Streptococcus pneumoniae

LEGANERD 037539

[more]Nomenclatura binomiale

Streptococcus pneumoniae

Classificazione scientifica

Regno: Bacteria
Phylum: Firmicutes
Classe: Bacilli
Ordine: Lactobacillales
Famiglia: Streptococcaceae
Genere: Streptococcus
Specie: pneumoniae[/more]

Lo Streptococcus pneumoniae, un tempo noto come Diplococcus lanceolatus, è un batterio gram-positivo appartenente al genere Diplococcus ed è il principale responsabile della polmonite negli adulti.

Fin qui, tutto nella norma: sono stati sintetizzati vaccini, sono state fatte numerose ricerche scientifiche a riguardo, si sono individuate anche altre patologie portate da questo batterio come ad esempio otite, bronchite, congiuntivite, sinusite, sepsi, meningiti, endocarditi, batteriemia, artrite, osteomielite, ecc.

Per avere una carrellata tecnica delle sue caratteristiche guardate qui sotto:
[more]All’esame microscopico si presenta costituito da due cocchi che si uniscono ad un’estremità creando una caratteristica forma a “fiamma”.

Le specie virulente sono dotate di capsula gelatinosa polisaccaridica.

Non è dotato di citocromo C, è alfa-emolitico in aerobiosi, beta-emolitico in anaerobiosi. È molto esigente da coltivare, come tutti gli streptococchi manca di catalasi, quindi abbisogna degli enzimi che degradano le specie ossidanti dell’ossigeno contenuti nell’agar sangue. Il terreno di coltivazione dev’essere dunque un agar sangue addizionato con proteine della soia o con cuore e cervello di bue, con un contenuto di glucosio limitato perché, essendo un batterio fermentante, trasforma il glucosio in acido lattico e ciò può causare un abbassamento del pH in grado di arrestare la crescita. È un batterio autolitico, quando invecchia va naturalmente in lisi, per questo motivo le sue colonie sono piatte o leggermente concave, dal momento che la porzione centrale è quella più vecchia. Questa caratteristica è utilizzata per la diagnosi: anche una goccia di taurocolato o glicocolato di sodio (sali biliari) possono causare la lisi completa della colonia. Un’altra prova è quella fatta con l’optochina (etil-idrocupreina) a cui questo streptococco, a differenza degli altri, è sensibile.

La terapia delle infezioni penumococciche si avvale dell’associazione amoxicillina-clavulanico e cefalosporine di terza generazione.La prevenzione,invece,avviene attraverso l’utilizzo del Vaccino.

I pneumococchi di solito raggiungono i polmoni per via inalatoria o per aspirazione. Si localizzano nei bronchioli, proliferano e danno origine a un processo infiammatorio che inizia negli spazi alveolari con l’essudazione di un liquido ricco di proteine. I fluidi agiscono come terreno di coltura per i batteri e facilitano la disseminazione agli alveoli vicini, causando tipicamente una polmonite lobare.[/more]

La vera caratteristica interessante (e motivo reale di questo post) è il fatto che il nostro amico è definito in genere il Batterio Camaleonte: è responsabile infatti di una innumerevole storia di modificazioni che l’hanno portato a sopravvivere e resistere a diversi tipi di antibiotico. Quando vi sentite dire “è meglio non abusare degli antibiotici e usarli solo in casi di reale necessità”, sappiate che la colpa è soprattutto sua.

Una notizia di qualche giorno fa riguarda infatti lo Streptococcus pneumoniae di cui sarebbe stata mappata la sua intera evoluzione attraverso l’analisi sistematica di oltre 240 campioni prelevati in parti diverse del nostro pianeta dal 1984 ad oggi.

Una scoperta che ha confermato i timori che si avevano da tempo sul batterio ma che ha dato un risultato al limite dell’incredibile: in 27 anni lo Streptococcus pneumoniae ha modificato quasi i 3/4 del suo genoma.

A studiarne le evoluzioni è stato un gruppo di ricercatori del Wellcome Trust Sanger Institute del Regno Unito in uno studio pubblicato sulla rivista “Science”.
Lo scopo è quello di riuscire a prevedere i rapidi mutamenti del batterio e trovare in questo modo una strategia per bloccarlo.

Gli scienziati hanno focalizzato l’attenzione sullo “streptoccocco PMEN1”, molto diffuso e particolarmente resistente ai farmaci. Sono stati così raccolti 240 diversi campioni provenienti da tutto il mondo a partire dal 1984. In seguito sono stati analizzati e confrontati i genomi di tutti i batteri isolati. Per ricostruire la storia evolutiva del patogeno, i ricercatori hanno distinto tra due diversi eventi di mutazione genetica: un tipo “verticale”, cioe’ che si trasmette da una cellula madre a una figlia, in cui sono singole basi a essere sostituite o eliminate dal Dna; e un tipo “orizzontale”, che si trasmette tra batteri vicini, in cui pezzettini di materiale genetico passano fisicamente da un batterio a uno vicino. Questo trasferimento può provocare cambiamenti importanti in estese regioni del genoma.

Tramite le analisi, i ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle mutazioni che si sono verificate nel corso del tempo è proprio di tipo orizzontale.

Dal 1984 i trasferimenti di materiale genetico hanno riguardato circa tre quarti del genoma. Questo tipo di alterazioni colpiscono alcune zone particolari del Dna, note come “hotspot”.
Nello specifico abbiamo visto che le zone più interessate dalle mutazioni sono quelle degli antigeni, le molecole che danno il via alla nostra risposta immunitaria”, ha spiegato William Hanage, uno degli autori.

Per quanto riguarda invece lo sviluppo della resistenza ai farmaci, i ricercatori hanno osservato che le mutazioni verticali sono quelle più importanti e che le forme resistenti di PMEN1 hanno cominciato a svilupparsi già intorno al 1970, quando cioè si è iniziato a diffondersi l’uso degli antibiotici.

Fonti salute.agi.it | Ansa | Wikipedia

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