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I padri dimenticati del videogioco – prima parte

Giganti goffi e “ferrovieri”

Siamo nel 1960, i chip di silicio avevano oramai soppiantato i transistor, e i computer diventano via via più piccoli, veloci e potenti (ovviamente rispetto alle gargantuesche dimensioni di allora). I Floppy disk venivano usati al posto delle schede perforate, oramai obsolete; basta pensare che un Floppy da 3.5 pollici poteva memorizzare una quantità di informazioni pari ad una montagna di schede perforate.
Per quanto riguarda il mondo dei giochi, la trasformazione più grande fu data dal modo in cui i computer visualizzavano le informazioni.
Fino a quel momento pochissime unità avevano dei monitor che venivano utilizzati per visualizzare informazioni in output, perlopiù venivano utilizzate delle telescriventi per comunicare con i grandi mainframe dell’epoca.
Per tutti gli anni 60 negli Stati Uniti solamente l’università dello Utah, Stanford e il MIT avevano computer a cui era connesso un monitor.
Nel 1961 i due computer del MIT erano un gigantesco IBM 709, che i membri del TMRC (Tech Model Railroad Club, un gruppo di appassionati hacker che gravitava attorno al polo universitario) chiamavano “The Hulking Giant” (Il gigante goffo), e un TX-O, uno dei primi computer che utilizzava i transistor.
[more]Piccola curiosità, il TX-O, anche se più piccolo dell’IBM, richiedeva ben 15 tonnellate di dispositivi per l’aria condizionata al fine di raffreddarlo. A differenza del 709, inoltre, che utilizzava schede traforate, il TX-O codificava i dati su lunghi nastri di carta.[/more]

La maggior parte degli studenti gravitava attorno all’IBM 709, con il risultato che il TMRC sviluppò un vero e proprio sdegno nei confronti del sistema stesso, preferendo il ben più efficiente TX-O, sviluppato inizialmente per scopi militari.
Era più piccolo, più sottile e aveva connesso anche un monitor!
Lavorando con il TX-O molti dei membri del TMRC iniziarono a distinguersi come “master programmer”.
Fu nell’estate del 1961 che la Digital Equipment donò al MIT il PDP-I (Programmable Data Processor-I), il quale, comparato con l’ ”Hulking Giant” ed il TX-O era ben più piccolo; aveva appena la dimesione di una macchina familiare!
[spoiler]

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Veniva venduto per appena 120.000$, e come il TX-O aveva un terminale di output; il TMRC lo adottò immediatamente.
Quelli erano i tempi in cui i computer erano rari come un reattore nucleare, e gli hacker scrivevano programmi perlopiù per il proprio interesse personale e la voglia di dimostrare qualcosa a chi come loro amava quanto gravitasse attorno a questo mondo.
Creare un nuovo programma era considerato un hack davvero notevole, come fare una correzione ad un programma sviluppato da altri.

Fu in questo scenario che un giovane Railroader, appena trasferito da Darthmouth College decise di creare l’hack definitivo: un gioco interattivo.
Il nome di questo ragazzo era Steve Russel

Steve Russel e la creazione di Spacewar

Russel era un ragazzo piccolo e nervoso, appena arrivato all’interno del TMRC; inoltre parlava poco, aveva gli occhiali e i capelli corti. Nonostante fosse, di fatto, un novellino, Russel si era già guadagnato una certa fama grazie ad avere collaborato, con un professore, all’implementazione di un linguaggio di programmazione denominato “LISP”.

A Russel fu subito appioppato il nomignolo di “slug” (lumaca), ma a dispetto di tale soprannome era una persona sveglia e energica; inoltre amava leggere libri di fantascienza: in particolare era un gran fan di Doc Savage (un personaggio che ricordava parecchio Flash Gordon).
Quasi a volere riflettere questa sua passione decise di ambientare il suo hack interattivo nello spazio, ed ovviamente la sua proposta generò ben più di semplice eccitazione negli altri membri del club. Purtroppo però furono proprio loro a creare problemi allo stesso Russel, poiché nei mesi successivi chiesero diverse volte al ragazzo quando tutto sarebbe stato ultimato. Loro (gli altri Railoader) inziarono a lamentarsi che il progetto fosse una perdita di tempo, lui, invece, diventò via via sempre più frustrato e demotivato. Fu Alan Kotok, uno dei membri più anziani del TMRC, che si prese carico di spingere Russel a finire il suo lavoro. E lo fece davvero in modo ineccepibile, addirittura, quando Russel gli disse che gli serviva una sine-cosine routine per poter partire, Kotok andò direttamente dalla Digital Equipment (che aveva creato il PDP) e chiese se potessero fornirgliela.
Lo stesso Russel ricorda questo episodio:

Eventually, Allen Kotok came to me and said, “Alright, here are the sinecosine routines. Now what’s your excuse?” He’d gotten it out of the [Digital Equipment] users’ library. Since I had run out of excuses, I sat down and wrote the program to run two spaceships on the CRT, which you controlled with switches. The prototype
was completed in 1961 and the finished version in 1962.

A Russel servirono circa 6 mesi e 200 ore per completare la prima versione del gioco: un semplice duello fra navicelle spaziali. I giocatori potevano controllare le navi semplicemente interagendo con degli switch costruiti nel PDP-I; potevano essere controllate sia la velocità che la direzione delle navicelle, le quali potevano anche sparare dei torpedo. Russel chiamò il gioco “Spacewar”.

It was a two-player game; there wasn’t enough computing power available to do a decent opponent. I was the first person to not make money on a two player computer game.
They (the rockets) were rather crude cartoons. But one of them was curvy like a Buck Rogers 1930s spaceship. And the other one was very straight and long and thin like a Redstone rocket. They were commonly called the Needle and the Wedge.
Except for the pacing, Spacewar was essentially like the game Asteroids. The spaceship controls were four switches. One let you rotate counterclockwise, another was for rotating clockwise, one fired your rocket for thrust, and the last one fired your torpedoes. The basic version used switches on the console, and your elbows got very tired.

Nel tipico stile del TMRC club gli altri componenti migliorarono e modificarono Spacewars. Alcune delle modifiche migliorarono il gioco a tal punto da diventare elementi imprescindibili del gioco stesso. Quando Spacewar fu ultimato aveva una accurata mappa stellare come sfondo e un sole con un suo proprio campo gravitazionale sulla parte “frontale” (ovvero dove avveniva il combattimento fra le navicelle).

I started out with a little prototype that just flew the spaceships around. Pete Sampson added a program called Expensive Planetarium that displayed stars as a background. Dan Edwards did some very clever stuff to get enough time so that we could compute the influence of gravity on the spaceships. The final version of that was done in the spring of 1962.

Le battaglie si svolgevano attorno al sole implementato da Edwards; i giocatori migliori sapevano accelerare nei pressi del campo gravitazionale del sole, girarci attorno, e prendere i giocatori meno esperti con la guardia scoperta. Ovviamente avvicinarsi troppo al sole significava andare in contro ad una morte prematura.
Un’altra introduzione parecchio interessante fu quella del salto nell’iperspazio; quando un giocatore era intrappolato poteva premere un pulsante specifico e scomparire, con il rischio però di apparire in un punto casuale dello schermo, persino vicino al sole stesso.
Per aggiungere del realismo Russel originariamente rese le traiettorie dei suoi missili impredicibili, alcuni volavano dritto, altri viravano, ma basandosi sulle reazioni dei giocatori decise alla fine di optare per una semplice implementazione in cui questi volavano in linea retta.
A parte questi ritocchi la visione iniziale di Russel rimase intatta.
Il TMRC, però, non soddisfatto decise di introdurre una ulteriore miglioria, di fatto inventando un’altra fondamentale novità nel mondo del gaming.
Alan Kotok e Bob Sanders, stanchi dei gomiti dolenti, a causa degli switch che dovevano essere premuti per controllare il gioco assemblarono dei controllers che potevano essere collegati al computer. I controller erano di gran lunga più facili da utilizzare dei controlli del PDP-I e avevano pulsanti dedicati per ogni funzione del gioco, dai missili al salto nell’iperspazio.
Avevano inventato il gamepad.
Nonostante l’incredibile hack di Russel avesse fatto scalpore in tutto il MIT lui non ricavò nemmeno un penny dalla sua invenzione. I PDP non erano di certo calcolatori per l’uso della gente comune, e di certo non erano semplici e pratici come i futuri coin-op.

Alla fine la Digital Equipment iniziò ad usare Spacewar come programma diagnostico. Steve Russel non si laureò mai, ma decise di seguire un professore alla Stanford University per poi incontrare negli anni 70 un altro mago dei computer, un certo Bill Gates (che come si nota dalla citazione aveva già una notevole predisposizione per i crash).

Steve Russell wound up years later in Seattle, working for a time-share computer company. They would bring in kids after school and have them pound on keyboards to see if they could make the computers crash. There was only one kid who could crash them no matter what they did. The kid was named Bill Gates. There’s just this interesting little intersection of worlds that I just thought was a really fascinating thing.
-Tom Zito, president, Digital Pictures

Spacewar fu di fatto il primo gioco per computer, e Steve Russel non provò né a proteggere quanto da lui creato con copyright né a guadagnarci con le royalties. Era un hacker “puro” e aveva creato il gioco solo con lo scopo di mostrare a tutti cosa potesse essere fatto.
Altri non condividevano questa visione utopica, anzi, vedevano nei videogiochi una fonte possibile di guadagno, magari riuscendo a connetterli semplicemente ad una televisione.

E fu allora che arrivò Ralph Baer. Ma questa è un’altra storia…

Continua…

via Wikipedia IT | Wikipedia EN | Libro “The Ultimate History of Video Games

[Classically Trained] è la rubrica a cura di @ilsologheo00 e @papaincacchiato che tratta la storia dei videogiochi e delle console.

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