Uno studio italiano condotto da un gruppo di ricercatori presso il Policlinico San Martino di Genova ha rivelato che la terapia CAR-T (terapia cellulare a base di linfociti T modificati) utilizzata contro il linfoma a grandi cellule B e altre neoplasie del sangue potrebbe diventare più sicura grazie all’utilizzo della PET cerebrale. Il risultato dello studio è stato pubblicato sul ‘Journal of Neuroimaging’.

La PET cerebrale consente di individuare dei biomarcatori che possono rivelare il rischio di due gravi complicanze della terapia CAR-T: la sindrome da rilascio di citochine (CRS) e la neurotossicità correlata alla terapia CAR-T (ICANS), entrambe potenzialmente fatali. Questa scoperta permetterà ai medici di identificare i pazienti con maggiori rischi e indirizzarli verso cure più tollerate. Basterà prolungare di soli 5 minuti il tempo della PET total body, attraverso una scansione cerebrale, per individuare indizi utili a prevenire queste gravi complicanze.

Lo studio è stato possibile grazie alla collaborazione tra diversi reparti dell’Irccs San Martino, tra cui Ematologia, Terapia cellulare, Medicina nucleare e Clinica neurologica. Silvia Morbelli, dirigente medico ricercatore dell’Unità di Medicina nucleare del San Martino e professore associato di Medicina nucleare all’Università di Genova, spiega che attraverso le immagini della PET cerebrale è stato possibile individuare una specifica firma metabolica legata al cervello, che può indicare la presenza di CRS e ICANS. Questa scoperta rappresenta un importante passo avanti perché potenzialmente consentirà di selezionare in modo più efficace i pazienti a rischio di neurotossicità causata dalla terapia CAR-T. Se confermata da ulteriori studi, questa scoperta potrebbe essere utilizzata come biomarcatore precoce e prognostico.

Lo studio ha coinvolto 21 pazienti con linfoma a grandi cellule B sottoposti alla terapia CAR-T, di cui 16 hanno sviluppato CRS e 5 di questi hanno presentato successivamente ICANS. Attraverso specifici algoritmi e il confronto delle PET cerebrali dei pazienti, sono state identificate tracce di ipometabolismo cerebrale, indicativo della presenza di queste gravi complicanze.

La terapia CAR-T rappresenta un trattamento rivoluzionario che utilizza linfociti T del sistema immunitario addestrati per combattere il tumore. È stata approvata dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) tre anni fa per i pazienti con linfoma diffuso a grandi cellule B e leucemia acuta a grandi cellule B che non rispondono ad altre terapie. Nonostante la sua elevata efficacia, questa terapia può comportare gravi complicanze, come la CRS e l’ICANS, che colpiscono la maggior parte dei pazienti sottoposti al trattamento. La scoperta del biomarcatore potrebbe aiutare a migliorare la sicurezza della terapia e individuare precocemente i pazienti a rischio, permettendo di delineare trattamenti alternativi più adeguati.