nuovo gene. Queste mutazioni possono verificarsi in serie, migliorando gradualmente la fitness e non in un solo colpo come dovrebbe succedere con EF-Tu, quindi la statistica è favorevole.

Questa situazione ricorda da vicino quello che accade con il trasferimento genico orizzontale di isole di patogenicità tra batteri patogeni. Il trasferimento genico orizzontale è un sistema di evoluzione tipico dei batteri, dove uno o più geni salta dal genoma di un batterio a quello di un altro. La situazione è simile a quella dell’esperimento, perché il batterio mutato si trova improvvisamente dei nuovi geni, come la nuova copia di EF-Tu dell’esperimento, e ci si deve adattare. Ci interessa perché spesso i geni responsabili della virulenza saltano da un batterio all’altro, creando nuove varianti di patogeni, con rischi per la salute umana.

Ricerche avevano analizzato il genoma di diversi ceppi con diversa capacità virulenta (da quasi innocui fino a molto mortali) di una stessa specie di batterio patogeno e, sorpresa, le isole di patogenicità erano quasi identiche e non spiegavano del tutto la diversa virulenza dei ceppi. Le differenze causa questi cambiamenti erano state identificate in geni appartenenti al core genomico, apparentemente non coinvolti nella virulenza, ma che interagivano in qualche modo con i geni delle isole di patogenicità, migliorando o peggiorando la letalità del batterio. Cioè il background si era evoluto adattandosi ai nuovi geni per la virulenza data la pressione selettiva dell’infettività.

In caso ci fossero ancora in giro i non “credenti” nell’evoluzione…

Fonti:
phys.org
Georgia Tech
Moar on EF-Tu: proteina del mese su RCSB pdb.

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