Mur, documentario esordio alla regia di Kasia Smutniak, sarà presentato in anteprima mondiale, in selezione ufficiale, nella sezione TIFF DOCS al Toronto International Film Festival, il più importante Festival nordamericano del cinema. Il film, scritto da Kasia Smutniak e Marella Bombini, è una produzione Fandango, in associazione con Luce Cinecittà, che inoltre distribuirà la pellicola. Ecco la prima clip ufficiale dal film.

Kasia Smutniak commenta così la notizia della partecipazione del film al TIFF:

Sono felice e onorata che questo film venga presentato nella Selezione Ufficiale del Festival di Toronto. Mur è nato dalla necessità di comunicare la difficile situazione al confine Polonia – Bielorussia ma alla fine si è rivelato essere un viaggio intimo e inaspettato.

Sinossi:

Marzo 2022: da pochi giorni la Russia ha invaso l’Ucraina e l’intera Europa si è mobilitata per dare asilo ai rifugiati. Il Paese che si è distinto per tempestività e generosità è stata la Polonia, lo stesso Paese che ha appena iniziato la costruzione del muro più costoso d’Europa per impedire l’entrata di altri rifugiati. Una striscia di terra che corre lungo tutto il confine bielorusso, chiamata “zona rossa”, impedisce a chiunque di avvicinarsi e vedere la costruzione del Muro, il protagonista della storia raccontata in questo film.
Kasia Smutniak esordisce alla regia con un film che è allo stesso tempo un diario intimo e una denuncia. Il percorso, un incerto e rischioso viaggio nella zona rossa dove l’accesso non è consentito ai media, inizia davanti a un muro e davanti a un altro muro finisce. Grazie all’aiuto di attivisti locali e con una leggerissima attrezzatura tecnica, la regista raggiunge il confine e filma ciò che non si vuole raccontare.
Il primo muro respinge i migranti che arrivano da terre lontane attraversando il bosco più antico d’Europa, una frontiera impenetrabile in un mare di alberi. Puszcza Białowieża, così si chiama quel bosco, che, proprio come il mare, è un elemento nuovo per le migliaia di persone che tentano il viaggio. Il secondo, quello di fronte alla finestra di casa dei nonni a Łódź, dove la regista giocava da bambina, è il muro del cimitero ebraico del ghetto di Litzmannstadt.
Cercando di riconciliarsi con il proprio passato, Kasia Smutniak torna a casa con una forte consapevolezza: l’accoglienza non deve fare distinzioni, chiunque sia in pericolo va soccorso, un continente che si definisca democratico non innalza muri.

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