L’ADHD, noto come disturbo da deficit di attenzione/iperattività, è spesso considerato un problema esclusivo dell’infanzia. Tuttavia, sempre più adulti stanno realizzando che le difficoltà di concentrazione, l’irrequietezza e la fatica nel mantenere l’attenzione potrebbero essere segni di un ADHD mai diagnosticato. Questo fenomeno è reso ancora più evidente dai video sui social media che stanno ottenendo milioni di visualizzazioni, portando alla luce il tema dell’ADHD negli adulti.
Un recente sondaggio nazionale, commissionato dal Wexner Medical Center e dal College of Medicine dell’Università Statale dell’Ohio, ha rilevato che il 25% degli adulti americani sospetta di avere un ADHD non diagnosticato. Due le tendenze, parimenti allarmanti: da una parte abbiamo il dato che ci dice che un adulto americano su quattro pensa di avere capacità al di sotto del normale, in fatto di memoria, concentrazione e gestione degli impulsi; dall’altra c’è il tema del rischio di un’epidemia di autodiagnosi, che potrebbe portare a possibili trattamenti inadeguati e al rischio di un’autosvalutazione fatalista delle proprie capacità.
I rischi di un’epidemia di autodiagnosi
Justin Barterian, psicologo e professore assistente clinico presso il Dipartimento di Psichiatria e Salute Comportamentale dell’Ohio State, spiega che ansia, depressione e ADHD possono spesso presentarsi con sintomi simili. Per questo motivo, un trattamento inappropriato può finire per peggiorare la situazione, invece di aiutare la persona a sentirsi meglio e a migliorare la sua funzionalità. Secondo Barterian, l’ADHD colpisce circa il 4,4% delle persone di età compresa tra i 18 e i 44 anni, e molti ricevono la diagnosi solo in età adulta.
Se si sospetta di avere l’ADHD, ovviamente l’unico consiglio di buon senso è quello di recarsi da un medico specializzato e affrontare con lui la questione. La diagnosi viene svolta esclusivamente dopo rigorosi test, che permettono di escludere eventuali altre condizioni.