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[quote]Esistono dati reali che confermano che la sopravvivenza della Terra è compromessa dagli abusi della razza umana. La proliferazione dei dispositivi nucleari, i comportamenti sessuali smodati, l’inquinamento della terra, dell’acqua, dell’aria, il degrado dell’ambiente. In questo contesto non le sembra che gli allarmisti abbiano una saggia visione della vita? E il motto dell’homo sapiens: “andiamo a fare shopping”, sia il grido del vero malato mentale?[/quote]

L’esercito delle 12 scimmie (Twelve Monkeys) è un sci-fi di culto del 1995 diretto dal maestro Terry Gilliam, prodotto da Charles Roven, sceneggiato da David Webb e Janet Peoples, liberamente ispirato a [i]La jetée[/i], di Chris Marker, cortometraggio sperimentale francese del 1962.
Un cast ricco, in cui spicca Brad Pitt (probabilmente nella sua migliore interpretazione), Bruce Willis, Madeleine Stowe e Christopher Plummer, già visto in [i]Star Trek VI: The Undiscovered Country[/i].

[title]Trama[/title]
In un 2035 post-apocalittico, James Cole è un detenuto che, con la promessa della grazia, viene inviato nel passato per indagare sui fatti che hanno portato all’estinzione del 99% dell’umanità e costretto i sopravvissuti a vivere nel sottosuolo per sfuggire al contagio di un virus letale.
I detenuti svolgono il lavoro “sporco” di salire di tanto in tanto in superficie (ormai popolata solo dal regno animale) con speciali tute ermetiche, correndo il rischio di venire contagiati a loro volta, per raccogliere le prove riguardo la responsabilità di una tale catastrofe.
I capi di queste comunità sotterranee paiono essere degli scienziati, che fanno di tutto per poter, un giorno, avere le mani sul virus originale, che intanto è mutato, per creare un antidoto e riconquistare la superficie.
Tutte le prove portano ad un sedicente gruppo di ecologisti folli, l’esercito delle dodici scimmie, che avrebbe diffuso il contagio per liberare la Terra dal cancro degli esseri umani… Particolarmente un murale apparso pochi giorni prima della tragedia che reca la scritta “l’abbiamo fatto noi”, ed una messaggio telefonico con che riporterebbe delle informazioni al riguardo.
Al suo arrivo nel 1990 (sarebbe dovuto giungere nel 1996 ma c’è stato un malfunzionamento nella macchina del tempo), Cole viene arrestato e detenuto in una clinica psichiatrica, dove incontra Jeffrey Goines, esaltato psicotico, che prenderà spunto dal racconto di Cole per un nuovo progetto, una volta uscito dal manicomio… e la dottoressa Kathryn Railly, psichiatra, che Cole sembra sub consciamente conoscere da tempo.

[title]Curiosità[/title]

Il manicomio del film non è altro che un’ala del carcere di Philadelphia.
Durante uno dei viaggi nel tempo, tra le immagini che compaiono davanti agli occhi del protagonista, appare un criceto impegnato a correre su una ruota… diversi fans si sono impegnati a carpirne i reconditi messaggi subliminali, o le possibili citazioni.
In realtà Gilliam è solito inserire nei suoi film, un particolare non-sense :D

Se pensate che questa pellicola sia la solita minestra sui viaggi nel tempo, preparatevi a ricredervi.
Twelve Monkeys è un laboratorio di pensieri cupi e profondi, e di interrogativi inquietanti.
Interpreta un paradosso noto nella teoria dei viaggi del tempo, elaborato dall’astrofisico Stephen Hawking. Questo tema, poco intuitivo e di difficile comprensione, diventa tuttavia più comprensibile qualora se ne accettino le conseguenze estreme: l’assenza del libero arbitrio… Se il presente è già successo, non vi è modo infatti di agire attivamente su di esso, cambiandolo.
Tutti noi saremmo quindi destinati ad un futuro già scritto, in cui il concetto di spazio-tempo diventa ancor più relativo. L’ineluttabile.
Non è tutto.
La sceneggiatura affronta un altro paradosso, quello della mente umana.
La follia diventa un concetto fluido e il suo limite appare estremamente labile, si confonde con la religione, la cultura dominante e il mercato.
Una forma di relativismo scientifico, oltre che culturale. In questo scenario irrazionalista, James sente la voce stridula della sua coscienza, che in seguito verrà udita anche dalla bella psichiatra allorché sarà in procinto di cambiare fede per amore.
E qui, finalmente, si avverte del calore mai avvertito in precedenza.
Un raggio di sole che si insinua tra una fitta coltre di nubi; difficile dire quale sia l’anima intrinseca di questo film.
Ottimista, pessimista? Il sorriso finale di Kathryn e gli occhi del bambino James, danno un senso di rilassamento. Come una tregua.
Che si possa allora cambiare il nostro destino, è possibile?

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