La nuova amministrazione di FTX, che ha il delicato compito di curare il fallimento della società, salvare il salvabile e, nel limite del possibile, risarcire i creditori, ha chiesto a diverse fondazioni, think tank e comitati elettorali di restituire i “soldi sporchi” di Sam Bankman-Fried, il fondatore ed ex AD della società, ora caduto in disgrazia.
Nel corso della sua breve ascesa, Sam Bankman-Fried ha inondato Non-Profit e politici progressisti (ma anche quelli conservatori, ha giurato di recente) di milioni di dollari. Soldi che, tuttavia, oggi sappiamo essere il provento di una gestione spericolata dell’exchange da lui fondato. Gestione spericolata che ha causato l’implosione dell’azienda, lasciando migliaia di creditori con il cerino in mano.
L’FTX Group, che oggi ha un management diverso, ha annunciato di aver mandato diverse lettere ad altrettanti politici e, in generale, organizzazioni politiche. La richiesta è (a parole) molto semplice: «ridateci i soldi che SBF vi ha donato. Non aveva alcun diritto di farlo e ora ci servono per risarcire gli investitori e i clienti dell’exchange». Hanno entro la fine del mese, poi FTX si riserverà il diritto di tentare di riottenere i soldi per via legali — con quali possibilità di successo non è dato a sapere, da totali profani del diritto americano, istintivamente ci sentiamo di suggerire che si tratti di una sfida virtualmente impossibile.
In gioco, spiega la nuova dirigenza di FTX, ci sarebbe un tesoretto di 93 milioni di dollari. Tanti, ma appena una frazione del buco lasciato da Sam Bankman-Fried.
Prima del rovinoso crollo del suo exchange, SBF era considerato il “volto buono” dell’industria delle criptovalute. Per anni il giovane (ex) miliardario ha riempito le tasche dei politici e della stampa con donazioni a sei zeri. Secondo una stima fornita dal sito Coindesk, circa un membro del Congresso su tre ha ricevuto almeno una volta una donazione da SBF.