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[title]Nanotubi come l’amianto[/title]
Da tempo i [tag]nanotubi[/tag] di carbonio sono al centro di studi e sviluppi tecnologici per via delle loro proprietà meccaniche ed elettriche, ma alcuni studi mettono in luce la potenziale pericolosità di questi materiali, in particolare queste nanoparticelle tubolari sembrano poter dare effetti sulla salute del tutto simili a quello provocati dall’amianto.
Riguardo i danni che le fibre di [tag]amianto[/tag], o meglio asbesto, provocano a carico dell’apparato respiratorio ormai vi sono evidenze inconfutabili, tanto da far prendere provvedimenti alla quasi totalità degli stati del mondo. Il rischio per la salute è direttamente legato alla quantità e al tipo di fibre inalate, alla loro stabilità chimica, e a una predisposizione personale a sviluppare la malattia.
I [tag]nanotubi di carbonio[/tag] sono stati scoperti, del tutto casualmente, nel 1991 dal ricercatore giapponese [tag]Sumio Iijma[/tag] derivandoli dei fullereni. Esistenti in vasta varietà di lunghezze, sezioni e strutture, i nanotubi sono delle nanoparticelle con struttura tubolare o fibrosa a una o piu’ pareti. Uno studio condotto da ricercatori dell’Università di Edinburgo (Gran Bretagna), guidati da Ken Donaldson, ha portato alla luce il dato preoccupante di cui parliamo, si è evidenziato infatti come queste strutture possano causare nel topo una patologia simile a quella indotta dalle fibre di amianto. Questo significa che se i nanotubi in carbonio si comportano come le fibre di amianto, il rischio di ammalarsi di mesotelioma crescerà? Ad oggi, comunque non ci sono studi epidemiologici che riscontrano malattie specifiche nell’uomo legate alle queste o altre nanotecnologie.
[title]Mesotelioma[/title]
Il [tag]mesotelioma[/tag] e’ un tumore maligno che può colpire le membrane sierose di rivestimento dei polmoni (pleura) e degli organi addominali (peritoneo). La quasi totalità dei mesoteliomi è collegata all’esposizione ad amianto, questi tumori sono quasi inesistenti nella popolazione non esposta ad amianto, ma rappresentano il 15% dei tumori che colpiscono persone affette da asbestosi (malattia cronica conseguente appunto all’inalazione di fibre di amianto). Alla luce delle evidenze di tossicità dal 1992, l’uso dell’amianto e’ stato abolito per legge, anche se in alcune parti del mondo come Canada, Sud America, Russia, Cina, India e Brasile è ancora usato senza le dovute misure di sicurezza e adeguate precauzioni. In genere il tempo di latenza (ovvero il tempo che intercorre tra l’esposizione ad amianto e la comparsa della malattia) è dell’ordine di decenni e può anche superare i 40 anni dall’inizio dell’esposizione.
I sintomi del mesotelioma sono legati a una compressione dei visceri che sono a contatto con la massa tumorale; normalmente il primo segno nelle forme toraciche è costituito da un versamento pleurico, spesso emorragico, con rapide recidive, affanno, tosse stizzosa e comparsa insistente di alcune linee di febbre. La diagnosi si basa essenzialmente sulla presenza dei sintomi e esami radiografici. In tutti i casi sospetti l’indagine viene approfondita con altri esami strumentali, fra cui la T.A.C. e con esami istologici al microscopio di prelievi bioptici (pleuroscopia). In ogni caso la diagnosi differenziale fra tumore polmonare diffuso alla pleura e mesotelioma è spesso difficoltosa. Il decorso dei mesoteliomi è di solito molto rapido, accompagnato da un progressivo deterioramento delle condizioni generali. Sono possibili diffusioni del tumore ad altre sedi (metastasi) per il passaggio delle cellule tumorali nel circolo ematico o linfatico. La sopravvivenza è in genere inferiore a un anno dalla scoperta del tumore, e specialmente in soggetti giovani può limitarsi a soli sei mesi. A oggi non sono state individuate terapie efficaci.
[title]Amianto[/title]
L’amianto è un insieme di minerali del gruppo dei silicati, molto presente in natura nelle rocce e nel suolo. L’interesse iniziale per questo materiale è stato suscitato dalle sue proprietà di resistenza termica e meccanica, ma i riscontri di cancerogenicità ne hanno interrotto l’uso. L’amianto sfaldandosi in lunghe fibre sottilissime con diametro inferiore al decimo di micron viene facilmente inalato durante manipolazione e lavorazione. In passato, la mancanza di adeguate norme di sicurezza sui posti di lavoro ha facilitato l’espandersi delle malattie respiratorie indotte dall’amianto. Molti studi di tossicologia condotti sulle fibre hanno permesso di capire e definire il paradigma di attività delle fibre che si definisce sulla base della lunghezza, spessore e bio-persistenza. Questo paradigma identifica la geometria delle fibre come la loro più importante caratteristica tossicologica e non per come sono fatte chimicamente se non per il loro contributo alla bio-persistenza. Questa indipendenza dalla composizione chimica accomuna fibre diverse come anfibole e serpentine minerali dell’amianto, a fibre vitree, ceramiche ed organiche. Il diametro è importante perché da esso ne dipende il [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Particolato]diametro aerodinamico equivalente[/url] (Dae) e la permanenza del deposito polmonare sulla fibra.
I danni maggiori per la salute, legati all’esposizione a fibre di amianto, sono a carico dell’apparato respiratorio, legati quindi all’areodispersione delle fibre.
[more]Si ritiene che la maggior parte delle fibre inalate venga espulsa attraverso un meccanismo di [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Clearance]clearance[/url], mentre altre permangono a livello polmonare anche per anni. La clearance dei materiali fibrosi è generata dal movimento muco-ciliare, sia nel tratto faringeo che tracheo-bronchiale, e dalla fagocitosi attuata dai [url=http://it.wikipedia.org/wiki/Macrofago]Macrofagi Alveolari[/url] (MAs), con successiva rimozione muco-ciliare.
La “biopersistenza” delle fibre, depositate nel tratto respiratorio, deriva da una combinazione di processi fisiologici di depurazione (traslocazione meccanica o rimozione) e processi di tipo fisico-chimico (dissoluzione chimica, lisciviazione e rottura). Le dimensioni delle fibre, soprattutto la lunghezza, influenzano le differenze nel modo in cui avviene la loro eliminazione.
Le fibre intorno ai 20μm vengono fagocitate dai MAs in maniera incompleta, in un processo denominato “fagocitosi frustrata”, evento chiave nell’effetto tossico prodotto dai materiali fibrosi. Il risultato della fagocitosi incompleta è l’attivazione costitutiva dei macrofagi, i quali inducono uno stato infiammatorio cronico.
Pertanto, l’inalazione protratta di fibre d’amianto, caratterizzate da un’elevata biopersistenza, può determinare l’insorgenza di patologie infiammatorie croniche delle vie respiratorie o tumori come il mesotelioma della pleura.
Diversi studi negli anni 70 (Stanton et al.) sono stati condotti sul ruolo delle caratteristiche delle fibre nel mesotelioma usando un sistema di impianto delle fibre in gelatina direttamente sulla superficie del mesotelioma pleurico. Sebbene questo sistema rimane un’esposizione altamente artificiale, in linea di massima ha portato ad identificare che la carcinogenicità era legata alla non degradabilità delle fibre lunghe più di 10 μm. In studi condotti da Davis, Adamson et alt., ratti esposti a fibre di amianto lunghe sviluppavano tumore e fibrosi e quelli esposti a fibre corte no. La cavità peritoneale di topo è stata ed è usata come un modello sperimentale per gli studi di diretta esposizione mesoteliale e di tossicità delle fibre. La biopersistenza e la lunghezza interagiscono nel determinare la clereance delle fibre lunghe nei polmoni poiché le fibre lunghe possono andare incontro a processi eliminativi che posso sfociare nell’allontanamento della fibra o nell’indebolimento della fibra che si rompe in fibre meno lunghe, le quali possono rapidamente essere eliminate rispetto a quelle lunghe. Il tempo di emivita di una particella compatta, inerte, respirabile o una fibra corta nel tratto respiratorio di un ratto è generalmente di 60 giorni.
Si ritiene siano tre i meccanismi attraverso i quali le fibre di amianto promuovano azione citotossica: produzione di Specie Reattive dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS); induzione di alterazioni cromosomiche; sinergismo con altre sostanze ad azione cancerogena che si adsorbono sulla superficie delle fibre.[/more]
[title]Nanotubi in carbonio[/title]
I nanotubi in carbonio (CNT) sono uno dei prodotti più importanti della nanotecnologia, rappresentando un significante investimento e già sono incorporate in un gran numero di prodotti. Poiché la struttura delle CNT è essenzialmente una struttura fibrosa, le CNT sono state considerate pericolose e capaci di indurre patologie simili a quelle causate dall’amianto a carico del mesotelio e dei polmoni. I nanotubi possono essere molto compatti e piccoli come particelle o piu’ lunghe come delle fibre dritte.
Le particelle possono indurre fibrosi nei polmoni e cancro, mentre le fibre inducono gli stessi effetti ma non solo a livello polmonare ma anche a livello della pleura. Studi condotti sulla patogenicità dei nanotubi, hanno permesso di dimostrare che nella forma di fibre lunghe, le CNT provocano similarmente o forse anche maggiormente processi infiammatori e fibrosi nella cavità peritoneale, come le fibre prodotte dall’amianto. Al contrario, le fibre corte sia dell’amianto che le CNT non causavano infiammazione.
La fagocitosi frustata indotta da fibre lunghe sia derivate dall’amianto che quelle di nano carbone è riportata nella figura.
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La precauzione, però, è d’obbligo, anche perché l’impiego di materiali contenenti nanotubi non è ancora abbastanza diffuso. Si parla di racchette da tennis o parti di biciclette, anche se per ora le industrie non hanno il dovere di specificare l’uso di queste microscopiche strutture. Lo stesso Donaldson, autore delle studio, precisa che “siamo ancora lontani dal poter dire che i nanotubi causano tumore al polmone o alle membrane di rivestimento degli organi”. I dati sui rischi legati al loro uso sono molto scarsi, ad ogni modo lo studio inglese e i successivi lavori in merito potrebbero essere utili per cominciare a indagare la tossicità dei nanotubi prima che sia troppo tardi, in modo da contenere e controllare possibili rischi.
Riferimenti
-Donaldson, Aitken, Tran, Stone, Duffin, Forrest and Alexander, Carbon Nanotubes: A Review of Their Properties in Relation to Pulmonary Toxicology and Workplace Safety, Toxicological sciences 92(1) 5–22 (2006)
-Poland, Duffin, Kinloch, Maynard, Wallace, Seaton, Stone, Brown, MacNee & Donaldson, Carbon nanotubes introduced into the abdominal cavity of mice show asbestos-like pathogenicity in a pilot study, Nature Nanotechnology 3, 423 – 428 (2008)
-Osmond-McLeod1 ,Poland, Murphy, Waddington, Morris, Hawkins, Clark, Aitken, McCall1 and Donaldson, Durability and inflammogenic impact of carbon nanotubes compared with asbestos fibres,Particle and Fibre Toxicology 8:15 2011
-[url=http://www.mesoteliomamaligno.it/info.htm] amianto e mesotelioma [/url]
-[url=http://en.wikipedia.org/wiki/Carbon_nanotube] Wikipedia – Nanotubi di carbonio (eng) [/url]
-[url=http://www.asbestos.com/mesothelioma/nanotechnology/carbon-nanotubes-mesothelioma.php] Mesothelioma and Nanotechnology – Asbestos.com [/url]