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Ok, mi preapro al peggio. So che questo film non è particolarmente adatto agli utenti dela lega, ma se ne parlo è solo ed unicamente perchè raramente si ha la fortuna di vedere un film ben riuscito.
Quasi Amici è uno di quelli e qualsiasi cine-nerd che si rispetti non può fare a meno di concedere almeno una visione ad un lavoro che, dalla sua uscita cinematografica, datata lo scorso 24 febbraio, sta continuando a riscuotere successo.

La pellicola del duo francese Olivier Nakache e Éric Toledano narra l’improbabile amicizia tra Driss (Omar Sy) senegalese immigrato che vive nella banlieu parigina, e Philippe (François Cluzet) ricco aristocratico tetraplegico dei quartieri alti della capitale francese.
Trovatosi fuori dal carcere dopo aver scontato una condanna di sei mesi, il nero Driss ha bisogno dell’attestato di partecipazione ad un colloquio di lavoro per ottenere il sussidio di disoccupazione.
Per puro caso l’ex galeotto si presenta presso l’abitazione di Philippe dove che rimane stupito dalla schiettezza e dai modi di fare assolutamente diretti mostrati dal potenziale collaboratore durante il colloquio. Contravvenendo a tutte le raccomandazioni del suo staff l’uomo decide di assumere Driss affinchè provveda alle sue necessità.
Il rapporto tra i due, iniziato come la più classica delle relazioni assistenziali fra badante e badato, si trasforma a breve in una profonda amicizia, caratterizzata dalle enormi divertsità dei due protagonisti.

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Fra corse in Maserati per gli Champs Elisee, taroccamenti di carrozzelle e consigli da latin lover Driss riesce a far tornare il sorriso a Philippe aiutandolo a superare, oltre al trauma che lo lega alla sedia a rotelle, anche il blocco dei suoi sentimenti.
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Letta così la trama potrebbe far pensare che Quasi Amici sia un film dominato dai classici luoghi comuni del genere: il ricco tetraplegico nobile e il povero nero del ghetto impegnati in una serie di gag a profusione fino all’arrivo del momento tragico risolto dal classico lieto fine. Non nascondo che, seppur in parte, il film segue questo classico e generalissimo schema, ma lo fa con grande classe ed attenzione per i messaggi che il duo alla regia ha voluto trasmettere.
Le gag ci sono, ma nessuno dei due personaggi principali sfocia in interpretazioni di ruoli macchietta, anzi, l’aspetto che più si apprezza della pellicola è l’intercambiabilità che la sceneggiatura è riuscita a dare ai due protagonisti, che si alternano all’interno dei propri ruoli in maniera assolutamente credibile.

Certo non si può chiedere originalità ad una storia fatta per colpire e commuovere, ma soprattutto per regalare allo spettatore l’illusione che un’esperienza così possa essere davvero vissuta.

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E invece anche su questo punto si rimane spiazzati, durante la scena finale quando, dopo una conclusione che lascia intendere un forte cambiamento di situazioni fra i due protagonisti ci viene mostrato il loro vero volto perchè la pellicola è tratta da una storia vera.
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La regia fa ottimamente il proprio dovere in ogni scena, toccando addirittura un picco di estremismo in un paio d’inquadrature realizzate mediante la telecamera GoPro.
Alla fine si esce dalla sala col sorriso sulle labbra e l’occhio un po’ lucido perchè è davvero bello che storie simili, seppur romanzate per il grande schermo, possono davvero esistere ed in fondo è giusto volerle condividere col pubblico.

Confesso di essere andato al cinema solo ed unicamente per accompagnare mia moglie, col classico bagaglio da prevenuti che ci si porta dietro in situazioni del genere. Beh, mi sono ricreduto.

Già pubblicato su schermosplendente