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Tutti sappiamo che ogni animale o vegetale dedica gran parte delle proprie risorse alla riproduzione.

La sopravvivenza, la riproduzione ed il numero di esemplari per cucciolata dipendono da moltissimi fattori, per esempio procacciare il cibo per un numero di figli più elevato risulta più complesso ed un elevato numero di discendenti causerebbe la morte dell’intera progenesi, o ancora per agevolare la selezione naturale dell’ individuo più dotato (tanti spermatozoi un unico ovulo).

Una credenza comune è quella di ritenere valida l’equazione:
Maggior numero di figli = più possibilità di discendenza genetica.
Non è vero, non del tutto almeno, lo dimostra il fatto che la femmina di ogni specie produce un numero più o meno costante di cuccioli.

Iniziamo con un po’ di numeri su base annuale:
Mucca 1 cucciolo, gabbiano 3, vipera 15, ratto 50, mosca 900, aringa 3000.

Ora: se dovessimo seguire il ragionamento iniziale ci verrebbe spontaneo chiederci come mai una mucca partorisca (circa) solamente un cucciolo ogni 365 giorni, ed è ciò che si sono chiesti anche i biologi.

Per rispondere a tale domanda hanno studiato una delle creature che conoscono meglio in natura: Il NEMATODE ELEGANTE (Caenorhabditis elegans, d’ora in poi lo abbrevieremo in C. elegans).

Questo “vermino” è lungo circa un millimetro, è composto da 1031 cellule somatiche e circa 3000 geni cromosomici; tutte queste informazioni le abbiamo grazie al fatto che esso è il terzo animale più studiato del pianeta.

Nel 1980 terminò un lavoro durato cinque anni, nella quale dei ricercatori riuscirono a seguire lo sviluppo di tutte le cellule, marcandole e identificandole singolarmente ottenendo così la genealogia cellulare completa dal momento della fecondazione a quello della nascita dell’esemplare.

Il C. elegans è un animale ermafrodita, cioè possiede caratteristiche sia maschili che femminili e produce sia spermatozoi che uova e pratica l’autofecondazione, espediente riproduttivo assai raro in natura.
In un primo momento possiede caratteristiche sessuali maschili, porta a maturazione gli spermatozoi, quando se ne contano circa 300 inizia a produrre centinaia di uova che verranno (auto)fecondate, diventando di fatto una femmina.
Risultato? 300 spermatozoi fecondano altrettante uova, dando alla luce altrettanti figli.

Arriviamo alla scoperta.
I biologi hanno notato alcuni esemplari mutati che “rimangono maschi” per una durata di tempo più lunga, producendo così un numero maggiore di spermatozoi con “ovvie” conseguenze. Risultato? Diciamo 500 figli.

Le aspettative dei ricercatori ovviamente furono di trovarsi di fronte ad una colonia di individui mutati che si sarebbero riprodotti a velocità maggiore diventando tanto numerosi da prevalere sugli altri (figli di “normali vermini”).
Come sappiamo in natura nulla è scontato, infatti non fu così, accadde esattamente l’opposto.

La maturazione di 500 spermi, invece che 300, richiede due ore mezzo in più, le uova quindi maturano con questo ritardo ed i figli nasceranno con lo stesso distacco temporale rispetto agli altri (tenete presente che il C. elegans ha un ciclo vitale di tre giorni, quindi due ore e mezzo non sono poche).

In pratica l’ intera formazione della progenie segue un ritmo estremamente più lento, rendendoli di fatto meno adatti all’ambiente facendo diventare il ceppo mutante una minoranza.

Ecco spiegato un altro motivo che determina il numero dei figli in un dato animale.

Via.