Saranno i chilometri e non gli anni, ma è dal 2008 che non vedevamo Indy sul grande schermo ed è dal 2008 che George Lucas era alla ricerca di una nuova trama per strutturare un quinto capitolo. Parliamo di 15 anni, in 15 anni è cambiato il mondo.
Il 28 giugno 2023 arriva nei cinema italiani con Walt Disney Pictures l’attesissimo Indiana Jones e il quadrante del destino, presentato in anteprima mondiale alla 76esima edizione del Festival del cinema di Cannes nella sezione Fuori Concorso.
Per la prima volta non c’è Lucas, nonostante le buone intenzioni sopracitate, perché la palla è passata nel 2012 a Kathleen Kennedy, che gli ha succeduto come presidente della Lucasfilm, mentre alla sceneggiatura si sono alternati prima Davide Koepp e poi Jonathan Kasdan, e non c’è Steven Spielberg (entrambi rimasti come produttori esecutivi), che in un primo momento doveva dirigere la pellicola.
Parliamo di 15 anni, in 15 anni è cambiato il mondo.
Anche in questo caso un andirivieni interessante fino alla nomina (è proprio il caso di chiamarla così) nel 2020 di James Mangold, che, nell’evento di presentazione della pellicola, si è espresso così sull’esperienza: “Una delle parti più attraenti del saltare a bordo di questa impresa è stata la compagnia che ho avuto modo di mantenere. Sono cresciuto ammirando questi film. Sono cresciuto ammirando Harrison, Steven, Kathy Kennedy, George Lucas, John Williams. Queste sono tutte persone che hanno plasmato il mio amore per il cinema.“.
Indiana Jones e Harrison Ford
Chi invece è rimasto saldo al suo posto è Harrison Ford.
L’attore americano non è stato oggetto di discussione neanche per un secondo durante tutti questi anni di preparazione alla pellicola, nonostante qualche battuta pronunciata dall’attore stesso a ridosso dell’uscita del capitolo precedente nel 2008. Lo stesso Steven Spielberg ha difeso la prova di Ford anche da un punto di vista di tenuta atletica, senza dimenticarci che Mangold è stato un suo suggerimento:
Ho sempre voluto completare la storia interpretandolo verso la fine della sua carriera, anche verso la fine della sua vita. E devo dire la sceneggiatura di Indiana Jones e il quadrante del destino che Jim ei suoi co-sceneggiatori hanno ideato l’ho trovata molto buona. Questo è stato l’incoraggiamento a continuare con il progetto. Ero molto emozionato quando l’ho letta e l’ho trovata molto ambiziosa.
Chi invece è rimasto saldo al suo posto è Harrison Ford.
Ford è anche il miglior conoscitore di Indy, quindi era anche colui che più di tutti aveva voglia di sperimentare con il personaggio: “abbiamo dimostrato i suoi punti di forza nel corso di quattro film. Ora stiamo entrando in una nuova fase della sua vita e lo stiamo rivedendo dopo un’assenza di 15 anni. È un po’ invecchiato, sta andando in pensione… Dopotutto lo incontriamo l’ultimo giorno del suo ritiro dalla vita accademica, che non è stata per lui stimolante. Lo incontriamo in un punto dove non lo abbiamo mai visto prima. Ma penso che, drammaticamente, funzioni davvero bene perché, in quel momento, stiamo anche introducendo Phoebe come il personaggio che stimola la trama in corso.”
Si tratta forse del commiato più doloroso per Harrison Ford, che negli ultimi anni si è specializzato negli addii ai suoi personaggi più iconici:
In 40 anni ho sentito che non solo ho conosciuto questo personaggio, ma ho imparato a conoscere un po’ di più il mio lavoro. Forse solo un po’. Ma, voglio dire, il personaggio significa per me ciò che significa per il pubblico. Sono obbligato solo a dare il massimo nella storia che voglio raccontare. Quando sento il calore con cui Indiana Jones viene ancora accolto la prendo sul personale. Significa molto per me che alla gente piaccia quello che abbiamo fatto nel corso di questi anni e spero che apprezzeranno anche questo contributo. Mi fa piacere perché sento che abbiamo realizzato un film davvero soddisfacente. Abbiamo cercato di dare forma a una storia che riportasse questo personaggio iconico nelle nostre vite con una storia stimolante e penso che date le persone che abbiamo coinvolto nel film e la natura della storia che Jim ha creato per noi, sia uno splendido addio.
La ladra e il nazista
Ad affiancare Harrison Ford ci sono due new entry d’eccezione in due ruoli completamente inediti, anche se i due attori chiamati ad interpretarli sono in due fasi della carriera completamente diverse.
Per Phoebe Waller-Bridge si tratta del primo personaggio sul grande schermo di un peso importante, che potenzialmente può significare per lei una doppia emancipazione: quella dal suo personaggio in Fleabag e quella dal ruolo di sceneggiatrice eccellente ed attrice secondaria. Un’opportunità enorme in un franchise gigantesco.
Lei interpreta Helena, un personaggio dotato di “una grande forza. Una persona autosufficiente, fantasiosa e con un buon senso dell’umorismo. Una di quelle di cui si può dire che la sua debolezza sia anche la sua forza: è una che non guarda prima di saltare. C’è un’impavidità in lei che può essere fraintesa come incoscienza. Quindi, anche se è qualcosa che amo di lei, penso sia anche ciò che la mette nei guai. Penso sia una persona che non sa come chiedere aiuto e questo le ha donato una certa durezza. Fa parte del viaggio che ho amato fare con lei: aiutarla ad aprirsi un po’.”
Ovviamente tutto deve essere poi rapportato al rapporto che può avere con Indiana Jones, ancora una volta il protagonista assoluto della pellicola.
Penso che lei sia la persona giusta per entrare nella vita di Indiana in quel momento perché lo incontra in un vicolo cieco emotivo. Il suo mondo è al tramonto, l’attenzione mondiale si è spostata: le persone guardano al futuro. La gente guarda la luna e non c’è più tanta passione per ciò di cui è appassionato. E così, quando Helena arriva, non solo porta una brezza dal suo passato, ma anche una nuova ventata di gioia per una passione comune. Quella per l’archeologia e per l’avventura e penso che questo lo illumini di nuovo. All’inizio in realtà lei finge di condividere con lui queste passioni, ma, ironia della sorte, alla fine, attraverso l’esperienza con Indy, scoprirà che la prova sul serio Ma. C’è un momento nel finale in cui si apre e rivela che le importa di Jones e questo forgia una nuova relazione per lei e indipendentemente dal fatto che continuino o meno con la loro amicizia, cosa che credo facciano, lei è cambiata per sempre. Penso che sia una storia davvero importante e bella da raccontare.
Ad affiancare Harrison Ford ci sono due new entry d’eccezione in due ruoli completamente inediti, anche se i due attori chiamati ad interpretarli sono in due fasi della carriera completamente diverse.
L’altro co-protagonista è Mads Mikkelsen, che è invece un interprete consumato, esperto anche di saghe iconiche e soprattutto esperto nell’interpretare il ruolo del villain in saghe iconiche. Si svilupperà magari una pratica nel corso degli anni: “Non c’è nessuna pratica, non faccio tutto da solo. Immagino ci sia qualcosa nella storia, nella sceneggiatura, qualcosa di impresso sulla pagina da qualche parte, quindi tocca a Jim, a me e ai miei colleghi attori trovare i parametri del personaggio. Questo è il mio primo nazista e questo fa la differenza: ho dovuto cercare di trovare cosa lo potesse umanizzare. Devo trovare il suo cuore e questo personaggio ha passione. Se non fossi riuscito a relazionarmi con ciò che sogna, con ciò che ama, allora non sarei arrivato a dama.”
Nonostante la sua grande esperienza Indiana Jones e il quadrante del destino ha però qualcosa di speciale anche per lui:
Non è il mio primo franchise, ma è la prima volta che recito in uno con cui sono cresciuto. Ho mentito in tutte le altre interviste quando ho fatto Bond e Star Wars. [ride] Ho sempre detto di averli visti, ma non l’ho fatto. Sono cresciuto solo con Indiana Jones e ricordo che io e mio fratello saremmo, nonostante in quel periodo lui non avesse una ragazza che lavorava in un cinema da qualche parte (di solito era così), abbiamo noleggiato i film un miliardo di volte. Indiana Jones mi è costato un occhio della testa. Comunque, questa saga ha plasmato la nostra generazione. Ho molti amici che sono, in particolare, registi, che hanno iniziato lavorare nel cinema a causa di quel film. Da bambino volevo solo essere lui e 42 anni dopo, parte di quel mondo.
L’eredità di Spielberg
Quando si pensa a Steven Spielberg si pensa ad un maestro. Quando lo si pensa in virtù di un altro regista è facile vederlo come un mentore, un riferimento, ma che rapporto ha James Mangold con i mentori? Lui che è stato chiamato a raccogliere l’eredità di uno dei più grandi di sempre al timone di una delle saghe più grandi di sempre.
Il più grande mentore della mia vita è stato un uomo meraviglioso di nome Alexander Mackendrick, regista e insegnante alla Cal Arts, la scuola d’arte che ho frequentato quando avevo 17 anni. Beh, è nato in America, ma ha vissuto in Bretagna fin da bambino e ha girato molti film. La gente ha visto Sweet Smell of Success, The Man in the White Suit, The Ladykillers, commedie, drammi, ogni sorta di cose. Incredibilmente abile, ma è stato colpito da un enfisema a 50 anni ed è finito a insegnare in una piccola scuola d’arte. Sarebbe impossibile per me quantificare tutto quello che ho imparato da lui, ma se dovessi dire una cosa racconterei questo: ogni mercoledì dovevo consegnargli una sceneggiatura e ovviamente non iniziavo a scrivere fino al martedì perché ho 17 anni. Il giovedì mi restituiva 19 pagine di appunti scritti a mano sulle mie sei pagine di scrittura mezza sballata fatta alle 23:00 della sera prima. La morale è che non gli importava di quello che ho fatto, gli importava solo di cosa c’era sulla carta e dire cosa funzionava e cosa no. Il livello di impegno che ha messo in me, quello che mi ha dato, è esattamente quello 19 pagine a fronte di 7. Mi ha fatto capire che ero importante per lui e mi ha fatto anche quanto bisogna lavorare duramente per essere un vero regista, che è quello che era.
Quando si pensa a Steven Spielberg si pensa ad un maestro.
Come si gestisce però un film come Indiana Jones e il quadrante del destino? È vero che James Mangold già si è trovato a gestire un franchise come quello con protagonista il Wolverine di Hugh Jackman ed è anche vero che il commiato di quel personaggio a suo modo iconico lo ha gestito in modo francamente ineccepibile, ma come detto anche da Mikkelsen, questa saga è una cosa diversa rispetto ad ogni altra. Forse solo un altro franchie è superiore a quello di Indy e guarda caso Mangold si dedicherà prossimamente proprio a quella.
Comunque, come si fa a coniugare ogni bisogno che circonda un film come questo, che va dall’entrare in contatto con una nuova generazione, reinventare un immaginario pur rimanendogli fedeli il più possibile, fino a gestire un’icona come Harrison Ford e via dicendo.
Cercare di fare un bel film. La cosa più difficile a cui rispondere ogni volta che mi ritrovo a fare le interviste per un film, qualsiasi film, è quando le persone ti fanno domande che sono fondamentalmente domande di marketing sotto le spoglie di domande creative. Non mi siedo per fare un film pensando a quali tipologie di pubblico parlo. Forse sono sciocco, e forse sono l’unico, ma devi solo lavorare su qualcosa che funzioni. Prima devi far correre l’auto e poi puoi provare a pensare se l’auto è attraente per alcune persone. Un film come Indiana Jones e il quadrante del destino è una sfida enorme, perché significa gestire un’eredità gigantesca affianca dalla richiesta di fare qualcosa di nuovo. Di solito rispondo a queste domande pensandole come una sorta di esercizio di marketing o di comunicazione politica e istituzionale per catturare l’attenzione delle persone che ascoltano, ma quello che mi verrebbe da rispondere, diciamo, senza pensarci, è che tutte le risposte a questo tipo di domande si trovano nei film, nei loro personaggio e nella loro storia.
Indiana Jones e il quadrante del destino esce nelle sale italiane il 28 giugno 2023 con Walt Disney Pictures.