Il batterio gigante con migliaia di genomi

Epulopiscium fishelsoni è grosso, molto grosso.
Nel 1985 lo scienziato israeliano Lev Fishelson ha isolato questa bestia dall’intestino del pesce chirurgo e senza pensarci 2 volte l’ha classificato come protista, visto che era grosso 4 volte un paramecio. Le cellule, di forma allungata, possono raggiungere le dimensioni di 700 x 80 µm e un volume di 2000000 µm³. Considerate che Escherichia coli ha dimensioni di 2 x 1 µm e volume di circa 2 µm³. Cioè accostarli è come accostare una palla da rugby con un dirigibile, in un E. fishelsoni ci puoi far entrare un milione di E. coli.

Ma nel 1993 è stata fatta la sequenza del rRNA ed è emerso che si tratta di un batterio! In particolare un G+, del phylum dei firmicutes e classe clostridia.
Il suo stile di vita è quello del simbionte con il pesce chirurgo (Acanthurus nigrofuscus, foto sotto) del Mar Rosso.
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Se può non sembrare impressionante per le dimensioni, deve impressionarvi la sua estrema poliploidia: può arrivare a contenere 200 MILA copie del suo genoma. Un po’ come se le nostre cellule contenessero 4600000 cromosomi, anziché 46!
Si ipotizza che tale strategia estrema serva a far fronte al volume assurdo che richiede quindi un adeguato livello di espressione assurdo delle proteine per espletare le funzioni vitali. O viceversa, avendo la tecnologia per mantenere una tal poliploidia, può permettersi di mantenere un volume così assurdo. Sembra infatti che il volume della cellula (che può variare di 3000 volte) sia correlato al numero di genomi contenuti. L’enorme volume riduce il rapporto superficie cellulare/volume, essenziale per la vita. In parte questo problema è risolto dalle invaginazioni della membrana cellulare che ne aumentano la superficie e da un sistema molto complesso di uptake dei nutrienti.
Perché sbattersi così tanto per avere un volume enorme? Una delle ipotesi più accreditate è per sfuggire alla predazione.

Ma le stranezze non sono finite. Può questo procariote riprodursi “normalmente” per fissione binaria? Ovviamente no, troppo facile.
Il Epulopiscium fishelsoni usa un sistema di riproduzione viviparo, cioè come noi! Al suo interno “costruisce” da 1 a 12 cellule figlie, una volta mature, lisa (=esplode) e le lascia libere. E’ una specie di sporulazione, ma negli altri batteri la sporulazione è una strategia di sopravvivenza in condizioni avverse, in questo è la regola.

Sono stati isolati molti ceppi di Epulopiscium dai pesci chirurgo, ma non si è ancora riusciti a coltivarli. La simbiosi sembra quindi un requisito essenziale per il batterio.
Il batterio infatti si è evoluto per seguire un ciclo vitale giornaliero correlato a quello del pesce.
Di giorno il pesce si nutre di alghe, nel batterio i 2 nucleoli (DNA condensato) sferici e compatti migrano ai poli e si allungano occupando via via fino al 75% del volume della cellula. La cellula si allunga e verso sera ha inizio la sporulazione. Probabilmente il batterio aiuta il pesce a digerire le alghe, come fanno molti clostridi nell’intestino di altri organismi.

Epulopiscium fishelsoni è grosso, ma non è il batterio più grosso: Thiomargarita namibiensis arriva ad una lunghezza di 800 µm (facilmente visibile ad occhio nudo!), ma l’80% del suo volume è occupato da un enorme vacuolo che usa come serbatoio di sostanze nutritive (foto sotto).

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Il vero record di Epulopiscium fishelsoni è il numero di copie del genoma (100-200mila).

Fonti:
Nature
Paper su ASM.
wiki.

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