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[url=https://leganerd.com/2011/03/28/esperimento-carcerario-di-stanford-part-1-il-carcere]Prima parte[/url] | [url=https://leganerd.com/2011/03/28/esperimento-carcerario-di-stanford-part-2-%e2%80%93-guardie-e-detenuti/]Seconda parte[/url]

[b]Imposizione dell’autorità[/b]
Durante la notte i prigionieri venivano svegliati a suon di fischietto per [b]le conte[/b]. Esse servivano per memorizzare il proprio numero identificativo e per imprimere una iniziale imposizione di potere da parte delle guardie.

Inizialmente i detenuti non presero sul serio il proprio ruolo, rivendicavano l’autonomia e schernivano le guardie, che d’altro canto non erano ancora sicure sui metodi da utilizzare per imporre l’autorità.

Qui iniziò una serie di [b]confronti diretti[/b] tra guardie e prigionieri.
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Ogni qualvolta che venivano trasgredite delle regole o avveniva una mancanza di rispetto (anche verso [b]l’istituzione[/b]) come metodo punitivo i carcerieri iniziarono ad imporre delle [b]flessioni[/b] ai detenuti.

Inizialmente gli osservatori pensarono ad una “goliardata dai toni bambineschi” assolutamente inappropriata ad un carcere. In seguito informandosi si resero conto che tale metodo di sottomissione veniva utilizzato anche nei [b]lager nazisti[/b].

In approfondimento trovate un disegno di [b]Alfred Kantor[/b], un sopravvissuto all’olocausto.
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[b]Una prima rivolta[/b]
Dopo la prima giornata trascorsa senza problemi i prigionieri si barricarono a sorpresa nelle celle bloccando le entrate con le brande, si tolsero i berretti di nylon e staccarono i numeri identificativi dalle uniformi.

Le guardie erano molto tese ed arrabbiate perché (ovviamente) iniziavano a prendersi gioco di loro, senza contare che al cambio del turno la situazione peggiorò, in quanto i compagni del turno successivo li accusarono di esser stati [b]troppo buoni[/b].

Dopo una riunione decisero cosa fare e ciò che accadde ha dell’incredibile: chiesero insistentemente i rinforzi che arrivarono poco dopo. Quelli del turno notturno (appena finito) rimasero a dare manforte e tutti uniti risposero così come concordato.
Presero un estintore (in dotazione alla struttura secondo le norme di sicurezza) ed iniziarono a spruzzare il [b]diossido di carbonio[/b] in esso contenuto dentro le celle, fecero irruzione, [b]spogliarono i prigionieri[/b] (sempre 9 contro 3) gli tolsero le brande, chiusero i capi della rivolta [b]in isolamento[/b] per poi insultare, minacciare e schernire gli altri detenuti rimasti ormai nudi.
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La rivolta era sedata ma le guardie non sarebbero potute essere sempre presenti in nove, quindi dovettero pensare a come risolvere il problema, ed ecco l’idea: invece di utilizzare la forza usarono [b]la psicologia[/b], allestendo una cella speciale denominata [b]“La Privilegiata”[/b] e concedendola solamente ai tre prigionieri meno coinvolti nella rivolta. Oltre a questo gli concessero altri privilegi come la restituzione di brande ed uniformi, lavarsi e mangiare “cibi speciali” davanti ai compagni, che vennero tenuti a digiuno.

Così facendo riuscirono a [b]distruggere la forza solidale[/b] che si era creata tra i prigionieri.
Come se non bastasse dopo mezza giornata trasferirono i tre privilegiati nelle celle normali e presero tre “cattivi” per metterli nella “Privilegiata”.

Si creò la confusione totale tra i prigionieri: i capi della rivolta iniziarono ad accusare coloro che venivano trattati meglio di essere delle spie, mentre perdevano pian piano [b]potere carismatico[/b] sugli altri.

Questi metodi vengono utilizzati anche nelle vere carceri, per mettere ad esempio i bianchi contro i neri spezzando di fatto [b]le varie alleanze[/b] che si potrebbero creare. Senza contare che in questo modo [b]sfogano tra loro l’aggressività[/b].

Oltre a questo la rivolta dei detenuti creò [b]maggiore solidarietà tra le guardie[/b], ma soprattutto l’esperimento ebbe una brusca svolta: i prigionieri non vennero più ritenuti delle persone partecipanti ad una sperimentazione scientifica, bensì veri e propri [b]agitatori sempre in grado di causare problemi in un qualsiasi momento[/b].

Onde evitare in futuro altre situazioni simili iniziarono a farsi sempre più aggressive, tenendo ogni comportamento o funzione corporale dei detenuti [b]sotto controllo[/b].
Andare in bagno diventò un privilegio concesso, costringendo i prigionieri ad urinare e defecare dentro secchi all’interno della propria cella, addirittura svuotarli divenne un privilegio e come conseguenza tutto l’ambiente iniziò a puzzare di escrementi.

Si accanirono contro il più rivoltoso, il [b]5041[/b]. I ricercatori scoprirono in seguito che si trattava di un attivista radicale e che partecipava all’esperimento perché convinto che volessero scoprire nuove metodologie per tenere sotto controllo le masse studentesche e pensava di vendere tutta la storia ad un giornale.

Comunque sia anche lui si calò al 100% nel ruolo del prigioniero, in quanto controllando una lettera indirizzata alla fidanzata si autodefiniva [b]“leader del Comitato di Rivolta del Carcere della Contea di Stanford”[/b].

[b][url=https://leganerd.com/2011/03/29/esperimento-carcerario-di-stanford-part-4-%e2%80%93-cedimenti-e-presunta-fuga/]Continua…[/url][/b]

[rubrica][url=https://leganerd.com/tag/esperimenti-scientifici-estremi/][ESE][/url] è la rubrica a cura di @WebDataBank che parla degli esperimenti scientifici più controversi.[/rubrica]