Il Ministero delle Infrastrutture ha annunciato che l’affitto annuale per gli stabilimenti balneari aumenterà del 25,15% a partire dal 2023, portando il canone minimo da 2.698 a 3.377 euro. Questa decisione è stata accolta con forte preoccupazione da parte dei titolari, poiché il rincaro risulta essere molto più alto rispetto all’indice Istat del 2022 (11,5%) e all’inflazione (8,1%). Il Sindacato Italiano Balneari ha chiesto che lo Stato adotti un approccio organico alla questione, prevedendo una classificazione delle spiagge in base alla loro redditività e adottando un corretto valore al mq per valorizzare il bene pubblico.
Allo stesso tempo, i balneari hanno invocato l’introduzione di agevolazioni fiscali per compensare l’aumento dei costi, dato che la pandemia ha causato una profonda crisi economica nell’intero settore. Inoltre, sarebbe opportuno che lo Stato prevedesse incentivi per le imprese balneari in base alla loro capacità di rispettare le regole di sicurezza sanitaria.
Il governo aveva previsto un aumento massimo del 11%, ma la realtà è stata ben diversa: l’aumento, infatti, è stato del 25%, più alto di quello atteso. Le associazioni balneari sono preoccupate per l’impatto della decisione, temendo una forte competizione che potrebbe mettere in pericolo la sopravvivenza delle attività. La situazione è complessa e, dati i bassi canoni pagati finora, le associazioni chiedono un intervento da parte del governo per aiutarle ad affrontare l’emergenza. Per alleviare la pressione su queste attività, alcuni hanno proposto di abbassare le tasse sugli strumenti di pagamento come carte di credito e bancomat.