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(in foto: una delle portate principali del pranzo pasquale.)
M’è arrivato lo ZTE e non ho tempo di scrivere un cazoz ultimamente, si sà. Comunque sia, avevo promesso e sotto velate minaccie di qualcuna, eccomi ancora una volta col consueto appuntamento alla riscoperta della vetusta tradizione culinaria partenopea.
Siamo ormai a Pasqua e le feste, diobbono, vanno onorate con tutti i crismi. Non ci sono cazzi e non accetto compromessi a Pasqua. Voglio star male, mangiare fino a scoppiare perché, saltando anche una sola portata, mi sentirei poco devoto alla tradizione e alla mia napoletanità. Ma andiamo con ordine.
Sicuramente, la cucina napoletana a Pasqua è una delle cose più deliranti alle quali un uomo può assistere (sopravvivere) nella sua grama esistenza. Un trionfo di tutto, ricchezza infinita di sapori e ingredienti, studi accuratissimi e scientifici della cronologia di ogni piatto per riuscire in un unico e nobilissimo fine: festeggiare la Pasqua e la primavera mangiando come se non ci fosse un domani.
Spiegare ogni ricetta e ogni piatto sarebbe un’impresa fin troppo epica e lo ZTE unitamente alla nevralgia latente, mi lasciano la sola scelta di individuare un menù, che non rispecchierà il tipico pranzo di Pasqua, ma sarà bensi un compendio di quanto di meglio si può assaporare in queste giornate. Procediamo in ordine di portata.
Antipasto – ‘o Tortano (Sabato Santo)
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Farina gr. 500 – Lievito di birra 1 dado – Sugna gr. 150 – Parmigiano gr. 50 – Provolone gr. 100 – Salame gr. 100 – Uova sode 2 – Ciccioli fatti in casa gr. 150 – Pepe in abbondanza – Sale quanto basta.
Lavorate la pasta col lievito e con la sugna e mettetela a crescere coperta in un luogo riparato, fino a quando non sarà aumentata di volume, orientativamente per due ore. Prendetela ora, e stendetela sul piano di lavoro in forma rettangolare: cospargetela con la roba preparata per il ripieno, il provolone tagliato a dadini, il salame tagliato a listelli, le uova sode a spicchi ed i ciccioli, parmigiano e pepe. Arrotolate l’impasto in forma di un grande salame e chiudetelo poi a ciambella. Ungete molto bene di sugna una teglia, mettetevi il tortano e fatelo nuovamente crescere in un posto tiepido. Infornatelo in forno ben caldo e fatelo cuocere per circa un’ora fino a quando infilandovi uno stecchino, lo ritrarrete asciutto. Può essere servito sia caldo che freddo.
(NdT: per la lievitazione dei tortani si era soliti avvolgerli in coperte di lana preriscaldate e riporli in luoghi asciutti e ben isolati termicamente, come i cassetti dei comò o le cassepanche che all’epoca era frequente trovare nella mobilia di una casa)[/more]
Primo – ‘a Frittata ‘e Maccarun (Sabato Santo e Pasquetta)
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Vermicelli gr. 500 – Uova 6 – Burro gr. 100 – Parmigiano.
Si lessa e si scola al dente la pasta, si condisce con burro e parmigiano, e se si vuole, secondo i gusti, anche basilico o prezzemolo. Si sbattono come per la frittata le uova, dopo averle salate, e si mescolano ai vermicelli. Nel frattempo si avrà cura di mettere al fuoco una padella da frittura con un po’ di olio o di burro e quando il grasso sarà ben caldo vi si butteranno i maccheroni, che ci auguriamo siano stati scolati al dente. Abbassate quindi la fiamma perché l’uovo all’interno della frittata possa rapprendersi e quando questa vi sembrerà cotta da un lato, rivoltatela perché cuocia dall’altro.
(NdT: piatto tipico del picnic di Pasquetta, la frittata di maccheroni è molto diffusa nel napoletano anche secondo diverse varianti, tutte molto gustose: macchiata al sugo, con salame o con altri formati di pasta, anche non lunghi, che però necessiteranno di un numero maggiore di uova per compattarsi.)[/more]
Secondo – ‘o Capretto Case e Ova (Pasqua)
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Capretto o agnello kg. 1,500 – Piselli kg. 1 – Uova 4 – Cipolla 1 – Parmigiano gr. 50 – Olio o sugna gr. 150 – Sale e pepe secondo il proprio desiderio – Il succo di un limone.
Fate soffriggere la cipolla affettata nel grasso a fuoco vivace finché cominci ad imbiondire e unitevi il capretto o l’agnello preventivamente lavato e sgocciolato. Quando la carne comincerà a colorirsi abbassare la fiamma sale la fiamma ed aggiungete di tanto in tanto qualche cucchiaio di acqua. Quando il capretto sarà quasi cotto unitevi i piselli già lessati se sono freschi, o come escono dalla scatola e fateli insaporire qualche minuto. Subito prima di portare a tavola sbattete le uova col formaggio grattugiato, come per frittata, buttatele nella pentola e mescolate velocemente In modo che l’uovo si distribuisca equamente e resti morbido. Completate con il succo di limone e servite.
(NdT: sono un fanboy del cazzo. Giuro. Posso fare a meno di tutto ma non del capretto\agnello. E la cosa peggiore è che diventa una specie di droga, con quel suo sapore di latte ben miscelato nella tenerezza dilagante e scioglievole dei pezzi… Muoio.)[/more]
Contorno – ‘a Carcioffola arrustuta (Pasqua)
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4 carciofi freschissimi “mammarella” o 8 se piccoli – Aglio – Prezzemolo – Olio – Sale.
Tagliate i gambi dei carciofi lasciandone almeno 5 cm, lavateli e sbatteteli sul tagliere per far aprire le foglie. Inserite all’interno un pizzico di sale, un pezzetto d’aglio, un filo d’olio e il prezzemolo. Se li volete ancora più saporiti aggiungete un pezzetto di pancetta e un pezzetto di pecorino. Infitali nella brace incandescente e fateli cuocere ruotandoli e aggiungendo un filo d’olio ogni tanto. Quando le foglie esterne saranno tutte bruciacchiate toglieteli dalla brace, elimatele con un coltellino. Servite subito in tavola aggiungendo un pizzico di sale.
(NdT: i carciofi arrostiti non sono tipici della cucina napoletana napoletana, ma bensì sono una produzione delocalizzata nell’agro Nocerino-Sarnese, di cui Scafati ne è parte. Un buon scafatese sa benissimo quando sta per arrivare Pasqua, perché nelle domeniche di Quaresima, per i vicoli della città si alzano coltri dense di fumo. Conosce quel pro-fumo meglio di qualsiasi altra cosa e riesce a riconoscerlo anche a distanza di chilometri. Il carciofo arrostito è la vera primavera.)[/more]
Dolce – ‘a Pastiera (Pasqua e Pasquetta)
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Qui impieghiamo molte risorse e parole. La Pastiera è un’istituzione e non si può lesinare.
Ingredienti per la pasta: Farina gr. 600 – Zucchero gr. 300 – Burro gr. 300 – Rossi d’uova 6.
La pasta dell’involucro è una comune pasta frolla, che potrete eseguire anche il giorno prima con gli ingredienti suddetti.
Ingredienti per il ripieno: Grano gr. 500 – Ricotta gr. 500 – Farina 3 cucchiai – Latte 1/2 lt. – Uova intere 9 – Acqua di fiori d’arancio – Zucchero gr. 500 – Una noce di burro o di sugna – Canditi (cedro, scorzette d’arancia e cocozzata) gr. 150.
Fate cuocere il grano coperto d’acqua con la noce di sugna o di burro per un paio di ore e preparate la crema pasticcera con tre rossi d’uova, ½ litro di latte, 3 cucchiai colmi di zucchero e tre cucchiai rasi di fecola o di farina. Passate o frullate la ricotta e mescolatevi lo zucchero rimasto, i rossi delle uova avanzate, l’acqua di fiori, i canditi, la crema e, in ultimo, i bianchi montati a neve.
Per la pastiera esistono due scuole e due gusti: c’è chi la vuole bassa 3-4 centimetri e chi invece la preferisce sui 5-6 centimetri alta perché così resta più umida e profumata. Con la dose che abbiamo dato potrete fare una pastiera piuttosto alta in una teglia di 27-28 centimetri di diametro o una più bassa ed ancora più larga. Le dosi sono piuttosto generose perché si tratta di un dolce che si consuma in giorni di festa quando ci sono numerosi commensali: non va a male facilmente e potrete consumarlo nell’arco di quattro, cinque giorni. D’altronde, mi sembra assurdo fare un lavoro così elaborato solo per poche persone.
Stendete i 2/3 della pasta e foderate come al solito la teglia che riempirete con il ripieno. La parte superiore di questo dolce, anziché completamente chiusa, deve essere schermata da strisce di pasta larghe circa 2 cm. incrociate a griglia. Dopo aver allargato la pasta, tagliate quindi queste strisce e mettetele prima per un verso, lasciando fra l’una e l’altra circa 3 cm. di distanza, poi per l’altro verso, in modo che restino in vista delle losanghe di ripieno. Mettete in forno già caldo a calore moderato e lasciate cuocere per 40-45 minuti se avrete fatto una pastiera bassa e per un’ora quasi se la pastiera sarà alta. Spento il forno mettete il dolce a raffreddare fuori se toccandolo al centro con i polpastrelli vi sembrerà asciutto; lasciatelo raffreddare nel forno se sarà ancora un po’ molle. La pastiera comunque non deve essere troppo asciutta. Quando sarà fredda cospargetela di zucchero a velo: è preferibile mangiarla il giorno seguente, e dura anche diversi giorni. Non farà che migliorare nell’attesa.
(NdA: La pastiera, il dolce napoletano che è di rito per Pasqua, è come un inno alla primavera, al primo sole, all’odore di fiori d’arancio che in questo periodo pervade gli agrumeti della nostra costiera. Il senso rituale di ringraziamento alla natura è accentuato dall’uso del grano al naturale; uova, latte, ricotta sono gli altri ingredienti. Fino a qualche anno fa la si mangiava solo per Pasqua, in quanto durante il resto dell’ anno era estremamente difficile procurarsi il grano ammollato e l’acqua di fiori d’arancio. Adesso la fama della pastiera ha oltrepassato i confini della nostra regione, e il dolce viaggia per tutto il mondo a nutrire la nostalgia di napoletani emigrati che cercano nel suo sapore e nel suo profumo il ricordo degli anni passati e della patria lontana. Contemporaneamente è divenuto più facile poterla preparare tutto l’arco l’anno, in quanto il grano si può trovare già cotto, in scatola, e l’acqua di fiori è quasi sempre disponibile nelle drogherie.)[/more]
Spero che questo breve compendio sia stato di vostro gradimento, mi scuso con i puristi se ho volutamente omesso altri piatti degni di nota e paladini della tradizionalità come ‘o casatiell, ‘o casatiell dolce, ‘o prestofatto, favetta e carcioffole, ‘o capretto al forno, ma come già detto sopra, il lavoro sarebbe stato immane. D’altro canto, avrei potuto spostare anche la trattazione in ordine strettamente cronologico, cercando di raccontare lo svolgersi dell’intera settimana di Pasqua, fatta di riti religiosi e culinari: la preparazione del criscito, l’ammollamento del grano, ‘a ‘nfurnat re’ pastier, ‘o scammaro ro viennerì e via dicendo. Lavoro storico e certosino che non è detto che lascerò morire.
Comunque sia, in alto i capretti e buona Pasqua a tutti!