Da qualche giorno è uscito al cinema l’ultimo capitolo della saga dei Guardiani della Galassia, uno dei film più attesi della nuova fase del Marvel Cinematic Universe. Un film che sta riportando emozione agli spettatori, un po’ troppo delusi dagli ultimi film targati MCU, praticamente costernati da molti bassi e pochi alti.
Molto spesso, per riuscire a scoprire che siamo innamorati, forse anche per diventarlo, bisogna che arrivi il giorno della separazione.
Ciò che pensava Marcel Proust sull’addio è quanto di più vicino forse si possa accostare alla storia d’amore giunta al termine tra James Gunn e la Marvel Studios. Sì partiamo direttamente dal creatore per analizzare il terzo capitolo, anzi il Volume 3, dei Guardiani dei Galassia, quel James Gunn che ha così tanto rivoluzionato il modo di intendere un cinecomic portando la “concorrente” DC a fondarci sopra praticamente il suo prossimo futuro. Il terzo Volume di questa saga di avventurieri spaziali badass (sempre meno bad in realtà) è arrivato nelle sale con l’obiettivo di risollevare un’intera fase 4 costernata di delusioni, mancate occasioni e totali flop. Obiettivo centrato in pieno, la sensazione di uscire dalla sala di nuovo con un bellissimo ricordo cinematografico è un qualcosa che non accadeva da molto tempo in casa Marvel. Chiaramente l’addio è il fulcro di tutta la saga, dalla musica, ai colori, agli sguardi e alla trama di supporto, si vuole arrivare a far emozionare lo spettatore e ci si riesce.
Chiaramente l’addio è il fulcro di tutta la saga, dalla musica, ai colori, agli sguardi e alla trama di supporto, si vuole arrivare a far emozionare lo spettatore e ci si riesce.
I livelli del primo Volume sono un po’ lontani, ma è un film che vince facile grazie alle emozioni innumerevoli che si percepiscono all’interno del viaggio di Quill & Company, è un film che ha dimostrato coerenza soprattutto per quanto riguarda l’evoluzione dei suoi personaggi e una pellicola che trasuda cinema (a differenza dei primi due volumi) in varie parti della storia. Tutti hanno bisogno di un proprio spazio per poter salutare al meglio la compagine e tutti riescono a ricavarlo al meglio, realizzando tra l’altro la miglior battaglia di sempre dai tempi di Endgame, anzi se togliamo l’hype emotivo di quel momento quella all’interno di Volume 3 è anche superiore (tecnicamente parlando). E’ un capolavoro? No, i capolavori del cinema sono ben altri, tuttavia è un film che riesce ad intrattenere al meglio, ad emozionare, a far riflettere e far sorridere, quindi non si poteva chiedere di meglio da un cinecomic arrivato al suo punto d’addio. Questo è ciò che ha donato la pellicola di James Gunn, ma al di là dei meriti tecnici e registici, non ci si può non soffermare su uno dei temi fondanti di questo Volume 3: la sperimentazione animale.
Allerta Spoiler
Per coloro che non hanno visto Guardiani della Galassia Volume 3 è consigliabile la lettura dopo la visione.
Rocket Racoon eroe e nuovo simbolo contro la vivisezione
Addirittura la PETA, celebre organizzazione no-profit a sostegno dei diritti animali, ha voluto congratularsi con James Gunn premiandolo per le tematiche trattate in Guardiani della Galassia Vol. 3. In un comunicato la PETA ha dichiarato che il film:
Ricorda agli spettatori che tutti gli animali meritano una vita di libertà a cielo aperto piuttosto che la reclusione in gabbie di laboratorio. Con Rocket, James Gunn ha dato un volto, un nome e una personalità ai milioni di animali vulnerabili che vengono fatti circolare nei laboratori mentre parliamo – ha dichiarato Lisa Lange, vicepresidente senior della PETA – Vogliamo celebrare questo film come il migliore dell’anno per i diritti degli animali, perché aiuta il pubblico a vedere gli animali come individui e suggerisce che solo perché possiamo sperimentare su di loro non significa che dovremmo farlo.
Questa dichiarazione farà piacere senza dubbio a James Gunn, anche se il regista più volte ha voluto specificare che quella messa in scena nel suo film è il limite che alcune ricerche non dovrebbero mai superare. Difatti Gunn non ha mai apertamente criticato il mondo della ricerca, non sostiene una tesi nei confronti della sperimentazione animale né vorrebbe abolirla. Tuttavia nonostante la tematica sia stata affrontata in altre pellicole di successo, una fra tutte L’alba del Pianeta delle Scimmie, probabilmente il Volume 3 dei Guardiani della Galassia è il primo film a sviscerare più apertamente questo argomento, con un prodotto pensato per essere consumato da un pubblico vastissimo e generalista come i fan dei cinecomics. L’antagonista principale di questo film è l‘Alto Evoluzionario, un genetista e programmatore esperto che ha intenzione di produrre “la specie perfetta“, innestando varie protesi cibernetiche e organi prelevati sia da animali che da alieni antropomorfi.
Il Volume 3 dei Guardiani della Galassia è il primo film a sviscerare più apertamente questo argomento, con un prodotto pensato per essere consumato da un pubblico vastissimo e generalista come i fan dei cinecomic.
Al cinema come nel fumetto, questo personaggio rappresenta la grande tradizione fantascientifica dello “scienziato pazzo e crudele”, ma a differenza del Dottor Moreau (e di altri cattivi che sono stati presentati nei racconti di genere), l‘Alto Evoluzionario raffigura anche quel genere di scienziati che non bada affatto alle sofferenze delle cavie pur di raggiungere il proprio obiettivo, ci ricorda qualche personaggio storico vissuto realmente e non è un caso che gli animali abbiano delle sigle numerate (con la parte finale del film dove scoviamo bambini rinchiusi in gabbie proprio come nell’Olocausto). Ma tornando al tema cardine di Rocket & Co, è giusto ricordare che la vivisezione è un metodo di studio e ricerca consistente in operazioni di dissezione effettuate su animali vivi (ndr). Il termine si riferisce agli esperimenti compiuti nei secoli passati, e in particolare alle metodologie di studio diffuse nei secoli XVII-XIX, consistenti in operazioni di dissezione praticate su animali (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi, pesci) vivi e coscienti.
Tuttavia è giusto rievocare come i termini vivisezione e sperimentazione animale siano stati a volte confusi come sinonimi, difatti nonostante la vicinanza di alcune situazioni, non hanno assolutamente lo stesso significato. Con vivisezione si intendono tutte le pratiche chirurgiche, sperimentali e non, che si effettuano su animali vivi, atte a causare quasi sempre solo sofferenza. Con la sperimentazione animale invece possiamo riferirci a tutte quelle tecniche utilizzate ai fini della sperimentazione e della ricerca che coinvolgono sia animali anestetizzati (totalmente o localmente) relativamente all’ambito della chirurgia, sia animali utilizzati nella ricerca di base relativamente alla genetica, alla biologia dello sviluppo, agli studi comportamentali e alla ricerca biomedica o per i test farmacologici e tossicologici. Proprio in questo ambito è giusto ricordare che i progressi che sono stati fatti nel campo della medicina e della farmacologia, l’elaborazione di vaccini e di tecniche di trapianto antirigetto, sono dovuti all’uso di animali per la sperimentazione. La sperimentazione animale permette di continuare la ricerca al fine di individuare cure e trattamenti per le malattie non solo del genere umano, ma anche degli animali stessi (cosa ben diversa dalla vivisezione). Questa specificazione è giusta ricordarla per amplificare ancor di più il grande messaggio che ha voluto mettere in scena James Gunn con i suoi weirdo e freaks (gli amici di Rocket Racoon).
Lo stesso rapporto fra Rocket e l’Alto Evoluzionario, nella prima fase della vita del procione, può aiutarci a riflettere moltissimo sulla vivisezione e in particolar modo su come alcuni animali percepiscono le azioni causate dai loro “padroni”. Lo stesso Gunn, nel suo intento intrattenitore e ludico, riesce a portare sul grande schermo una violenza che nel passato ha macchiato l’uomo di atrocità e che purtroppo in alcuni luoghi del nostro Pianeta è ancora presente (seppur contravvenendo alle leggi Internazionali), facendo riflettere lo spettatore, in un modo diretto e senza filtri, anche su cosa possa essere considerato “ricerca etica”, soprattutto quando l’intera esistenza di un organismo viene sacrificata pur di ottenere un risultato scientifico. Il gruppo di amici di Rocket, fatti uccidere soltanto perché non più idonei al progetto, è la summa massima di questi pensieri donandoci uno dei grandi dilemmi etici: è giusto limitare il progresso scientifico, quando è possibile raggiungere la conoscenza di un Dio realizzando la stirpe perfetta? Il classico scienziato folle, quel Dottor Moreau scritto magistralmente da H.G.Wells risponde negativamente a questa domanda, cosa che l’Alto Evoluzionario sembra non prendere in considerazione andando sempre avanti, fino all’ossessione, per la sua idea di progettazione della “stirpe perfetta”.
Lo stesso Dottor Moreau rimane poi legato alle sue creature, come Dio nei confronti di Adamo, cosa che qua non succede con l’Alto Evoluzionario, anzi riuscendo a ribaltare totalmente con un colpo di coda l’epica conclusione. Sì perché Rocket Racoon di fronte al suo carnefice, invece di cercare la vendetta, decide di lasciarlo vivere nella sua sconfitta totale, con l’intero laboratorio (tra animali e bambini) liberato in una scena biblica con l’esodo di tutti gli animali verso la libertà. Nonostante James Gunn non ha voluto prendere posizione sulla vicenda, la sua estrema profondità nell’affrontare la tematica è sotto gli occhi di tutti (e anche i suoi pensieri probabilmente); la vivisezione degli animali e di Rocket giocano un ruolo centrale nella pellicola, visto che viene considerata dal villain di turno come l’unica scienza che possa permettere lo sviluppo della conoscenza e un miglioramento delle capacità fisiche ed intellettuali, condizione necessaria per lo sviluppo di una specie davvero superiore, ma a quale prezzo? Tutti gli spettatori conoscono la risposta…(o almeno la maggior parte).