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In seguito all’articolo sulla [url=https://leganerd.com/2011/05/29/la-bottiglia-della-vita/]Bottiglia della Vita[/url] scritto da @belmoth ho pensato di descrivervi il funzionamento dei Carboni Attivi che sono parte integrante della suddetta bottiglia (insieme a delle membrane sulle quali probabilmente altri ne sanno più di me) e delle [b]brocche filtranti[/b] che si stanno diffondendo sempre di più nelle case degli italiani (io ce l’ho).
I carboni attivi sono materiali solidi porosi di origine vegetale, prodotti a partire da materiale organico (carbone minerale, legno, noci di cocco, fuliggine, polimeri sintetici, etc.), mediante un processo di carbonizzazione, ovvero riscaldamento in assenza di aria a temperature inferiori a 700°C.
[more]In questa fase, il substrato subisce decomposizioni termiche e molto del materiale non carbonioso viene volatilizzato, attraverso un processo di pirolisi. Successivamente, attraverso un opportuno trattamento termico di attivazione, utilizzando una corrente di gas costituita prevalentemente da CO2, a temperatura superiore a 800°C, vengono eliminate tutte le impurità della superficie esterna, con un aumento della porosità.
Il processo di attivazione può essere condotto anche per via chimica utilizzando trattamenti superficiali con acidi, basi, soluzioni saline o agenti complessati, in maniera da conferire al carbone la sua tipica struttura porosa.[/more]
Come effetto dell’attivazione si ha la formazione di una serie innumerevole di pori che, sviluppandosi all’interno di tutta la massa del carbone, gli conferiscono un’elevata superficie specifica che può variare da [b]500 a 3000 m2/g[/b]. La qualità del sorbente, ed in particolare la sostanza dalla quale viene ricavato, e il tipo di processo di attivazione cui viene sottoposto influenzano la quantità e la misura dei pori in esso presenti.
[more]La porosità viene classificata dalla IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry) in tre famiglie distinte al variare delle dimensioni dei pori:
1. macropori (> 500 Angstrom);
2. mesopori (20 ÷ 500 Angstrom);
3. micropori (< 20 Angstrom).
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Dopo aver selezionato il tipo di carbone attivo più adatto ad eliminare dall’acqua (o da un altro fluido che sia un liquido o un gas) la sostanza inquinante costruiamo un filtro dove verranno in contatto il fluido ed il solido (carbone attivo) e, per ADSORBIMENTO, l’inquinante verrà rimosso.
[more]L’adsorbimento è un fenomeno di trasferimento di materia in cui una molecola di una specie chimica in fase fluida (gas, liquido) si lega alla superficie di un solido con cui viene a contatto, grazie alla presenza di forze di attrazione che si generano sulla superficie di interfaccia solido/fluido. La specie sottoposta ad adsorbimento è detta adsorbato, mentre la fase solida è detta adsorbente.
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All’interno del carbone attivo, grazie ai meccanismi di adsorbimento fisico e/o chimico, l’inquinante si fissa al solido. Il filtro ben dimensionato continuerà a tirar fuori concentrazioni pressoché nulle di inquinante finché non si saturerà, a quel punto ci sarà un rapidissimo aumento dell’inquinante in uscita, il filtro è esaurito.
[more]La quantità e la distribuzione della misura dei pori hanno una profonda influenza sulle caratteristiche adsorbenti dei carboni attivi, in quanto, esse determinano le interazioni soluto-sorbente.
L’adsorbimento nei micropori è sostanzialmente un processo di porefilling, possibile per quelle molecole le cui dimensioni sono compatibili con quelle dei pori stessi. La microporosità di un carbone cresce all’aumentare della sua superficie specifica ma il parametro controllante il processo è rappresentato dal volume totale di micropori stessi. All’interno dei micropori, la molecola adsorbita è soggetta ad un’interazione multipla con le superfici interne del poro e, quindi, con una maggiore energia di legame.
Nel caso dei mesopori e macropori, invece, anche la superficie specifica assume un ruolo importante, dal momento che l’interazione soluto-sorbente avviene solo ad una certa distanza tra essi e non in ogni parte del volume vuoto dei pori. Per essi è anche possibile avere un adsorbimento multi-strato, ma, mentre, per i mesopori è ipotizzabile un meccanismo di adsorbimento per condensazione capillare, la piccola superficie specifica dei macropori ne limita l’influenza sulle capacità di adsorbimento, relegando gli stessi al ruolo di trasporto dell’adsorbato nei micropori.
I legami chimici che si formano tra gli atomi di carbonio, costituenti la superficie del solido e una parte delle molecole presenti nel fluido con cui esso viene in contatto, possono essere di intensità variabile, in quanto, essi possono essere deboli (legami secondari), e quindi reversibili al mutare delle condizioni fisiche del sistema, o forti (legami primari) caratterizzati dal fatto di non essere reversibili.
La forza dei legami varia in funzione delle caratteristiche delle sostanze presenti nel F uido e questo influenza l’efficienza della tecnica di abbattimento.
L’utilizzo dell’adsorbimento come processo unitario richiede la selezione di un carbone appropriato in dipendenza delle caratteristiche degli inquinanti e delle esigenze generali di processo. Nelle diverse applicazioni, essi possono essere utilizzati in forma granulare (Granular Activated Carbon – GAC) o in polvere (Powdered Activated Carbon – PAC).[/more]
Da un punto di vista termodinamico l’adsorbimento è un processo spontaneo (ΔG<0) e caratterizzato da una diminuzione dell’entropia della sostanza adsorbita e inglobata nel solido (ΔS<0), per cui da ciò è possibile trarre che è un fenomeno esotermico (ΔH<0) e come tale risulta essere [b]favorito da valori bassi della temperatura[/b].
Sulla base della natura delle forze che sono coinvolte nell’attrazione tra materiale adsorbente e inquinante si possono distinguere due diversi tipi di adsorbimento:
– adsorbimento fisico
[more]Nell’adsorbimento fisico la molecola del contaminante viene trattenuta sulla superficie del materiale adsorbente da deboli forze di natura elettrostatica con energia di legame molto bassa rispetto a quella che normalmente caratterizza i legami ionici (calore di adsorbimento inferiore o uguale a 5 kJ/mole). Tali forze sono sempre attrattive e consentono la realizzazione di legami; comunemente, le interazioni tra molecole con dipoli permanenti sono denominate legami dipolo dipolo (forze di Van der Walls), mentre quelle tra dipoli temporanei, indotti dalla rapida fluttuazione della densità elettronica di una molecola o dalla presenza di molecole con distribuzione di cariche non uniforme, sono denominate forze di dispersione o di London. Solitamente il processo non è dissociativo e il soluto è legato in forma molecolare alla superficie adsorbente e in maniera indipendente dalla sua forma geometrica. L'adsorbimento fisico è sempre esotermico.[/more]
– adsorbimento chimico
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Si parla di adsorbimento chimico o chemiadsorbimento, invece, quando la molecola adsorbita viene fissata attraverso veri e propri legami chimici (calore di adsorbimento dell'ordine di 20-100 kJ/mole) e, quindi, quasi sempre in maniera dissociativa; a differenza di quello fisico, il chemiadsorbimento può avvenire esclusivamente in monolayer. Il legame può essere di tipo ionico o covalente ed in ogni caso determina una sostanziale modifica delle configurazioni elettroniche. In questo caso, inoltre, l’adsorbimento è molto più selettivo ed in molti casi anche irreversibile.
L’adsorbimento chimico è un processo attivato: la velocità dipende dalla temperatura e tende a diminuire al diminuire di quest’ultima. Sebbene questa distinzione sia concettualmente utile, esistono molti casi intermedi di non semplice classificazione.[/more]
Il trasporto di materia dalla soluzione alla superficie del solido può essere schematizzato con una serie di step successivi ad ognuno dei quali è legato un contributo alla resistenza globale:
– Diffusione esterna: trasporto attraverso lo strato d’acqua (film) più direttamente a contatto con la particella solida;
– Diffusione interna: trasporto all’interno dei pori fino al raggiungimento del sito attivo;
– Adsorbimento: formazione del legame tra sorbente e sorbato.
Gli ultimi due meccanismi sono in serie con il primo ma agiscono in parallelo tra loro. In ogni caso il più lento di tutti costituirà lo step limitante e di conseguenza controllerà la velocità di adsorbimento; generalmente in regime di moto turbolento la diffusione interna offre la maggior resistenza.
Una volta che il filtro è esaurito ci sono due modi di risolvere: buttarlo e comprarne uno nuovo (quello che fate a casa con le brocche filtranti), o lavarlo in contro corrente con acqua ad una temperatura diversa (tipicamente più alta) che sposta l’equilibrio delle reazioni e fa avvenire il rilascio dell’inquinante. Ovviamente si presume che questa operazione debba consumare molta meno acqua di quella che si è depurata, altrimenti non ha molto senso. Tipicamente in un impianto industriale quest’acqua carica di inquinante viene poi mandata a trattamenti più spinti che sarebbero stati troppo costosi e dispersivi se eseguiti su tutto il volume d’acqua in uscita dall’impianto.
Va da se che questi filtri rimuovono sostanze inquinanti, ma non virus o batteri. Sono adatti a trattare l’acqua delle vostre case quando c’è [b]troppo cloro[/b] o c’è qualche sapore che non gradite, ma NON se c’è una contaminazione batterica (ma tranquilli, se sentite il sapore di cloro difficilmente sarà sopravvissuto qualche batterio).
Non provate a rigenerare i filtri di casa vostra che se non conoscete le isoterme sgarrate e il filtro non funziona più.
Anche il carbone vegetale che vendono in farmacia per eliminare il “gonfiore addominale” è carbone attivo (che adsorbe i gas che fermentano nella pancia), infatti va evitata l’assunzione insieme ai farmaci, perché potrebbe adsorbirli.
[b]EDIT[/b] per chiarire, in seguito a quanto detto nei commenti: se l’acqua di casa vostra non è potabile non sarà una brocca filtrante a renderla potabile (anche se il sistema dei carboni attivi applicato per bene a livello industriale è capace di fare cose davvero strabilianti). Rimuove il cloro, punto. Magari cattura qualche altro minerale, ma niente di che, si tratta di un miglioramento del sapore più che altro. Se io ritenessi che l’acqua di casa mia non fosse potabile (potete comprare cartine tornasole in farmacia per delle verifiche veloci o farla analizzare all’ASL/USL) prenderei l’acqua minerale.
Via: studi universitari