L’originalità di Sweet Tooth sta nel fatto che il suo protagonista è particolarmente mal equipaggiato per affrontare un mondo di violenza perché troppo sensibile e vulnerabile. Creando questo personaggio, Lemire si chiede se l’empatia possa ancora esistere in un mondo sempre più crudele e ostile. Quello che si chiede con la sua graphic novel è se l’empatia debba essere vista come un tratto fondamentalmente umano, in un mondo che sembra mettere in discussione i valori umani tradizionali, o se, al contrario, la comparsa di una nuova specie ibrida offra prospettive insolite per definire l’umanità stessa.
Sweet Tooth, il fumetto di Jeff Lemire, si apre letteralmente con un incubo: Gus, il suo giovane protagonista, sogna di correre per i boschi, perseguitato dagli “occhi freddi” di un “omone” che lo guarda dall’alto in basso; sa che deve correre più veloce che può, perché dietro di lui c’è “fuoco, inferno e cose brutte”. Questo sogno introduce drammaticamente il mondo post-apocalittico delineato nel resto della narrazione: la maggior parte della popolazione è stata uccisa da una piaga devastante, le città sono abbandonate o disseminate di cadaveri, e i pochi sopravvissuti sono per lo più tornati a un selvaggio comportamento predatorio.
Più stranamente, però, tutti i bambini nati dopo la peste sono ibridi uomo-animale immuni alla malattia che continua a infettare il resto della popolazione. Gus è uno di questi bambini, un ibrido umano e cervo che vive con suo padre in una capanna nascosta in un santuario abbandonato nel deserto del Nebraska. I boschi sono un santuario che protegge Gus dall’asprezza del mondo esterno, ma questo rifugio si rivela fragile quando, dopo la morte del padre, Gus viene attaccato da uomini che danno la caccia ai bambini ibridi per soldi. Viene salvato da Jepperd, il “grande uomo” che Gus aveva visto in sogno, che alla fine diventa il fervente protettore del ragazzo mentre si recano in Alaska per indagare sulle origini della peste e sul mistero della nascita di Gus (avendo nove anni, lui è nato prima che la peste colpisse, il che dovrebbe essere impossibile).
Ciò che è notevole nel modo in cui questo mondo post-apocalittico viene introdotto nelle prime pagine di Sweet Tooth è l’uso coerente di elementi visivi e narrativi che coinvolgono l’empatia del lettore. Il primo pannello della narrazione è un primo piano dei grandi occhi espressivi di Gus, e alcuni dei pannelli seguenti si concentrano sulle lacrime di Gus o di suo padre. Il linguaggio di Gus è colloquiale e chiaramente contrassegnato come quello di un bambino, trasmettendo le sue impressioni in un tono ingenuo che stabilisce prontamente la sua innocenza.
L’uso di una voce narrante in prima persona mette il lettore nella posizione soggettiva di Gus, creando l’illusione di avere accesso immediato ai suoi pensieri ed emozioni, almeno a livello di testo. A livello di immagini, invece, Gus è rappresentato dall’esterno. Ciò solleva questioni importanti riguardo alla rappresentazione dei pensieri e delle emozioni interiori in Sweet Tooth. A questo punto, è sufficiente osservare che le interazioni tra i personaggi tendono a basarsi sulla visualizzazione delle loro espressioni facciali e posture corporee, e l’uso frequente di pannelli silenziosi evidenzia la possibilità di comunicare significato (soprattutto stati emotivi) attraverso immagini espressive.
Sia il fumetto che la serie Netflix evidenziano l’empatia come uno dei temi fondamentali della narrazione, capace di guidare la maggior parte delle scelte formali che strutturano l’opera. Gus e la maggior parte degli altri bambini ibridi di Sweet Tooth sono singolarmente inadatti ad affrontare la violenza del mondo in disintegrazione che li circonda. La loro fragilità è strettamente connessa alla loro capacità di ispirare empatia o di provare empatia per gli altri.
Innocenza e rappresentazione della violenza
Molti degli espedienti formali e narrativi impiegati nella graphic novel di Sweet Tooth per coinvolgere l’empatia del lettore fanno parte di una lunga tradizione letteraria che risale al Settecento, e che da allora è rimasta viva in maniera più o meno sporadica nel melodramma e nella cultura di massa. Si parla di una cultura della sensibilità che ha influenzato non solo la letteratura, ma anche la filosofia, la medicina, la religione e il comportamento sociale nel suo complesso durante la maggior parte del diciottesimo secolo. Un concetto centrale in questa cultura era la nozione di empatia, un termine che divenne corrente nella lingua inglese solo all’inizio del ventesimo secolo.
L’empatia comportava non solo un impegno affettivo, ma anche un forte impegno morale che idealmente avrebbe portato all’indagine delle cause della sofferenza (conferendole una dimensione conoscitiva) e a tentativi di alleviarla. Nella cultura della sensibilità, e specialmente nella letteratura sentimentale, l’oggetto dell’empatia era anche oggetto di scrutinio, poiché era importante assicurarsi che fosse degno di attenzione e compassione.
Più che una vittima della sofferenza, quindi, l’oggetto ideale dell’empatia dovrebbe essere anche virtuoso, innocente, vulnerabile e sensibile. L’empatia ha creato un attaccamento che andava oltre la condivisione dei sentimenti per condividere affinità e valori morali; si proponeva come modello di socialità, come fattore fondamentale per stabilire legami sociali.
L’identificazione con la protagonista tipicamente femminile della narrativa sentimentale ha contribuito a creare la sensazione che il lettore appartenesse a una più ampia comunità di sentimenti che si opponeva a un mondo indifferente, solitamente rappresentato dalla città, governato da false apparenze, ambizione economica, lotte di potere e gerarchie sociali. Sweet Tooth crea un simile rapporto di identificazione simpatica tra lettore e protagonista e, così facendo, riproduce l’opposizione tra una comunità di sentimenti, centrata sul protagonista, e il resto del mondo, visto come essenzialmente ostile.
Quindi, mentre nella maggior parte delle distopie il protagonista è sempre già nel mondo in questione, immerso senza riflettere nella società, in Sweet Tooth Gus è inizialmente protetto dal resto del mondo nel santuario della natura selvaggia, aspetto che viene ripreso in tutto e per tutto dalla serie tv. Questa è una caratteristica comune, in cui il protagonista è solitamente cresciuto in isolamento, lontano dall’influenza corruttrice del mondo e ignaro delle sue operazioni. L’uscita dall’ambiente protetto dell’infanzia è l’evento che avvia lo sviluppo narrativo sia della graphic novel che della serie tv.
Sweet Tooth crea un simile rapporto di identificazione simpatica tra lettore e protagonista e, così facendo, riproduce l’opposizione tra una comunità di sentimenti, centrata sul protagonista, e il resto del mondo, visto come essenzialmente ostile.
Nell’immagine del santuario, la natura e l’infanzia si uniscono come simboli dell’innocenza di Gus. Come sottolinea lo stesso Jeff Lemire, questo è un aspetto centrale del personaggio dal momento che Gus e gli altri bambini ibridi di Sweet Tooth dovrebbero rappresentare proprio l’innocenza dell’infanzia. Quando sei un bambino, non sei così corrotto dal mondo in generale, non sei corrotto dai pregiudizi, sei molto più aperto, molto più interessato al mondo che ti circonda. Sweet Tooth parla del ritorno del mondo in quel tipo di “sensazione”.
La riserva naturale rappresenta “quel tipo di luogo” di innocenza in cui il mondo dovrebbe tornare, una promessa che Sweet Tooth mantiene alla fine della narrazione quando Gus vi stabilisce una nuova comunità utopica con i suoi amici e alleati e qui iniziano a crearsi delle differenze narrative con la serie tv.
La delimitazione di questo spazio preservato, tuttavia, crea una tensione nella struttura simbolica di Sweet Tooth, poiché la spinta verso l’ibridazione, manifestata più chiaramente nella figura degli stessi bambini ibridi, si sovrappone a una ricerca per la conservazione della purezza, per isolamento, riproducendo la logica della finzione sentimentale, in cui l’individuo deve essere protetto dalla contaminazione del mondo esterno. In una certa misura, la fluidità implicita nella nozione di ibridazione, con il suo rifiuto di categorie stabili, viene arrestata dalla fissazione sulla natura e sull’infanzia.
Dopo che Gus è già stato costretto a lasciare il suo santuario ed è scampato all’attacco di una violenta banda di motociclisti, fa un sogno in cui animali simili a un cervo e un coniglio lo spingono a tornare al sicuro nel bosco per evitare il contatto con più “uomini cattivi” (Nel volume 1: pag. 64-65).
Il legame tra Gus e la natura, però, è già stato stabilito nelle prime pagine di Sweet Tooth, dove spesso vediamo Gus vagare da solo nei boschi. È lì che vede un cervo, subito dopo aver seppellito suo padre, morto di peste. Questo breve incontro con una versione purificata di se stesso (il cervo sembra rappresentare una versione puramente naturale di Gus, privo dei suoi aspetti umani) viene interrotto quando l’animale viene ucciso da un proiettile sparato dai cacciatori che erano entrati nel santuario per catturare il ragazzo — infatti, avevano sparato al cervo pensando che fosse lo stesso Gus (1: pag. 22-24).
Questo episodio segnala l’intrusione della violenza nella casa protetta di Gus, ed è un’illustrazione grafica del pericolo non solo per la sua vita, ma anche per la sua innocenza infantile.
La scena dell’uccisione del cervo mette in primo piano proprio l’esigenza di uno “sguardo etico muto” in quanto si sofferma sugli occhi del cervo al momento della sua morte, e poi su uno dei suoi occhi, che fissa il lettore come l’animale giace morto ai piedi di Gus (scena perfettamente ripresa anche dalla serie). L’occhio del cervo continua a interrogare i lettori anche dopo la sua morte, facendo appello alla loro pietà e al loro senso di giustizia, per non parlare della loro ansia per l’incolumità di Gus, stabilendo una catena di identificazione che coinvolge i lettori, il ragazzo e l’animale.
Questo meccanismo di identificazione empatica attraverso lo sguardo è stabilito nei pannelli immediatamente precedenti la morte del cervo, che sono un primo piano prima degli occhi di Gus mentre fissa il cervo, e poi degli occhi del cervo mentre fissa Gus a sua volta.
Una dinamica simile dello sguardo è già presente nel momento in cui si stabilisce una connessione tra Gus e Jepperd. Questo è rappresentato da una sequenza di tre pannelli che si estendono per tutta la pagina, passando da un primo piano degli occhi ancora “freddi” di Jepperd, ai grandi occhi spaventati di Gus, e di nuovo a quelli di Jepperd, che rivelano stupore e sorpresa.
Questo è il momento in cui Jepperd vede l’umanità di Gus attraverso i suoi occhi espressivi (245). È lo spettacolo della fragilità di Gus che provoca un cambiamento nell’atteggiamento di Jepperd nei confronti del ragazzo, poiché l’immagine precedente sulla stessa pagina è un grande pannello che mostra Jepperd che afferra minacciosamente Gus per le sue corna. Questo è un punto di svolta nella narrazione, poiché, come il lettore apprende in seguito, Jepperd era lui stesso un cacciatore assunto per portare Gus in un laboratorio che sta conducendo esperimenti sui bambini ibridi.
L’appello a questa dinamica dello sguardo è un esempio del tentativo di coinvolgere l’identificazione empatica del lettore con il protagonista che è un elemento centrale della narrativa distopica (205-206). L’insistenza con cui viene impiegato questo dispositivo organizza le relazioni tra i diversi personaggi e orienta la risposta del lettore alla narrazione nel suo insieme, sottolineando l’atto del vedere e le reazioni morali che esso comporta.
Nelle immagini di Sweet Tooth, gli occhi spesso fissano il lettore, pieni di lacrime, sempre emotivi, sempre preoccupati, tentando incessantemente di riprodurre lo “sguardo etico silenzioso”. Quello che vedono questi occhi è uno spettacolo continuo di sofferenza.
Anche nella serie tv vediamo spesso corpi straziati e sanguinanti, così come corpi crivellati dalla malattia. L’ambientazione post-apocalittica della narrazione offre frequenti occasioni per queste manifestazioni, che fungono da uno dei suoi dispositivi strutturanti.
Se, però, lo spettacolo della sofferenza è essenziale per creare “l’effetto empatia”, questo comporta dei rischi. Poiché lo sguardo è il mezzo centrale per stabilire un contatto non solo tra i personaggi della narrazione, ma anche tra i lettori e i personaggi, rimane la questione di cosa rivela proprio lo sguardo.
Come accennato in precedenza, l’uso di una voce narrante in prima persona in molti passaggi di Sweet Tooth crea l’illusione di avere un accesso immediato ai pensieri interiori dei personaggi, mentre la rappresentazione visiva dei personaggi li mostra sempre dall’esterno. Diversi dispositivi formali sono spesso usati in Sweet Tooth per contrastare il potenziale effetto di allontanamento che questa visione esterna dei personaggi potrebbe creare.
Alcune immagini sono posizionate in modo da imitare il punto di vista di Gus, come quando un personaggio adulto viene mostrato come se fosse visto dal basso. Le intense espressioni facciali frequentemente rappresentate fungono anche da segni immediati di emozione, spesso accompagnati da un’indicazione ancora più inequivocabile di sofferenza interna sotto forma di lacrime.
Ma mentre queste manifestazioni di emozione si basano fortemente sull’atto di guardare, la rappresentazione dello sguardo stesso rivela i limiti di questa forma espressiva di rappresentazione, poiché sebbene le immagini si avvicinino al punto di vista di Gus, non vediamo mai completamente il mondo attraverso i suoi occhi. Del resto, l’intensità stessa con cui lo sguardo è rappresentato in Sweet Tooth, con il continuo ripetersi di occhi fissi che occupano interi riquadri da cui è escluso il resto del volto, indica qualcosa che rimane senza rappresentazione. Perché cosa dicono esattamente questi occhi fissi?
Richiedono il coinvolgimento comprensivo dei lettori e sono in grado di commuoverci, ma spesso è difficile interpretarli con precisione. Quando Gus fissa il cervo, ad esempio, è ovviamente stupito, ma prova paura o riconoscimento, o una sorta di identificazione con l’animale? E quando il cervo ricambia lo sguardo, l’animale è minaccioso o spaventato, o prova anche una sorta di identificazione con il ragazzo ibrido? Ciò che sembra essere in gioco qui è l’atto di guardare se stesso come mezzo di contatto piuttosto che la natura precisa del contatto stabilito.
Quando questo contatto viene brutalmente interrotto dall’uccisione del cervo davanti a Gus, gli occhi dell’animale mentre muore e poi giace morto sul pavimento esigono ancora una reazione da parte del lettore (e di Gus), quella degli orrori in assistere a questo esempio di violenza insensata. La reciprocità dello sguardo si interrompe, e gli occhi fissi diventano uno schermo bianco su cui gli spettatori proiettano le proprie sensazioni. In misura maggiore o minore, questo è il punto nevralgico che unisce la rappresentazione della narrazione di Sweet Tooth sia nella graphic novel che quello della serie tv.