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Shackleton e la spedizione Endurance

LEGANERD 036661

« Datemi Scott a capo di una spedizione scientifica, Amundsen per un raid rapido ed efficace; ma, quando siete nell’avversità e non intravedete via d’uscita, inginocchiatevi e pregate Dio che vi mandi Shackleton »

30 Agosto 1916. Elefant Island. Latitudine 61°01′S 54°54′W. Antartide. “È lui. È il capitano. È Shackleton!”.
Dopo 20 mesi di odissea e 4 mesi di attesa i 22 superstiti della spedizione Endurance esultanto: non hanno mai perso la fiducia, ma ora sono salvi, ne sono sicuri, perché “lui” è tornato a riprenderli, perché lui è Sir Ernest Henry Shackleton. Un uomo, una leggenda.

Ernest Henry Shackleton, nato ad Athy (Irlanda) il 15 febbraio 1874, esploratore dell’epopea epica delle spedizioni ai poli. Al ritorno dalla prima spedizione antartica di cui ebbe il comando (British Antarctic Expedition 1907 – 1909) fu nominato cavaliere (Sir) e gli furono conferiti i titoli di comandante dell’Ordine Vittoriano (CVO) e ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico (OBE). La fama gli giunse però in seguito alla seconda spedizione (Imperial Trans-Antarctic Expedition 1914 – 1916) nel corso della quale, nonostante il mancato attraversamento del continente antartico e lo schiacciamento della nave Endurance ad opera del pack, Shackleton riuscì avventurosamente a portare in salvo tutti i membri dell’equipaggio.
Già, l’Endurance. La spedizione Endurance fu la prima missione con destinazione Antartide organizzata dal Regno Unito dopo che Roald Amundsen aveva battuto Robert Falcon Scott nella corsa al Polo Sud nel dicembre 1911. La sconfitta e la tragica fine di Scott e dei suoi uomini erano state un grande smacco per il Regno Unito che aveva tentato, con ben tre spedizioni nel decennio precedente, di essere il primo paese a raggiungere il Polo Sud.

Ernest Shackleton era un esploratore di grande esperienza: aveva partecipato alla spedizione Discovery, la prima missione britannica nel continente, e comandato la seconda, la spedizione Nimrod dove aveva stabilito il record di Furthest South spingendosi sino a 88° 23′ sud. Pur trovandosi a soli 180 km dal Polo lui ed i suoi uomini erano stanchi ed i viveri talmente scarsi che decisero di tornare indietro. La missione consentì comunque a Shackleton di guadagnare una discreta fama in patria.
La spedizione partì da Londra il 1 agosto 1914, tre giorni prima che l’Inghilterra dichiarasse guerra alla Germania, con a bordo Shackleton e altri 27 uomini. La nave Endurance rimase ancorata a Grytvyken (Georgia del Sud) per circa un mese e salpò diretta verso il mare di Weddel il 5 dicembre del 1914, il 10 gennaio 1915 la nave raggiunse il mare di Weddell e il 19 dello stesso mese rimase incastrata nel pack.

La nave, incastrata nei ghiacci, andò alla deriva da 77° S a 61° S, il 27 ottobre e dovette essere abbandonata, il 21 novembre fu completamente distrutta dalla pressione del ghiaccio. Shackleton fece trasferire l’equipaggio sulla banchisa in un accampamento d’emergenza chiamato “Ocean Camp” dove rimasero fino al 29 dicembre quando si trasferirono, trasportando al traino tre scialuppe di salvataggio sul un lastrone di banchisa in quello che chiamarono “Patience Camp“.

Fino all’8 aprile 1916 rimasero sulla banchisa e quando questa iniziò a sciogliersi tentarono di raggiungere, a bordo delle scialuppe, l’isola Elephant. Dopo una navigazione molto difficile, raggiunsero la costa dell’isola il 15 aprile del 1916 (498º giorno della spedizione).

L’isola Elefante non è il luogo ideale dove attendere soccorsi. L’isola è infatti inospitale: la maggior parte della superficie è ricoperta da neve e ghiaccio mentre il resto è costituito esclusivamente da rocce. Nonostante la relativa abbondanza di foche e pinguini, il gruppo teme che gli animali possano spostarsi così come era avvenuto per quelli nei pressi del campo sul continente da poco abbandonato. L’arrivo dell’inverno è un’ulteriore fonte di preoccupazione tanto più che il clima del passaggio di Drake conferma la sua terribile reputazione. Per ultimo l’isola si trova distante dai luoghi che la spedizione aveva previsto di esplorare e lontana dalle rotte marittime dell’epoca rendendo quindi scarsamente probabile l’avvistamento casuale di una nave.

A questo il nostro capitano prende una decisone: ordina al carpentiere della spedizione di lavorare alla James Caird, una delle scialuppe della Endurance, alzandone i bordi, rafforzando la chiglia e costruendo un ponte improvvisato in legno e tessuto intriso di olio e sangue di foca per renderlo impermeabile.

Il 24 aprile 1916 la scialuppa lascia Elephant Island: Shackleton e altri quattro uomini partono per la Georgia Australe a 1300 chilometri di distanza, nell’oceano, verso nord.
Le acque che gli uomini devono affrontare a bordo di una barca lunga sette metri riempita di mezza tonnellata di gallette e sacchi di sabbia per fare da zavorra sono conosciute per essere tra le più tempestose del mondo.Le stazioni meteorologiche moderne installate nel passaggio di Drake registrano venti da 60 a 70 km/h ed onde di oltre sette metri in media per 200 giorni all’anno. Diverse fonti confermano inoltre che non sono rare onde di oltre 20 metri, le condizioni sono così estreme che i marinai, nei secoli, hanno dato un nome ai venti che si possono incontrare alle diverse latitudini dell’area.
Il viaggio della James Caird resta a tutt’oggi uno dei più temerari viaggi marittimi mai effettuati.

L’8 maggio 1916, dopo 15 giorni di navigazione l’equipaggio, stanco ed assetato, avvista alcune isole della Georgia del Sud. Il morale si riprende ma Shackleton, per evitare un attracco di notte su una costa sconosciuta e non cartografata preferisce restare al largo ed attendere l’alba. Dopo poche ore scoppia una violenta tempesta con venti paragonabili a quelli di un uragano. Per nove pericolosissime ore l’equipaggio lotta per non essere spinto contro gli scogli e riesce finalmente a toccare terra il 10 maggio.

Shackleton sa che non può circumnavigare la Georgia del Sud per raggiungere le stazioni baleniere sull’altro lato perché i venti dominanti renderebbero il viaggio ad alto rischio di naufragio. Decide quindi di lasciare la James Caird nella baia di re Haakon e di attraversare l’isola a piedi. Il gruppo è vicino alla meta, ma l’interno dell’isola è praticamente inesplorato e formato da montagne perennemente innevate e ghiacciai. La necessità di raggiungere l’altro lato dell’isola è dunque la possibilità per Shackleton di effettuare la prima traversata della Georgia del Sud.
Dopo 36 ore di marcia, improvvisando dei ramponi conficcando chiodi nelle suole delle loro scarpe e senza l’ausilio di altro equipaggiamento né tenda percorrono la trentina chilometri in linea d’aria che separano Stromness dal punto di partenza, ma seguendo ovviamente un percorso non certo rettilineo e tornando più volte sui loro passi dato che non disponevano di una cartina dell’area.
Il tempo di attraversamento risultò così breve che anche alpinisti esperti e ben equipaggiati, al giorno d’oggi, hanno difficoltà a fare altrettanto.

Appena in salvo nella Georgia del Sud, Shackleton inizia ad organizzare la spedizione di soccorso per recuperare gli uomini rimasti sull’isola Elephant. Il primo tentativo viene effettuato soltanto tre giorni dopo l’arrivo a Stromness. Il 23 maggio 1916 il peschereccio The Southern Sky che si trovava nella baia salpa con destinazione isola Elephant. Questo primo tentativo operato grazie all’aiuto dei pescatori locali non ha però successo poiché la nave, sebbene giunta in prossimità dell’obiettivo è costretta a tornare indietro a causa dello spessore della banchisa.

Shackleton fa rotta allora verso Port Stanley nelle isole Falkland. Qui apprende che il Regno Unito, impegnato nella prima guerra mondiale contro gli imperi centrali, non avrebbe inviato soccorsi ai naufraghi ancora in Antartide per almeno sei mesi. Sceglie quindi di cercare aiuto in Sud America. Arrivato in Uruguay il governo locale gli fornisce un peschereccio, la Instituto de Pesca No. 1 e successivamente, grazie all’aiuto finanziario del britannico Allan McDonald, ha a disposizione anche la nave privata Emma. Entrambi i tentativi sono però vani poiché la banchisa risulta essere ancora troppo spessa e le condizioni meteorologiche si inaspriscono con il proseguire della stagione invernale. Tuttavia, il 30 agosto, quattro mesi dopo la partenza dall’isola Elephant, Shackleton riesce a raggiungere tutti i 22 naufraghi e ad imbarcarli su una nave militare cilena, la Yelcho.

Shackleton morirà il 5 gennaio 1922 per un’infarto nel bel mezzo di una nuova spedizione. È sepolto nella Georgia del Sud nel cimitero dei pescatori di Grytvyken.

Il videoracconto della spedizione.
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“Shackleton” di Franco Battiato e Manlio Sgalambro.
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Qui, quo e qua il racconto della conquista del Polo Sud negli articoli di Jagannath

Fonte: Wikipedia

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