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Approfitto del leggero momento di stanca che sta affliggendo la Lega negli utlimi due giorni per parlare di un horror che mi ha davvero messo in difficoltà. “Quella casa nel bosco” è uno di quei film di cui non vorresti mai essere chiamato a scrivere la recensione perchè per poterne davvero parlare dovresti immediatamente svelare all’ignaro spettatore il retroscena che ne sorregge la trama.
Ho volutamente tardato nello scrivere il mio giudizio, proprio per consentire il più possibile la visione della pellicola e finalmente potermi confrontare con chi ha assistito alla proiezione.

Cinque studenti di college si dirigono a bordo del loro camper alla volta di una casa nel bosco per trascorrere il week-end. Dopo aver fatto rifornimento in una pompa di benzina gestita dal più classico dei redneck giungono a destinazione. Ormai a loro agio nella baita, iniziano a giocare a obbligo e verità quando una botola si apre svelando una cantina colma di strani oggetti: di lì a poco saranno presi d’assalto da una famiglia di zombi, mentre da una sala-bunker un gruppo di tecnici osserva attraverso telecamere nascoste ogni loro mossa.
L’insieme dei protagonisti è quanto di più scontato potesse mai essere riportato su schermo: il mediano della squadra di football con la procace fidanzata bionda e svampita, il ragazzo afroamericano, compagno di squadra del mediano, ma che gioca solo per permettersi la borsa di studio, la finta cozza intellettuale ancora illibata, e il fattone di turno, sempre in preda a rollare spinelli e a sparare cavolate.

Come nel più prevedibile degli incipit il film dedica pochi minuti alla presentazione dei protagonisti, facendoli semplicemente salire sul camper per poi portare subito alla location dove si consumerà l’orrore, anch’esso scatenato nella più telefonata di tutte le maniere.
L’unica differenza rispetto ai vari american teen horror è data dal fatto che in contemporanea alle vicende dei vari comprimari ci vengono mostrati i dettagli di una bizzarra sottotrama che vede impegnati quelli che ad un primo impatto paiono essere dei tecnici che, all’interno di una gigantesca sala controllo, osservano in continuazione il gruppo di ignare vittime.
L’idea è intrigante sin dal primo segno di effettiva artefazione del contesto, che il regista, Drew Goddard, ci mostra per il tramite di piccoli dettagli che vanno man mano ingigantendosi destando nello spettatore il sempre più vivido sospetto di non essere esattemente di fronte a quel che gli si vuole mostrare.
Purtroppo l’illusione non dura più di 10 minuti perchè, sebbene rimangano dubbi per tutta la visione, questo puzzle di dettagli non fa fatica a combaciare nella mente del più attento osservatore e appassionato di horror a cui non resta altro da fare che assistere, talvolta anche annoiato, al totale delirio in cui il regista va guidando lo spettatore.

Il pregio di questo lavoro è quello di portare la trama ad un completo apice distruttivo con una carneficina horrorifica che più varia non si può. Una discesa agli inferi che oltretutto, nella sua esagerata spudoratezza, viene raccontata in maniera ironica strizzando sempre l’occhio al cinema di genere e infarcendo il contesto di citazioni. Purtroppo però l’esagerazione non è per tutti e alla lunga stufa. Chiarito l’iniziale dubbio non si fa altro che essere testimoni di un prevedibile epilogo, volutamente in linea con i classici film horror, caratterizzato semplicemente da una mega accellerata di mostruosità e violenza sul finale.

Mi rendo perfettamente conto che una recensione scritta in questi termini non dice nulla, ma il fulcro di The cabin in the woods a mio parere è proprio questo, lasciare allo spettatore il ruolo di burattinaio svogliato che assiste insensibilmente al crollo delle proprie marionette vittime dei cliché derivanti dai loro ruoli prestabiliti. Forse questa spiccia filosofia è davvero eccessiva, ma credo che il tentativo del regista sia proprio questo. Non un semplice e puro divertissement, ma qualcosa di più. Purtroppo il risultato finale non è esente da difetti, e alla fine, una volta svelato il “segreto di Pulcinella” che sta dietro alla trama, l’orgia horrorifica finale non riesce a risollevare il torpore generatosi dall’insieme di citazioni, cliché e luoghi comuni che costituiscono i 3/4 del film.
Un bel tentativo, andato a segno solo per metà.

Pubblicato in contemporanea su [url=http://schermosplendente.blogspot.it/2012/06/quella-casa-nel-bosco.html]schermosplendente[/url]