Dal 13 aprile è disponibile sulla piattaforma streaming Netflix la docuserie Il caso Alex Schwazer, ed in questo approfondimento vogliamo provare a spiegare per quali ragioni valga la pena vedere le quattro puntate che offrono uno spaccato, non solo sulle vicende del marciatore campione olimpico italiano, ma anche su come viene e veniva affrontato lo sport ai massimi livelli in Italia e nel mondo, e quanto di marcio ci possa essere in uno dei settori cardine della nostra sfera sociale e umana. Ecco perché Il Caso Alex Schwazer merita di essere visto.
Una storia di cadute, risalite e loschi intrighi
Dopo la vittoria della medaglia d’oro ai 50 chilometri di marcia a Pechino 2008 l’atleta Alex Schwazer aveva apparentemente tutto ciò che un essere umano di questa società potesse desiderare: una carriera già consacrata a 23 anni; una storia d’amore con un personaggio sportivo di rilevanza mondiale quali era Carolina Kostner; l’attenzione e l’ammirazione del pubblico e di tutti i media. Ma tutto questo per Alex era troppo. Troppa pressione, troppo attenzione, troppe le richieste e le aspettative. Nel momento in cui il marciatore italiano aveva raggiunto l’oro olimpico il suo unico desiderio sarebbe stato quello di staccare, di rilassarsi e meditare su quanto accaduto, e successivamente, magari, ripartire. Ma la società contemporanea è un tritacarne, e vuole tutto e subito. Il caso delle olimpiadi di Tokyo 2021 con la giovane ginnasta Simone Biles che, all’apice della sua carriera, arrivò a ritirarsi da alcune delle gare più importanti, ha forse insegnato, una generazione dopo, che, ad un certo punto, occorre dire basta. Ma questo stop la mente e l’ambiente ad Alex Schwazer non riusciva a tirarlo fuori, e già questo offrirebbe materiale a sufficienza per una bella docuserie di vita e sport. Ma la storia di Alex Schwazer è andata oltre. Ha portato verso la spirale del doping, aprendo uno sguardo verso una voragine di marciume sportivo veramente gigantesca creata da alcuni apparati dei massimi vertici professionisti.
Il Caso Alex Schwazer è una docuserie che si apre a più generi: passa dal motivazionale, al dramma, alla spy story.
Sì, perché dopo l’uso di doping fatto da Alex Schwazer dal dopo Olimpiadi 2008 fino al 2012, ha portato alla squalifica dell’atleta, ed all’apertura di un vaso di Pandora. Dalle indagini sul caso Schwazer è nato un filone che ha condotto verso la scoperta di una situazione di doping sistematico che avveniva all’interno dell’atletica russa. E tutti erano coinvolti in qualche maniera all’interno di questo scandalo, dai vertici dell’atletica mondiale, fino agli organi di controllo anti-doping. E l’allenatore che si è occupato di riportare Alex Schwazer ai massimi livelli dopo la prima squalifica, ovvero Sandro Donati, è stato coinvolto, a causa del suo passato, in una vera e propria lotta di potere e vendetta con figure che facevano parte dei vertici italiani e mondiali dell’atletica. Tutto ciò sembra aver condotto alla seconda squalifica per doping di Alex Schwazer. Una squalifica indotta, secondo quanto testimoniato dallo stesso Schwazer e dal suo team. Insomma, stiamo parlando di una vera e propria spy story, intricata, e che ancora oggi viene combattuta nelle aule di tribunale. Da tutto ciò Netflix ha tratto una docuserie che ricalca altri progetti che hanno affrontato vicende italiane: come il Caso Wanna Marchi, o la questione riguardante la comunità di San Patrignano. I casi di cronaca italiani degli ultimi decenni sono vicende degne di serializzazione, e capaci di rivaleggiare con prodotti d’oltreoceano alla Mindhunter. Ma il Caso Alex Schwazer offre anche qualcosa di più.
Una docuserie capace d’ispirare
Mentre in tutte le altre situazioni prese in analisi nelle docuserie italiane di Netflix c’era la cronaca nera, o comunque il dramma a fare da sfondo, nel Caso Alex Schwazer ci sono anche scampoli di luce, e varie sfumature positive. La storia di Alex Schwazer è fatta di redenzione, e prova che la mente umana può portare nei luoghi e nelle situazioni più oscure, ma, allo stesso tempo, possa far brillare ogni cosa, compresi sé stessi. E Alex Schwazer è un atleta che ha portato sé stesso nell’abisso più profondo, ma che allo stesso tempo ne è saputo uscire, e che, per vicende più grandi di lui, si è trovato a non poter mostrare al mondo il cerchio compiuto di quel percorso. Ciò che viene mostrato nella docuserie è il potenziale dell’Alex Schwazer post prima squalifica, che avrebbe probabilmente potuto ottenere ben due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Ma, i cerchi si possono chiudere anche a distanza di molto tempo rispetto a quando previsto. E quello di Alex Schwazer sta percorrendo un lungo raggio, che investe un qualcosa di più grande rispetto ad una singola gara olimpica. Si tratta di una marcia verso la verità, verso la correttezza ed i valori più sani e genuini dello sport. In un mondo che ancora spinge per toccare il massimo delle prestazioni, per spingersi oltre l’umano, che mira alla performance a tutti i costi, anche snaturando e disumanizzando, si spera che una vicenda come il caso Schwazer possa sensibilizzare, e portare ad un cambio di rotta. Il Caso Alex Schwazer merita di essere visto su Netflix perché è una bella spy story, con un grande ritmo, ma è anche una vicenda piena di dramma, umanità, fatta di cadute e di risalite. Come le vite di tutti i giorni, come ciò che di meglio le storie di vita hanno da farci imparare.
Il Caso Alex Schwazer è disponibile su Netflix dal 13 aprile.