Quella della Titanic è una storia intramontabile, ed è la storia dell’affondamento di nave colata a picco una gelida notte di più di 100 anni fa. Era la notte tra il 14 e il 15 aprile 1912. Oggi, a distanza di anni, miti e leggende su di essa continuano ed emergono altre avvincenti storie raccolte e raccontate dallo storico Claudio Bossi.
Era il 10 Aprile del 1912, quando da Southampton direzione New York, salpava una nave che avrebbe segnato un’epoca. Il viaggio inaugurale avrebbe dovuto portare in America migliaia di persone cariche di speranza e prospettive future, le cabine erano terminate da poco e si sentiva ancora l’odore di vernice fresca, nessuno aveva mai dormito tra le lenzuola firmate White Star line, ogni scompartimento era lucidato a perfezione: il Titanic era chiamato, “la nave dei sogni”. Dopo quattro giorni di navigazione, nella notte tra il 14 e 15 aprile il Titanic impattò con un iceberg che lo fece affondare in poche ore: dei circa 2.200 passeggeri, oltre 1.500 persero la vita in quella terribile tragedia marina. Le storie che ruotano attorno agli unici quattro giorni di navigazione del transatlantico britannico sono divenute leggenda, sono stati scritti libri e saggi e appena venticinque anni fa il regista visionario James Cameron realizzò uno dei kolossal cinematografici più famosi di sempre sul Titanic.
Proprio in questi giorni il film è tornato nelle sale in una versione restaurata in 4K, e in 3D, per far di nuovo assaporare a chi (pochissimi) non l’ha mai visto sul grande schermo la magia del Titanic.
Il film di James Cameron, vincitore di 11 premi Oscar, ha senza dubbio contribuito a incrementare la notorietà di questa incredibile storia, unendo realtà e finzione cinematografica, ma forse non tutti sanno che i personaggi presenti sullo sfondo della pellicola sono realmente esistiti: dal capitano, a molti passeggeri presenti nel film, dagli ufficiali ai membri dell’orchestra. Tuttavia a parte l’amico di Jack Dawson, l’italiano Fabrizio De Rossi, non ci sono altri riferimenti a passeggeri compatrioti, anche se sappiamo che all’interno del transatlantico c’era una nutrita presenza di italiani.
Gli italiani del Titanic dopo diversi conteggi da parte di esperti, tra cui lo studioso Claudio Bossi, sappiamo che furono 41 e sono stati ignorati dalle cronache del tempo e dalla Storia per moltissimo tempo. Sono affondati – salvo due sopravvissuti – nell’Oceano e nella memoria eppure, erano uomini e donne con una loro vita, sogni e speranze proprio come gli altri viaggiatori. 10 erano passeggeri, due di seconda classe e i restanti di terza, tutti gli altri erano lavoratori, ingaggiati da Gaspare Antonio Pietro Gatti, detto “Luigi, di Montaldo Pavese (Pavia), il gestore del Ristorante “A la carte”, la sala da pranzo più bella della nave, in prima classe (sul ponte B), dove sedevano ospiti come John Jacob Astor (il più ricco a bordo), Benjamin Guggenheim (il magnate del rame), Isidor Straus (il fondatore dei grandi magazzini Macy’s di New York).
Raccontare le storie di tutti e 41 gli italiani è un lavoro che gli studiosi stanno continuando a fare, anche per dare una dignità a tutte quelle storie spezzate dall’impatto con l’iceberg. Ovviamente per ricordarli al meglio si può iniziare proprio dal patron Gatti, forse il personaggio che si è riuscito a trovare più informazioni. Era un italiano che ce l’aveva fatta. Emigrato a Londra, vi gestiva tre ristoranti e aveva ottenuto dalla compagnia di navigazione White Star Line dapprima la gestione del ristorante dell’Olympic e quindi quella della cucina più glam del Titanic. Luigi Gatti aveva alle sue dipendenze dirette una cinquantina di addetti, che scelse personalmente e che provvide a retribuire, alloggiava in una cabina di seconda classe sul ponte D, mentre i suoi dipendenti erano tutti alloggiati sul ponte E, negli «scantinati» del transatlantico.
Il menu dello chef Gatti
Uno dei sopravvissuti, Irwin Flynn, viaggiatore di prima classe che dopo aver cenato, per portarsi un ricordo da mostrare ai suoi amici e parenti si mise il menu all’interno del proprio cappotto, ed è così che siamo riusciti ad avere informazioni sul menu proposto dallo chef italiano. L’ultima cena, proposta dallo chef Gatti, direttamente dal Ritz, era solo per pochissimi scelti: 170 coperti riservati a chi aveva pagato 4300 dollari il biglietto del viaggio. Quindi seguendo il menu di Flynn e i vari racconti, sappiamo che l’ultima cena del 14 aprile 1912 si apriva in modo piuttosto scontato (ma non banale) con un antipasto a base di ostriche. Subito dopo il famoso “consommè Olga”, un brodo di manzo a base di vino e verdure con aggiunta di coquilles Saint Jacques per concludere con il salmone con crema di cetrioli, succo di limone, uova e del burro fuso.
Dopo l’antipasto si passava ad un’ampia scelta con il filetto coperto di fois gras e tartufo, pollo alla lionese cotto nell’aceto, agnello con salsa alla menta, roast beef e petto d’anatra finendo con della carne di montone grigliata, patate fritte e per contorno buffet di verdure e gamberetti stufati. Non potevano mancare ovviamente i dolci, una selezione molto importante di dessert tra cui le Peaches in Chartreuse jelly, èclairs al cioccolato e alla vaniglia e del semplice gelato ma sempre artigianale fatto dai migliori cuochi a disposizione.
Ovviamente anche i passeggeri di seconda classe potevano gustare proposte interessanti come brodo di tapioca, merluzzo in salsa piccante e pollo e riso al curry. Nella terza classe solitamente si serviva un menu a base di carne bovina, stufato, burro e frutta fresca ma la notte del 14 aprile i passeggeri consumarono una cena leggera a base di formaggio, roast-beef e biscotti. Ma ovviamente il finale di quelle cene sia di prima, che seconda che terza classe è stato il medesimo per tutti i passeggeri. Un allarme lanciato dal capitano del Titanic con le seguenti parole “Richiesta di assistenza immediata. Stiamo affondando. Abbiamo colpito un iceberg”.
Gli italiani del Titanic
Ma tornando alle storie dei nostri italiani oggi abbiamo sempre più informazioni sulle loro vite perché grazie alle ricerche di molti studiosi, tra cui l’esperto Claudio Bossi, siamo riusciti a risalire a dettagli sempre più specifici. Prendiamo il passeggero Battista Bernardi, nato a Roccabruna, in provincia di Cuneo, nel 1890. Non aveva ancora compiuto ventidue anni e apparteneva ad una famiglia agiata, ma per un innato spirito di indipendenza aveva deciso di emigrare per racimolare, nel più breve tempo possibile, quanto bastava per mettere su famiglia e sposare Maria, la sua fidanzata. Dopo aver svolto un periodo di apprendistato come cameriere a Parigi, si era poi trasferito a Londra per prestare servizio all’Hotel Ritz, simbolo del lusso della belle epoque londinese e infine, presa la decisione di imbarcarsi, assunto a bordo del Titanic, e allettato dal generoso stipendio offerto ai camerieri, soprattutto se italiani. Il cadavere del giovane Bernardi venne recuperato in mare nei giorni successivi al naufragio: ora riposa nel cimitero cattolico canadese di Halifax, in Nuova Scozia. Un’altra storia interessante era quella di Giovanni Salussolia, classe 1886, originario di Alice Castello, in provincia di Vercelli. Era un “glassman”, ovvero il responsabile della cristalleria di bordo. Era lui che sceglieva il bicchiere più adatto per ogni liquore: i balloon per il cognac, le coppe di cristallo per lo champagne, i calici per i vini italiani e francesi, o i mignon per i vermouth di Torino.
Tra i 10 passeggeri c’erano inoltre Sebastiano Del Carlo, 29 anni, di Capannori, (Lucca), emigrato in America a 18, il quale era tornato nella piana lucchese per sposare Argene Genovesi. Viaggiavano insieme in seconda classe ed erano diretti in California.
Tu sali sulla scialuppa, io torno più tardi
Disse Sebastiano alla moglie, aiutandola a salire sulla scialuppa numero 11. Lui non ce la fece, lei sì, soccorsa dalla Charpatia. La donna era incinta di due mesi e darà alla luce una bambina che chiamerà Maria Salvata (Argene è morta nel 1970, la figlia nel 2008, a 96 anni). Viaggiava invece in terza classe Alfonso Meo Martino, 48 anni, originario di Potenza, liutaio. Abitava all’epoca nel Dorset, Inghilterra, con moglie e figli ed era diretto a New York per consegnare un violino. In terza classe c’era anche Giuseppe Peduzzi di Schignano (Como), 25 anni emigrato a 12 anni a Londra: si sarebbe dovuto imbarcare sull’Oceanic, un’altra nave della White Star, ma a causa dello sciopero del carbone che imperversava in Inghilterra gli venne assegnato un posto sul Titanic che purtroppo fu fatale.
Non lo sapremo mai con esattezza quanti fossero gli italiani imbarcati – dichiara lo studioso Claudio Bossi – Non sapremo nemmeno con sicurezza quante persone fossero imbarcate e quante siano state le vittime. In ogni caso le mie ricerche fissano i morti italiani tra i Paesi con il maggior numero scomparsi.
Gli italiani erano considerati il personale di ristorazione più affidabile. Potrebbero esserci stati altri italiani in terza classe, quella in cui si imbarcavano gli emigranti, ma non sempre le registrazioni dei passeggeri di terza classe erano corrette e complete, e poi spesso gli italiani venivano mescolati con i francesi.
Gli studi continuano anche per questo motivo, proprio per scoprire i vari errori di trascrizione, infatti negli ultimi anni siamo passati grazie alle ricerche importanti di Claudio Bossi da un numero di 37 vittime, accertate fino a pochi anni fa, ad un numero di 41, totalità che potrebbe assolutamente salire. Grazie alla sua decisione di ampliare le ricerche al fine di acquisire altri elementi di carattere storiografico, per arricchire la ricostruzione dell’elenco di italiani presenti a bordo, proprio negli ultimi anni lo stesso Bossi è riuscito ad aggiungere altri due nomi. Si tratta di un romagnolo Sante Righini (classe 1883) di Pisignano di Cervia e di un piemontese Carlo Fey (classe 1893) di Vestignè, provincia di Torino.
Il primo era emigrato in America già nel 1903 e si trovava sul Titanic al servizio di una benestante vedova americana, che ovviamente viaggiava in prima classe. Quindi un passeggero. Il secondo era un umile ragazzo che partito, con il padre, dalle colline del Canavese per l’Inghilterra, qui aveva trovato un lavoro e il 6 aprile di quel 1912 aveva firmato il contratto, in qualità di sguattero, per l’esclusivo Ristorante “A’ la Carte”.
Ma dopo più di cento anni è ancora possibile trovare dettagli sulla più grande tragedia in mare di sempre? Considerando che Il Titanic, nella sua massa ferruginosa, è adagiato sul fondo dell’Oceano Atlantico a 3810 metri e si trova ancora in assetto di navigazione, probabilmente ogni tanto dalla sua tomba è possibile ancora scoprire tante storie. Con la giusta dose di follia e curiosità degna dei grandi esploratori il Titanic non smetterà mai di donare verità sulla sua tragica fine.
Sta solo a noi cogliere questi messaggi ancora nascosti dal relitto più famoso al mondo.