L’imprenditore miliardario Elon Musk – un po’ come Zuckerberg – sta subendo crescenti pressioni da parte dell’Europa in merito alla sua proprietà di Twitter, in particolare per quanto riguarda il rispetto delle norme sulla disinformazione. France info riporta che il ministro francese per il Digitale, Jean-Noël Barrot, ha lanciato un forte monito, avvertendo Musk che se la piattaforma di social media non aderirà alle linee guida sulla moderazione dei contenuti, potrà incorrere in un potenziale divieto da parte dell’Unione Europea. Durante un’intervista, Barrot ha dichiarato: “Twitter, se non seguirà ripetutamente le nostre regole, sarà bandito dall’UE“. Le dichiarazioni di Barrot, in cui ha anche sottolineato la minaccia che la disinformazione rappresenta per le democrazie, arrivano poco dopo che Twitter si è ritirato da un regolamento volontario che delineava le linee guida per importanti operatori tecnologici come Meta, Alphabet e Microsoft. Sebbene l’adesione a queste linee guida non fosse obbligatoria, il suo scopo era quello di semplificare gli obblighi che le aziende tecnologiche sarebbero state tenute a rispettare in base all’imminente Digital Services Act, che entrerà in vigore ad agosto nell’Unione Europea. Le affermazioni di Barrot significano anche un inasprimento del conflitto in corso tra i politici europei e Twitter, che Elon Musk ha acquisito l’anno scorso.

Il “paradiso della libertà di parola” è in bilico, a patto che vengano seguite alcune regole

L’Unione Europea ha già messo in guardia Musk dai suoi sforzi per trasformare Twitter in un paradiso della libertà di parola senza restrizioni. In particolare, l’anno scorso la Commissione europea ha lanciato un avvertimento a Musk, indicando che il social network avrebbe potuto essere messo al bando se non avesse rispettato le rigorose norme di moderazione dei contenuti. Questo messaggio di cautela è stato trasmesso durante una videochiamata tra Musk e Thierry Breton, il commissario dell’UE responsabile dell’attuazione delle normative digitali in tutto il blocco. Durante la conversazione, Breton ha spiegato a Musk l’importanza che Twitter segua una serie di regole che includono l’abbandono di un approccio soggettivo per il reintegro degli utenti banditi, la ricerca attiva della disinformazione digitale e la sottoposizione a un’ampia verifica indipendente della piattaforma entro il 2023. Breton ha avvertito Musk che la mancata osservanza di queste norme potrebbe portare Twitter a violare il Digital Services Act dell’Unione Europea, recentemente emanato, con il rischio di un divieto a livello europeo o di multe pari al 6% del fatturato globale dell’azienda. Sulla base delle recenti osservazioni di Jean-Noël Barrot, sembra che Musk abbia ignorato l’avvertimento di Breton. Nonostante il potenziale divieto di Twitter dall’Europa, Musk non ha affrontato pubblicamente la questione. Tuttavia, la sua incrollabile dedizione alla difesa della libertà di espressione e alla promozione della trasparenza, costantemente sottolineata in tantissime di dichiarazioni e interviste, testimonia in modo inequivocabile il significato duraturo di questi principi nel quadro della sua visione e dei suoi obiettivi per la piattaforma di social media. In altre parole, sembra improbabile che si discosti da questa posizione. Gli alti funzionari dell’UE hanno espresso in precedenza preoccupazioni sul fatto che Twitter non abbia abbastanza personale per rispettare le regole digitali, dopo che Musk ha licenziato più della metà dei suoi 7.500 dipendenti a novembre. Recenti rapporti hanno intensificato queste preoccupazioni, rivelando che Musk ha licenziato l’80% della forza lavoro dell’azienda da quando ha acquisito il social network. Nel corso di un’intervista rilasciata il mese scorso, il controverso uomo d’affari ha dichiarato alla BBC che l’attuale forza lavoro di Twitter si è ridotta a circa 1.500 dipendenti, un calo significativo rispetto al precedente conteggio di poco meno di 8.000 persone impiegate al momento dell’acquisizione. Nonostante il potenziale bando di Twitter dall’Europa, Musk non ha affrontato pubblicamente la questione.